Questa è la storia del piccolo B. Un piccolo che era nato per restarci, piccolo. Ed eterno secondo: come la lettera che corona il suo nome.
Il piccolo B. aveva quattro anni, grandi occhi, affamati di tutto, e i capelli chiari del normanno. Nella casa dov’era nato, il piccolo B. incrociava sguardi sfuggenti, dolorosi, spesso corrucciati, il più delle volte stremati. A quegli sguardi chiedeva risposte. Raccoglieva lampi, monosillabi distratti. Il piccolo B. pensò quindi che fosse quello il modo giusto di parlare. D’altronde bastava e avanzava. La mamma si voltava a un “Mmm”. “Papà” era troppo lungo da pronunciare, e la fatica non serviva a un bel niente. Papà non c’era, in casa. Per dirla tutta, non c’era mai stato. L’aveva indovinato, il piccolo B., e più ci pensava, più diventava piccolo.
Venne un giorno in cui B. fu portato in una grande casa. Insieme ad altri bambini che non erano i suoi fratelli. Qualche volta sua madre andava a trovarlo, ma il piccolo B. smise di fare “Mmm” per attirare la sua attenzione. Tanto non sarebbe rimasta.
Non immaginava ancora, il piccolo B., che avrebbe incontrato Adriana.
Con lei andò in una nuova casa. Si chiese se Adriana fosse la sua nuova madre. La chiamò: “Mmm”. Poi aggiunse una lettera. E un’altra. E un’altra ancora. E un aggettivo possessivo. Passava il tempo e il piccolo B. seppe di essere più grande. Riusciva a dire: “La mia mamma”. Poi, vedendo la madre naturale insieme ad Adriana, le chiamò entrambe: “Le mie mamme”.
Oggi il piccolo B. parla lesto, anzi inarrestabile, come una radio accesa. Ha un’intelligenza smagliante, una curiosità inesauribile, è appassionato di chimica, di botanica, di animali, e aspira a creare una piccola biosfera dentro alcune bacinelle, sul balcone.
Adriana non dimentica mai di ricordargli che è vero: le sue mamme ora sono due. Che l’affido familiare (regolato dalla stessa legge dell’adozione, ma aperto a tutti: single, coppie etero e omosessuali, sposate e non) non può e non deve cancellare la famiglia d’origine, né spezzare gli affetti, semmai aiutarli a crescere. È un supporto generoso e temporaneo.
Il piccolo B. sembrava nato per restarci, piccolo. Oggi ha undici anni. Ed è pronto a non essere più un eterno secondo.