Tre emergenze rischiano di far andare di traverso il Ferragosto al presidente della Regione e alle istituzioni siciliane: dai prefetti ai sindaci. Il preludio a giorni difficili è arrivato ieri dall’assessore alla Salute, Ruggero Razza, che ha ordinato ai manager della Sanità di riconvertire nuovamente i reparti degli ospedali, aumentando la dotazione di posti letto per il ricovero dei pazienti Covid. In poche settimane il numero di positivi è sestuplicato e al netto dei decessi – pochi per fortuna – i reparti sono invasi per l’80% da non vaccinati. L’obiettivo è cercare di ritardare il più possibile il ritorno in ‘zona gialla’, che però è già segnato sul calendario (il 16 agosto).
La seconda emergenza è quella degli sbarchi, anche se il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, non la considera tale. Che mai saranno 550 migranti giunti sulle coste di Pozzallo a bordo di una Ong? O i profughi riuniti sotto lo stesso tetto, ammassati, all’hotspot di Lampedusa? Magari non sarà emergenza per il Viminale, non sarà emergenza per il presidente della Regione, che sul tema ha un’autorità limitata: ma provate a chiedere ai sindaci Martello (Lampedusa o Linosa) o Ammatuna (Pozzallo) se è così banale dover gestire questi numeri in piena estate, mentre in Sicilia si aggira una vagonata di turisti. E poi c’è l’emergenza incendi, sbocciata in tutta la sua drammaticità un paio di settimane fa, a Catania, e capace di inerpicarsi fino ai Nebrodi e alle Madonie. La devastazione va avanti: saltata la fase della prevenzione, l’unico rimedio è un controllo assiduo dei focolai e l’impiego ingente di Canadair e forze di terra per provvedere allo spegnimento. La Sicilia ha propria disposizione decide di squadre di volontari giunte da tutta Italia, mentre si tergiversa sulla firma della convenzione coi Vigili del Fuoco.
Attorno a queste tre questioni – tralasciando per il momento la crisi della monnezza, che grava su Palermo – si snodano le fortune del governo regionale nei prossimi giorni. Diciamocelo francamente: la Regione le sta provando tutte per convincere i siciliani a vaccinarsi (andando persino oltre: lo scambio vaccino-aperitivo non è il massimo a livello etico). Ma su alcune fasce, quelle più a rischio, siamo indietrissimo: il 20% degli ottantenni non l’ha fatto, a questo punto, viene da pensare che non la farà mai. Ma, diamine, fra i 50 e i 59 anni è il 30% a non aver inoculato nemmeno la prima dose. L’immunità di gregge è una chimera. Nemmeno l’introduzione del Green Pass obbligatorio ha fatto scattare la corsa al siero. Molti preferiscono trincerarsi nelle balle di Facebook, che anche politici e onorevoli offrono alla pancia dei più ingenui. Giorni fa un esponente di Attiva Sicilia – partito che in queste ore ha stretto un accordo di collaborazione con Diventerà Bellissima, lo stesso di Ruggero Razza – ha paragonato il ‘certificato verde’ ai tatuaggi applicati ai prigionieri dei campi di concentramento durante la Shoah, e predicono “scenari foschi” sulla base di notizie estrapolate dagli anfratti del web. Com’è possibile conciliare queste due visioni? Quella di Razza e quella di Tancredi, s’intende.
