I numeri parlano chiaro (23 milioni di passeggeri nel 2024) ma non dicono abbastanza. Per i cieli di Sicilia si prevedono tempi duri. L’ultimo scontro sull’asse Regione-Ryanair ha riaperto una questione – quella della mobilità – che torna prepotentemente di moda solo sotto le feste. Il periodo di bassa stagione, forse, aiuta nelle valutazioni, anche se gli effetti di una carenza di vettori che investono sugli scali siciliani, sul lungo periodo, potrebbero risultare un enorme impedimento: in primis per i siciliani che vogliono raggiungere il continente, e si ritrovano a farlo a prezzi esorbitanti (checché ne dica l’Antitrust); ma anche per i flussi turistici.
Partiamo dall’ultimo dato: nell’estate 2025 Ryanair conta di spostare circa 7,5 milioni di passeggeri da e per la Sicilia. In linea con l’estate scorsa. Questo perché la compagnia low cost irlandese ha deciso di non investire più sull’Isola. Durante il lancio dell’ultimo operativo, il ceo Eddie Wilson (che in passato non era stato tenero col governo di Renato Schifani: definì “stronzate” le accuse di un presunto cartello con Ita per aumentare le tariffe) ha riportato al centro dell’agenda politica la questione dell’addizionale municipale, cioè un’importa applicata a tutti i passeggeri in partenza dagli aeroporti dell’Isola. La Calabria l’ha appena abolita e ha registrato, secondo fonti irlandesi, un aumento del traffico del 50 per cento. Da qui l’invito alla giunta siciliana di abolirla “per salvaguardare i collegamenti durante tutto l’anno, il turismo e i viaggi a tariffe basse per i cittadini”.
Ma l’assessore alle Infrastrutture Aricò non ci sente: “L’abolizione della tassa addizionale comunale sui diritti di imbarco è un intervento difficilmente realizzabile in Sicilia in quanto l’Isola costituisce, di fatto, il terzo polo aereo in Italia. Con oltre 23 milioni di passeggeri, che entro la fine di quest’anno supereranno i 26 milioni, l’abolizione dell’imposta avrebbe un impatto sulle casse della Regione di circa 80 milioni di euro”. “L’addizionale, calcolata in circa 3,25 euro per volo e caricata dalle compagnie direttamente sul costo del biglietto aereo – ha aggiunto Aricò – non inciderebbe infatti sull’abbattimento del prezzo del volo se non per una cifra irrisoria rispetto al costo totale”.
L’assessore invece difende la misura degli sconti (dal 25 al 50% per le categorie prioritarie) che negli ultimi mesi sono stati applicati ai residenti per calmierare le tariffe imposte dalle compagnie. Anche se l’Antitrust suggerisce semplicemente di prenotare con ampio anticipo per non incorrere nelle bizze del mercato. “La nostra attenzione – sostiene Aricò in maniera campanilistica – è rivolta ai 5 milioni di passeggeri siciliani e non alle esigenze delle grandi compagnie che usufruiscono del vantaggio di operare negli scali di Catania e Palermo, tra i più performanti in Italia. Stiamo valutando, inoltre, nell’ottica di sostenere il traffico negli aeroporti minori e nelle isole siciliane, la possibile abolizione dell’addizionale comunale proprio in questi scali, appostando le risorse necessarie, circa 5 milioni di euro, che avrebbero un impatto economico per la Regione certamente inferiore”.
Qualcosa, quindi, potrebbe muoversi. Significherebbe introdurre un incentivo – seppure piccolo – per le compagnie interessate a volare da Trapani e Comiso, nonché da Lampedusa e Pantelleria. Ma prima di aprire un altro capitolo devastante (Comiso), ecco cosa dice Wilson: “È giunto il momento per la Sicilia di accelerare la crescita e sbloccare il suo potenziale turistico, ma solo se la giunta regionale abolirà sia i fallimentari bonus voli che l’addizionale municipale. Ryanair è pronta a rispondere, come abbiamo fatto in Calabria, accelerando la connettività e la crescita del turismo con oltre 3 milioni di passeggeri in più, la creazione di 1.200 nuovi posti di lavoro, che incrementeranno la connettività nazionale e internazionale e, in ultima analisi, offriranno tariffe più basse ai residenti e ai visitatori siciliani”.
