Ci saranno certamente immancabili e inattaccabili ragioni giudirico-amministrative per giustificare l’incarico affidato dal Comune di Siracusa all’avvocato Pinello Gennaro da Rosolini. E inequivocabilmente la parcella ipotizzata sarà in linea con tutti i parametri deontologici e i tariffari della professione forense. Quindi non c’è notizia che non sia esclusivamente politica.
Perché l’avvocato Pinello (che di politica se ne intende essendo stato nel 2018 candidato a Sindaco di Rosolini con un rassemblement di liste civiche) è stato incaricato da Francesco Italia di resistere a nome del Comune di Siracusa presso il TAR contro il ricorso che 11 consiglieri comunali decaduti hanno presentato contro la loro medesima (anche imbarazzante) decadenza.
I fatti.
E’ stato, manco a dirlo, Vincenzo Vinciullo a tirare fuori la storia con un comunicato stampa diffuso ieri mattina assieme ai suoi sodali ex consiglieri comunali Fabio Alota, Mauro Basile, Salvatore Castagnino e Alberto Palestro. “Il Comune di Siracusa – si legge nella nota – ha presentato al TAR Catania un atto di costituzione a seguito di istanza di trasposizione di ricorso straordinario presentato dai Consiglieri Comunali decaduti. In pratica, il Sindaco vuole continuare a rimanere senza Consiglio Comunale e di fatto vero e proprio podestà per i prossimi tre anni. Il Sindaco ha firmato una determina con la quale impegna 9.955,58 euro, tasse dei siracusani, per pagare il preventivo presentato dall’avvocato, per inciso non siracusano, come se a Siracusa non vi fossero avvocati bravi e/o senza lavoro, oppure non vi fossero bravi avvocati dipendenti comunali”.
La questione naturalmente è pelosa assai e affonda nella stratificazione di paradossi politico-istituzionali in cui si trova la città di Siracusa da alcuni mesi a questa parte e, verosimilmente, per i prossimi tre anni.
Breve riassunto per i distratti. Il consiglio comunale di Siracusa è stato dichiarato decaduto nel dicembre del 2019 perché l’assise cittadina non aveva approvato il bilancio consuntivo 2018 dell’amministrazione. Al di là delle ricostruzioni più o meno fantasiose e/o imbarazzate della seduta “fatale” il Consiglio è (de)caduto in virtù di una legge fatta ai tempi del presidente Crocetta per evitare che i sindaci subissero i ricatti della propria maggioranza. A Siracusa però la maggioranza non era a favore del sindaco (non ancora almeno) e quindi ad approvare il bilancio della giunta, peraltro gestito solo per 6 mesi dalla giunta in carica che s’era insediata a luglio 2018, doveva essere l’opposizione. E niente: da un lato dilettanti allo sbaraglio alle prese col numero legale, dall’altro un po’ di follia giuridica dall’altro, alla fine il consiglio bocciatore decadde mentre il sindaco bocciato rimase in carica.
La vicenda poteva essere superata dalla giustizia amministrativa per una eterogenesi dei fini che talvolta ricorre in politica. Infatti se il CGA non avesse annullato, ma confermato almeno in parte la sentenza del TAR sulle elezioni farlocche del 2018 e si fosse rivotato in alcune sezioni, il consiglio sarebbe stato “rieletto” e quindi “riproclamato”, e quindi di fatto resuscitato. Ma il Cga ha detto che c’è stato un pasticcio ma non abbastanza pasticciato da annullare le elezioni e quindi amen. “Sanatoria” per le elezioni e requiem per il consiglio decaduto.
Ma se per il ricorso di Reale Francesco Italia aveva un interesse diretto ad opporsi in quanto il TAR aveva annullato anche il ballottaggio e quindi la sua elezione a sindaco, nel caso della causa affidata all’avvocato Pinello Gennaro, interesse del Comune non balza subito all’occhio, anzi non balza proprio. Peraltro gli ex consiglieri ricorrenti sono un po’ di tutti i gruppi, sia pro (qualcuno) che contro (i più) la giunta Italia: due vinciulliani Fabio Alota e Mauro Basile; tre di “Cantiere Siracusa”, Sergio Bonafede, Chiara Catera e Giuseppe Impallomeni; una del Pd, Pamela La Mesa; uno di Siracusa 2023 Michele Buonomo; e quattro di “Progetto Siracusa”, Curzio Lo Curzio, Michele Mangiafico, Simone Ricupero e Cetty Vinci, tutti eletti la lista di Reale ma che in parte s’erano già accasati altrove.
Gli 11 chiedono in pratica di abrogare gli atti che hanno sancito la decadenza del consiglio. Il Comune si oppone. Perché?
A parte l’indubitabile cavillo giuridico che esisterà, era necessario, obbligatorio ma, soprattutto, opportuno che il sindaco-podestà s’opponesse al disperato tentativo di resurrezione dei consiglieri comunali?
Non è certamente questo il caso ma sembra davvero un maramaldeggiare su consiglio morto. E come si dice il sindaco non solo non deve essere Maramaldo, ma non dovrebbe nemmeno sembrarlo.