Mi sono letto avidamente le decine di pagine dedicate dai giornali a quest’ultima storia di spie, da cui la procura di Milano ha tratto coscienza del rischio per la tenuta delle istituzioni e della democrazia. Un rischio talmente elevato che la procura aveva chiesto al giudice delle indagini preliminari il carcere per tredici indagati, pericolosi agenti dell’eversione in contatto con la mafia e i servizi segreti, anche di altri paesi. Il giudice ha invece stabilito gli arresti domiciliari, e non per tutti e tredici, ma soltanto per quattro di loro. Si intuisce una differenza di vedute, non leggera, fra quanto la procura ha proposto e quanto il giudice ha disposto, e dunque sulla portata dell’inchiesta.

Eppure i giornali sono costruiti sulle carte della procura e per nulla sulle carte del giudice, e nonostante le carte del giudice abbiamo ridimensionato quelle della procura. Bizzarro. Per esempio, la connessione con la mafia e i servizi segreti, il giudice la considera molto blanda, forse inesistente. Ma allora perché riempire i giornali di ipotesi molto allarmanti della procura, se sono state già attenuate dal giudice? Perché le ipotesi della procura sono suggestive mentre l’attenuazione del giudice è molesta, immagino. E così si può continuare a scrivere nomi, cognomi, frasi intercettate, ricostruzioni di reati carbonari, congetture golpistiche, pubblicare foto, e insomma si può continuare a spiare senz’altro legalmente questi spioni che forse spiavano illegalmente e forse spiavano meno di quanto si pensi e, forse ancora, non spiavano affatto. A proposito di tenuta della democrazia. Leggi Huffington Post