Il banco questa volta è saltato per davvero. All’indomani della conferenza stampa in cui l’ex premier Conte aveva mostrato i muscoli, rifiutando il ruolo di “prestanome”, Beppe Grillo s’è ripreso il suo Movimento dal di dentro, sferrando l’ultimo vaffa nei confronti dell’avvocato del popolo, reo di voler creare un “partito unipersonale”. La disfida nel M5s si deciderà ai supplementari, sempre su Rousseau, dove la base sarà chiamata a eleggere un Comitato direttivo. Accantonata – ora e per sempre? – la prospettiva di vedere un leader politico capace di affrancarsi dal garante, di ragionare con la propria testa, di dettare la linea, di indicare la prospettiva e le alleanze. Di decidere anche in tema di politica estera, se necessario.
La reazione dei “portavoce” andrà registrata da qui alle prossime ore, ma è chiaro che questo (ennesimo) cambio di marcia rischia di lasciare ferite lancinanti per chi aveva creduto nel rilancio del progetto ad opera dell’ex premier. Sono tanti. Anche in Sicilia. Nell’Isola i Cinque Stelle si confermano primi allo striscione del via (un recente sondaggio del quotidiano ‘La Sicilia’ attribuisce al M5s il 22,7% delle preferenze), ma si ritrovano improvvisamente senza un riferimento. Senza la stella polare in grado di accompagnarli lungo la pandemia, e di guidarli anche dopo. Molte “vedove di Conte” rimarranno deluse, costrette ad aprire un altro momento di riflessione per capire qual è il tracciato da percorrere. Ci avevano creduto tanto, forse troppo. A tal punto da rinnegare la nascita del governo Draghi, autentico spauracchio (anche l’ultima decisione sulla sospensione del cashback ha seminato polemiche), sinonimo di un cambiamento o, pardon, di un “allargamento” che non tutti avevano digerito. Persino nelle ultime ore, via social, avevano ribadito la necessità di ricomporre i cocci: “Avanti insieme”.
Il post di Grillo li ha fatti precipitare in un buco nero, nell’incertezza che nessuna consultazione online – ora come ora – potrà diradare. Giancarlo Cancelleri, che da tempo sostiene l’iniziativa dell’ex premier, ieri ha trascorso la giornata a Genova. La nostra richiesta d’intervistarlo è caduta nel vuoto, ma a distanza di 24 ore il sottosegretario ha rotto il silenzio sui social: “Sul piano politico – ha detto – rimango molto perplesso per come sia precipitata la situazione, non sono assolutamente d’accordo con Beppe perché si è persa una grande occasione che mi sollecita ad ulteriori riflessioni. Manterrò le mie funzioni per il tempo utile a consentire gli adempimenti necessari allo svolgimento delle prossime consultazioni, dopodiché rassegnerò le mie dimissioni dal Comitato di Garanzia. Ovviamente in queste ore è d’obbligo pure una valutazione sulla mia permanenza all’interno del Movimento 5 stelle: ho contribuito assieme a tanti alla nascita di questo progetto nel quale oggi trovo difficolta a riconoscermi. Senza voler polemizzare con Beppe, se non siamo pronti a cambiare idea vuol dire che non siamo pronti a cambiare nulla e in questo quadro di cose la mia permanenza è esclusa. Sto valutando il mio impegno all’interno del M5S e analizzando ciò che è accaduto, oggi non ci sono più le condizioni per potere coniugare la realtà del M5S e Giuseppe Conte finendo in un vicolo cieco e con l’unica prospettiva di un ritorno al passato ormai davvero anacronistico”.
