Il piccolo centro di Carlentini, nel Catanese, è la patria di Salvatore Silvano Nigro, quello che in un articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” Pietrangelo Buttafuoco descrive come “il più raffinato tra i critici della letteratura sulla scena internazionale”. L’occasione buona si presenta in occasione della sua ultima fatica letteraria: La funesta docilità (Sellerio Editore) è una storia ambientata a Milano nel 1814, quando l’allora ministro delle Finanze, il Conte Giuseppe Prina, fu defenestrato da Palazzo Sannazzari e dato in pasto alla folla inferocita in piazza San Fedele.
Alla tragedia del genio della finanza – il Giovanni Tria dei giorni, volendo forzare e strafare – potè assistere anche Alessandro Manzoni. Il cui canone è ampiamente presente nell’opera di Nigro. Quella che viene definita “festa selvaggia della morte” risulta un momento per conciliare i temi del potere a tutti i costi e della cattiva coscienza appartenente al popolo. Capace di osannare e detestare in ogni modo (come in questo caso). Silvio Pellico ricordava il conte Prina come colui che “non aveva più aspetto di creatura umana. E si parla addirittura di un prete che non volle far aprire la cancellata della sua chiesa – è Stendhal a scriverlo – che permettesse un varco allo sciagurato ministro ormai privo di vita.
Nigro, che nella sua vita si è ampiamente occupato di novellistica del XV secolo (su tutti apprezzò Dante Alighieri), è anche un docente di letteratura, con un ampio bagaglio di esperienza sul groppone: dopo ver conseguito la laurea in Giurisprudenza a Catania, ha insegnato alla Normale Superiore di Parigi, alla New York University, a Yale e alla Normale di Pisa. Ha vinto il premio Brancati nel 1996 e il premio Dessì nel 2012. Ha frequentato Sciascia e colto l’importanza di Camilleri per la letteratura moderna: “Camilleri è il grande scrittore di Vigàta. E la sua grandezza è tale che la sua lingua, grazie all’ampiezza del bacino dei lettori, si è imposta come lingua letteraria degna della variegata tradizione letteraria italiana” diceva, in una vecchia e attuale intervista, il buon Nigro. Che ha osannato Montalbano nella sua normalità: “E’ diventato per i lettori un amico di famiglia, un vicino di casa, l’uomo della porta accanto. Voglio dire che Montalbano vive giorno dopo giorno, matura e pensa, insieme ai suoi lettori. Non è un ‘eroe’, un mostro sacro, un divo. Non si dà arie. Semplicemente cammina per le strade che qualunque lettore percorre”. Emblema della sicilianità più autentica. Per uno scrittore di fama internazionale che viene dalla piccola Carlentini e non ha mai sconfessato se stesso.