Il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, sarebbe disposto a tutto pur di concludere la stagione di Serie A. E non solo lui. Troppi soldi e interessi in ballo, più il rischio (considerevole) di impallare tribunali sportivi e calendari qualora il campionato venisse dichiarato concluso. Non solo perché non si assegnerebbe lo scudetto (il presidente della Lazio, Claudio Lotito, avrebbe voluto far riprendere gli allenamenti con la curva epidemiologica al picco), ma soprattutto sarebbe impossibile stabilire i partecipanti alle coppe europee e, a scalare, promozioni e retrocessioni. Segno che non solo la Serie A, ma pure la B dovrà andare avanti, in un modo o nell’altro.
Fra i modi ne è stato individuato uno del tutto curioso: disputare le restanti dodici giornate di campionato al Sud, dove il contagio è sempre rimasto sotto controllo e dove le condizioni di sicurezza – per atleti e addetti ai lavori – sarebbero di gran lunga migliori che al Nord. Ciò significherebbe il trasferimento forzato di molte squadre, dato che il Mezzogiorno d’Italia, nella massima serie, è rappresentata soltanto dalle due romane (Roma e Lazio), da Cagliari, Napoli e Lecce. Di conseguenza, con dieci partite per ogni turno di campionato, bisognerebbe scegliere un lotto di città in cui stabilirsi per portare avanti la stagione. E qui entrerebbero in gioco pure tre siciliane: si tratta, ovviamente, di Palermo, Catania e Messina.
Tornerebbero utili anche altri stadi: in Puglia, ad esempio, si potrebbe puntare sugli impianti di Bari e Foggia, in Calabria su quelli de Reggio e Crotone (dove si disputa, però, anche la Serie B). In Sicilia, detto che il “Barbera” di Palermo è stato appena rizollato e non sarebbe affatto male, resta qualche interrogativo sul San Filippo di Messina, che ha un po’ perso il prestigio di un tempo. La squadra di casa gioca in Serie D e l’impianto “Franco Scoglio”, che ha una capienza di oltre 35 mila spettatori, è inutilizzato da un mese e mezzo. Il manto erboso andrebbe rimesso a nuovo in tempi record. Catania, invece, offre meno garanzie da un punto di vista sanitario, dato che la città ha subito l’impatto del Covid (è la prima, in Sicilia, per casi di contagio). Il trasferimento delle squadre di A al Meridione, infatti, non contempla soltanto la singola partita (si pensa a un tour de force di tre giornate a settimana, con il via a inizio giugno) ma di strutture alberghiere e centri d’allenamento dove le squadre potrebbero restare in “isolamento” prima e dopo le partite.
L’ipotesi – affascinante – di ospitare Cristiano Ronaldo al “Massimino” (ex stadio Cibali di Catania), pertanto, perde consistenza. Va anche detto, a scanso di equivoci, che le partite si giocherebbero rigorosamente a porte chiuse, senza il fiume d’appassionati pronte ad accogliere i propri beniamini. Il ritorno della Serie A in Sicilia – dove manca, realmente, da troppe stagioni – sarebbe così soltanto platonico.