Il momento è delicato, in continua evoluzione e impone riserbo. Sembrava che l’attenta opera di mediazione di Di Maio e Fico fosse riuscito a distogliere Grillo dall’interno “criminoso” di sfasciare tutto, poi è arrivato un lampo nella notte. Il capogruppo del M5s all’Ars, Giovanni Di Caro, solo ventiquattr’ore prima si era dedicato a un lungo post per esaltare le “parole sincere e di buonsenso” dell’avvocato del popolo, per palesare il rischio di un MoVimento “che rischia di avvitarsi su se stesso”, per consigliare a Grillo di non prendere in ostaggio la prima forza parlamentare (“Non può e non deve apparire come il padrone”). La situazione è precipitata: “L’atteggiamento di Grillo, a una prima analisi, è incomprensibile: prima ci porta a spasso per tutto l’arco costituzionale, dalla Lega a LeU. Poi dà la fiducia al governo Draghi, definendolo ‘grillino’. E infine che fa? Manda a quel paese Conte… Sembra che soffra di labirintite” (leggi QUI l’intervista completa).
Giampiero Trizzino, che è in ballo per una candidatura a sindaco di Palermo, interviene nel dibattito con una battuta a Repubblica: “Chi ha legittimato Conte ora deve spiegarci perché torniamo indietro. Non basta un post”. Luigi Sunseri, che voci di corridoio danno in lizza per palazzo d’Orleans, si defila: “Il Movimento, di cui sono portavoce, è un’idea, non è un’ideologia – ha scritto su Facebook -. Non sono mai stato legato ad una persona in particolare. Non sono con Grillo o con Conte. Sono legato a dei valori. Non sono mai stato un fan, una cheerleader di qualcuno. Lotto ogni giorno per mantenere fuori dalle istituzioni il puzzo dello sporco compromesso. Non ho mai agito con l’obiettivo del consenso elettorale, altrimenti non avrei fatto molte denunce e non avrei preso molte decisioni. Lavoro, ogni giorno, portando avanti quelle idee. Rispettando il mandato che ho avuto l’onore di ricevere dai cittadini con il loro voto di preferenza”.
Chi aveva provato a fare da collante, esaltando il valore degli “attivisti”, era stato l’europarlamentare Dino Giarrusso, nemico giurato di Cancelleri. Mentre Antonio De Luca, deputato all’Ars e facilitatore nazionale per la Sicilia, aveva mantenuto un certo equilibrio: “Non sono entrato nel M5S né per Conte né per Grillo, ma sono grato a entrambi per tutto quello che hanno fatto e per tutto quello che faranno in avanti. Sono due uomini speciali e faranno cose eccezionali”. Magari sì, ma non insieme. Quest’ultimo post rende palpabile il “precipizio”. E inconfutabile che il destino dei grillini – atteso che i ‘contiani’ sono una categoria già in parte superata, e quasi fuori dall’emisfero dei Cinque Stelle – è appeso a una drammatica scelta: restare alle condizioni di Beppe o svernare altrove.
Un insegnamento giunge dal gruppo di Attiva Sicilia, che dopo aver lasciato il MoVimento più di un anno fa, si è in parte palesato allo Spasimo, sabato scorso, per l’iniziativa di Musumeci, in cui il presidente della Regione ha rilanciato la propria candidatura. Improbabile che qualcuno ne segua la scia, almeno per il momento. Ma verrà il tempo in cui sarà necessario scoprirsi, in cui bisognerà svelare la propria identità, abbandonare i giochi di ruolo, rilanciare la propria ambizione politica, fare breccia con i propri gesti (donazioni, restituzioni, etc: questo al MoVimento è sempre venuto naturale). Francesco Cappello, ex capogruppo all’Ars, in tono di sfida (però) l’aveva quasi profetizzato: “Pronti a leggere di vincitori e sconfitti nella diatriba tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte? Pronti a farvi dividere, in chi sta con chi, da chi lavora da quando siamo nati per dividerci? Bene, non so voi, ma io sono pronto solo a costruire e a fare il mio dovere prima come cittadino e poi come portavoce!”. Adesso che il mondo non è più come prima, bisognerà decidere come.