Chi rimane in prima linea è il personale medico e sanitario. Che lotta caparbiamente per salvare vite. E dà l’esempio. Con qualche eccezione: l’Ordine dei Medici di Palermo sta implorando 849 iscritti affinché completino il ciclo vaccinale, pena la sospensione dal servizio. O, come ha detto il presidente Toti Amato, “il trasferimento in un ruolo diverso che non comporti il contatto con i pazienti per i rischi di contagio delle infezioni da Sars-CoV-2”. L’Asp di Ragusa aveva già provveduto, applicando la legge, a sospenderne una trentina. Ha funzionato, dato che la maggior parte dei ‘sospetti No Vax’ è tornata sui propri passi. “Un operatore sanitario che non si vaccina è come un prete che non crede in Dio”, ha sentenziato Razza. La Regione, che sa di non poter sfuggire alla zona gialla – verrà imposto l’obbligo della mascherina anche all’aperto, mentre al tavolo dei ristoranti si potrà stare in quattro (al netto di congiunti e conviventi) – dovrebbe produrre uno sforzo ulteriore per garantire i vaccini al personale scolastico. Con Roma è in atto una guerra di numeri: secondo l’assessore Lagalla i prof e i bidelli vaccinati sono l’82%, per il commissario Figliuolo poco meno del 60%. Qualcuno ha fatto male i calcoli. Gli unici calcoli che reggono sono quelli dei ricoveri nei reparti ordinari e nei reparti di Terapia intensiva: stiamo per sfondare la soglia critica. I numeri sono ovviamente ‘gonfiati’ dai flussi turistici (si calcola un milione di persone, in questa fase dell’estate) e dai ‘positivi’ sbarcati con mezzi di fortuna. Che fanno la quarantena nelle navi all’uopo dedicate, ma che gravano sul sistema di raccolta dati delle varie Asp.
Quella relativa ai migranti è l’altra emergenza dell’estate, nonostante il ministro Lamorgese. L’altro giorno, dopo lo sbarco della Ocean Vikings a Pozzallo – come sempre l’Italia è il Paese che cede per primo e assegna il Pos (place of security) – Musumeci ha tentato il blitz, chiedendo l’intervento di Mario Draghi. Provando a suscitare un sentimento di fratellanza e condivisione che la Sicilia, in questo caso, meriterebbe. “Dico con forza che la Sicilia continua a essere presa d’assalto dagli sbarchi e che le politiche nazionali non riescono a bloccare questo criminale commercio di carne umana – ha scritto il governatore in una nota -. La Sicilia è la frontiera a Sud di un Continente che preferisce girarsi dall’altro lato, mentre la disperazione sale dall’Africa, cercando in Sicilia la porta di accesso a una vita che in queste condizioni non potrà mai essere migliore. Mi appello al presidente Draghi: serve un segnale forte e ormai può venire solo da lui. Faccia quello che non ha voluto fare chi l’ha preceduto e dichiari lo stato di emergenza per gli sbarchi. C’è un mix pericoloso tra numeri crescenti degli emigranti, situazione epidemiologica regionale e la prognosi di crescita di entrambe le situazioni nelle settimane più calde per il turismo e per l’economia siciliana. Gli hotspot al collasso e le persone ammassate l’una sull’altra non possono essere nascoste e lasciano trasparire l’immagine forte di un’accoglienza finta che non rispetta la dignità dell’uomo”.
Musumeci, che ha le mani legate, ha ragione. Ma nemmeno i tentativi propagandistici avviati l’estate scorsa – con la decisione di chiudere i porti e smantellare i centri d’accoglienza: ordinanza poi bocciata dal Tar – hanno creato terreno fertile per favorire un intervento ad alt(r)i livelli. Niente. Addirittura la Lamorgese sbuffa, dicendo che non c’è emergenza perché tanto i migranti finiscono sulle navi quarantena e non danno fastidio. Salvini ci ha messo il carico, puntando il dito contro la massima inquilina del Viminale: “Lamorgese annuncia “controlli a campione” nei bar e nei ristoranti. Quanto dobbiamo aspettare per “controlli a campione” anche nei porti e ai confini?”. Il punto è garantire la dignità umana. Dei migranti, ma anche delle forze dell’ordine preposte al controllo. E, a cascata, per tutti i cittadini che vivono nei paesi di frontiera – Porto Empedocle, Pozzallo, Augusta, Lampedusa – soprattutto in un periodo nero sotto il profilo economico e sanitario.