Comiso, si diceva. Oggi l’aeroporto “Pio La Torre”, con un paio di voli al giorno di media (e una compagnia che minaccia un giorno sì e l’altro pure di andarsene) è lo specchio dell’inutilità. E degli sprechi. Si evince da una recente interpellanza di un deputato regionale del Mpa, Giuseppe Castiglione, che ha messo nel mirino la gestione dello scalo da parte della SAC, cioè gli stessi amministratori del “Vincenzo Bellini” di Catania. “Ad oggi, l’aeroporto di Comiso genera soltanto ingenti perdite economiche – scrive l’autonomista – e si caratterizza per una media di nemmeno due voli giornalieri, con continui disservizi anche per i pochissimi voli rimasti che minano la credibilità di uno scalo che vede, anno dopo anno, sempre meno passeggeri, nonostante sia collocato in una terra che vanta importanti realtà imprenditoriali e che presenta un’offerta turistica di altissimo livello, oltre a coprire un bacino di utenza che interessa tutta la provincia di Ragusa, tutto il Calatino, tutto il versante sud della Provincia di Caltanissetta e parte del territorio agrigentino”.
Il futuro del Pio La Torre, come annunciato dall’eurodeputato Marco Falcone, potrebbe essere la continuità territoriale. Cioè un bando (risulterebbe interessata anche Ita, oltre alla solita Aeroitalia) per garantire due voli al giorno da Roma e uno da Milano a prezzo calmierato. Com’era già accaduto nel 2019 con Alitalia, prima che la pandemia spazzasse via tutto. “Abbiamo il consenso della Commissione europea – ha detto Falcone – ora si attendono i documenti dell’Enac” e la pubblicazione del bando sulla Gazzetta ufficiale. Intanto Ryanair a Comiso non ha più messo piede e la gestione della SAC non ha fornito garanzie.
La società di gestione anche a Catania ha le sue belle gatte da pelare. Nonostante il record appena stabilito (oltre 12,4 milioni di passeggeri nel 2024), soltanto il 6% degli investimenti previsti negli ultimi sei anni è stato realizzato a Fontanarossa. L’aeroporto fatica a contenere un traffico così elevato e i risultati – con l’incendio di luglio 2023 – sono sotto gli occhi di tutti. Ma basta anche qualche capriccio dell’Etna a mandare in tilt la struttura. Castiglione, nella sua interpellanza, evidenzia numerose criticità: “L’utenza quotidianamente è costretta a subire numerosi disservizi, come per esempio il numero dei posti a sedere in prossimità degli imbarchi la cui assenza, non di rado, costringe i passeggeri a bivacchi di fortuna. Ma non solo: si registrano inefficienze in merito all’accesso ai varchi destinati ai controlli di sicurezza, il cui esiguo numero determina file di passeggeri costretti ad attese anche di oltre un’ora nei periodi di maggiore affluenza turistica. Per non parlare dei tempi medi di attesa per la riconsegna dei bagagli che superano spesso la mezz’ora”.
Castiglione chiede anche “se, in considerazione dell’imminente rinnovo del management della Società Aeroporto di Catania S.p.a, ritengano opportuno ed altrettanto urgente superare la gestione commissariale del socio di maggioranza Camera di Commercio del sud est Sicilia, attraverso l’insediamento dei propri organi elettivi, favorendo l’esercizio delle loro legittime prerogative anche nell’individuazione del nuovo management del gestore degli aeroporti di Catania e Comiso”. E qui si ferma tutto perché entra in gioco la politica che si contende il potere, quello vero. Il problema non è l’euro in più o in meno sulle tariffe, ma la strategia complessiva che deve fare i conti con gli appetiti particolari. Ricordate la storia della privatizzazione? Siamo ancora allo striscione del via.