La colpa è stata mia, il merito tutto suo. C’erano ancora le cassette vhs alla fine degli anni ’90, e c’erano i film di cartoni animati celeberrimi, avete presente no? “Bambi”, “Cenerentola”, “Biancaneve”, “Gli aristogatti” e tutti gli altri. Io glieli compravo, come fa un padre come tanti, e lei se li vedeva come una bambina come tante. Ma ecco, non aveva ancora sei anni quando tra un “cartone” e l’altro ho cominciato a regalarle cassette di film musicali, la mia grande passione. In realtà, non è che li comprassi solo per lei. Lei era la scusa. Li compravo anche per me. E li guardavamo insieme. Prendete “Jesus Christ Superstar”. Io lo adoravo. Da ragazzo ne avevo anche cantato le canzoni con il gruppo musicale che avevamo ad Agrigento, diretto dal maestro Pippo Flora.
E negli anni me le sono appiccicate addosso quelle canzoni, le canticchiavo dovunque. E lei ha cominciato a cantarle con me, dietro le scene del film. Poi erano arrivati “Hair” e poi “West Side Story”. E io a cantare, e lei a cantare. E poi a ballare, nel salone di casa, negli spettacoli di fine anno scolastico all’elementare. E poi alle medie. E in vacanza, al mare, in montagna. In viaggio. Sempre a cantare. E io con la telecamera piccola a riprenderla, e lei che si inventava coreografie già a sei anni, e poi a dieci, e a quindici. Un musical dietro l’altro mandato a memoria.
E che volete che prima o poi non succedesse: “Papà, ascolta, io non voglio proseguire con l’università… voglio iscrivermi alla scuola del Musical…la mamma è d’accordo”. E io che potevo fare? Proprio io dovevo assecondarla. Mi dichiaro colpevole! Ho lasciato così che dopo il liceo non proseguisse verso la laurea, come ogni padre sogna per i propri figli, e che si scrivesse alla scuola del musical di Saverio Marconi, a Milano. Che costa pure, eh. E un padre che ha indottrinato così la propria figlia che fa, si tira indietro? Non solo. L’ho incoraggiata. L’ho spronata a dare il meglio di sé. E siccome per entrare in questa scuola c’è una selezione rigida, la prima soddisfazione me l’ha data superando i test di canto, danza, recitazione, con ottimi risultati. E poi? Poi si è diplomata in questa scuola e ha cominciato a darsi da fare come fanno altri giovani che come lei inseguono un sogno artistico.
Curriculum di qua, curriculum di là, video di qua, video di là, e arriva la prima chiamata in un villaggio turistico come animatrice, e poi la prima esibizione in un programma Rai, “Mattino in famiglia”, dove canta e balla; e la invita Barbara Palombelli a “Forum” a parlare dei figli che coltivano certe passioni, e a cantare. E niente, non è che mi dice tutto ‘sta disgraziata. Due giorni prima, solo due giorni prima, mi fa “non perderti la prima puntata di X Factor che sono nel gruppo di ballo”. E un padre che fa? Resta ammaloccuto, vede la foto di lei davanti al cartellone del programma e insomma, anche se io lavoro in televisione da oltre trent’anni, mi emoziono per lei come un neofita. Meglio, come un padre. E il mio orgoglio aumenta, non tanto e non solo per quello che fa, ma per come lo fa. Da sola. Talvolta dimenticandosi perfino di dirmi che avrà una piccola parte in una fiction. Che farà parte di un musical sulla storia di John Travolta. Lei è fatta così. E io sono fiero e felice così della mia adorata Chiara, e pazienza se non si sarà laureata.