La Sicilia come Macondo. Senza neppure un Gabriel García Márquez per raccontarla.  Ma in questo microcosmo arcaico e confinato di “isola circondata dal mare” (secondo la nota ed erudita definizione di un ex assessore della Regione siciliana) anche noi abbiamo il nostro colonnello Aureliano Buendía: il colonello Nello che, essendo “nato con gli occhi aperti”, ha conservato per tutta la vita “uno sguardo di brace accesa e il portamento altero e solivago di chi veste sempre di nero”.

Come il suo pari grado caraibico, anche il colonnello Nello ha guidato almeno “trentadue insurrezioni, senza vincerne nessuna”. Anzi, senza metterci neppure la faccia, come è successo con la Finanziaria appena approvata, quando sdegnoso e sdegnato ha abbandonato l’aula parlamentare, lasciando che tutto ciò che era scritto fosse compiuto.

Ma da quando la Sicilia, come le più remote provincie del pianeta, Macondo inclusa, è stata colpita (marginalmente, per fortuna) dalla peste del Coronavirus, il colonnello Nello ha dato il meglio di sé. Con ardimento si è affacciato al miglior balcone del momento, quello televisivo, e ha proclamato che dal 4 maggio, data di inizio della cosiddetta Fase 2, e per tutto il mese non solo non passa lo straniero sul sacro suolo della Regione-Stato, ma non passa neppure il conterraneo che per caso, coincidenza, lavoro, precariato, studio o “affetti stabili” si trova più a Nord della linea gotica dello Stretto di Messina.

Chi ci prova si trova davanti a un muro di gomma in cui tutto corrisponde al contrario di tutto. Sais trasporti ha sospeso i servizi, come i traghetti che funzionano solo per le merci. Trenitalia non vende biglietti online per tutto maggio. Se hai la fortuna di abitare a massimo 200 metri da una stazione ferroviaria con biglietteria aperta, ti puoi recare e scoprire che l’unico treno al giorno previsto per la Sicilia si ferma a Villa San Giovanni, come da ordinanza del ministro dei Trasporti di concerto con il ministro della Salute e su richiesta della Regione Sicilia. E poi che fai? Boh, arrangiati.

Rimane, unica compagnia aerea, l’Alitalia. Che vende voli (uno al giorno da Roma) “per improrogabili esigenze di connessione con la penisola” sulle tratte Palermo e Catania. Li vende, ma forse no, perché c’è anche chi ha acquistato per tempo un biglietto dopo la data “fatale” del 4 maggio e qualche giorno dopo ha ricevuto dalla compagnia comunicazione che il volo, nel frattempo, era stato cancellato, con rimborso o voucher a tempo debito, almeno trenta giorni.

Intanto tu, cittadino qualunque, qualunquemente rispettoso delle regole, per essere edotto su cosa devi fare per tornare sul suolo natio, sei andato a cercare certezze pure sui siti delle Istituzioni. La Sibilla cumana è più comprensibile.La Protezione civile siciliana offre un numero verde e due cellulari, ma non risponde. Almeno non durante il lungo ponte che precede l’inizio della Fase 2. Il sito ufficiale www.coronavirusicilia.it (dove bisogna registrarsi – non si capisce quanti giorni – prima dell’eventuale partenza e scaricare l’autocertificazione necessaria agli spostamenti) ogni due su tre non si apre. “Impossibile trovare l’indirizzo IP”.

Quando riesci a scaricare l’agognata autocertificazione, leggi ancora quella relativa alla Fase 1 della pandemia, perché il presidente della Regione siciliana ha chiesto e ottenuto dal ministro dei Trasporti la proroga del decreto “Blocca Sicilia”. Leggi testualmente che ti puoi spostare per: 1) comprovate esigenze lavorative; 2) assoluta urgenza (per trasferimenti in comune diverso); 3) situazione di necessità (per spostamenti all’interno dello stesso comune o che rivestono carattere di quotidianità o che, comunque, siano effettuati abitualmente in ragione della brevità delle distanze da percorrere); 4) motivi di salute.

Ma se ti trovi fuori dalla Sicilia bloccato da due mesi, a un’ora di volo dal luogo dove sei nato e dove hai una casa per la quale paghi ogni anno tasse e utenze, ci puoi andare o no?

Sì, secondo il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri in vigore dal prossimo 4 maggio, decreto che all’articolo 1 recita: “è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”. No, secondo il più restrittivo decreto del presidente della Regione siciliana che non si è spostato di un millimetro dalla Fase 1 dell’emergenza sanitaria. Possono entrare nell’isola solo: “Forze dell’ordine, forze armate, operatori sanitari pubblici e privati, lavoratori pendolari”. Quest’ultimi, però, dovranno comunque comunicare il loro ingresso alla Protezione civile e “dovranno osservare alcune regole precauzionali, incluso (ma davvero?) un monitoraggio costante delle condizioni di salute”.

Intanto che si fa giugno, il colonnello Nello impazza su tutti i media, nazionali e non. Il suo rigore severo ma giusto, a suo insindacabile (forse sarebbe meglio dire “ingovernabile”) giudizio, gli fa dire al tempo stesso e con sommo sprezzo del ridicolo che la Sicilia da lui governata ha il più basso indice di mortalità collegata al Coronavirus, ma che “chi vuol venire in Sicilia, sa che deve spostare di qualche settimana – almeno quattro – il rientro previsto nella sua agenda. Per ora chiediamo di restare chiusi, blindati. Da giugno si vedrà”.

Si vedrà? Ma che ne sa Nello il colonnello delle vite degli altri? Degli “affetti stabili” spezzati, delle case abbandonate, delle condizioni di sopravvivenza mentre si è bloccati fuori? Certo, la cosa più semplice per evitare eventuali contagi e morti è quella di chiudere le porte, alzare il ponte levatoio. Non importa se, intanto, la fragilissima economia isolana sprofonda nel mare che la circonda.

Che ne sa, allora, della Sicilia che pure governa dal novembre 2017? “Diventerà bellissima”? “Trarrà la sua linfa dai siciliani attivi, da una comunità stufa di stare alla finestra”? Intanto, mentre lui sta al balcone, due mesi di emergenza non sono bastati a predisporre un pensatoio qualunque, uno qualunque, per la ricostruzione dell’economia isolana. Economia già arretrata, ora due volte isolata. Proprio come nella Macondo di Gabriel García Márquez. Finché, come a Macondo, non si alzerà un “vento terrificante di polverosa solitudine” che spazzerà via tutto.