L’ultima questione, già accennata, riguarda gli incendi. Dopo che sono andati in fumo centinaia di ettari, ma anche allevamenti e aziende agricole, da Catania a Gangi, dall’Ennese e San Mauro Castelverde, le previsioni meteo per i prossimi giorni non sono affatto allettanti: la calura si abbatterà sulla Sicilia (con l’anticiclone in arrivo e punte di 45°), pronta a favorire i piromani. Detto che la mano diabolica dell’uomo talvolta è imprevedibile, tutte le questioni attinenti alla prevenzione e all’anti-incendio sono ormai superate. Non è questo il periodo dei viali tagliafuoco, della pulizia dei terreni incolti, eccetera eccetera. Era maggio, e se ne riparlerà l’anno prossimo (con annessa discussione sulla riforma forestale, sommettiamo?). Anche se l’assessore Cordaro ha provato a potenziare l’attività di prevenzione firmando un protocollo con le associazioni ambientaliste e sportive.
L’unica ambizione, in pieno agosto, è cercare di correre ai ripari. Dopo la prima ondata di roghi, un paio di settimane fa, Musumeci ha ottenuto da Draghi un segnale: la mobilitazione della Protezione civile nazionale, con l’invio di 33 squadre operative per lo spegnimento. Poi ha cercato di andare oltre, dichiarando “lo stato di crisi e di emergenza per sei mesi a causa dei gravi incendi verificatisi già dalla fine di luglio e del permanente rischio per le prossime settimane, dovuto all’eccezionale situazione meteo climatica presente in Sicilia”. Durante un incontro coi sindaci, ieri, ha annunciato inoltre che “delibereremo la richiesta dello stato di emergenza nazionale. Speriamo che da Roma arrivino segnali positivi. Noi, intanto, attraverso il bilancio regionale, stiamo approntando le risorse per fare fronte alle prime spese necessarie affinché gli agricoltori possano riprendere la loro attività”. Sarà impossibile, però, recuperare i ritardi, a partire da quello relativo alla firma della convenzione coi Vigili del Fuoco. Oggi, nel corso di un incontro a Palermo cui partecipa anche il ministro Stefano Patuanelli (Politiche agricole), il sottosegretario Cancelleri è partito all’attacco di Musumeci (“L’anti-incendio è un fallimento”). Ora di errori non se ne possono più commettere. Ma la “vampa di agosto” preoccupa. Da ieri, siamo punto e a capo.
Incendi: bruciano le Madonie, inferno nella notte
Una lunga notte di incendi in provincia di Palermo, nell’area delle Madonie. Le fiamme sono divampate nella zona delle Petralie e di Geraci Siculo. Molte persone hanno perso aziende e hanno visto le fiamme arrivare fin dentro casa. Alcuni pali dell’illuminazione sono stati abbattuti dai roghi, che hanno preso d’assalto aziende e casolari; degli animali sono stati arsi vivi. Sul territorio hanno lavorato i vigili del fuoco, i forestali e il personale della protezione civile. Nel corso della notte sono andati in fumo ettari di vegetazione anche a Piano Geli, nella zona di San Martino delle Scale, e a Montefiascone, sempre nella zona di Monreale.
Nel pomeriggio di oggi è stata devastata dalle fiamme la riserva di Calaforno, nel territorio fra Chiaramonte Gulfi, Giarratana e Monterosso, nel Ragusano. In fumo ettari di pineta. Lambiti un agriturismo e una masseria, evacuate molte case. “Mi dicono che anche questa volta l’incendio sia di origine dolosa – spiega Salvatore Pagano, sindaco di Monterosso -. Anche noi abbiamo fatto pressione perché vengano inviati i mezzi aerei ma pare siano impegnati in altri roghi; confidiamo possano arrivare prima possibile”. Un vastissimo incendio è divampato intorno alle 13 a Pergusa, nell’Ennese. Molte abitazioni sono state evacuate per precauzione. Il fronte del fuoco è attivo in territorio di Nicosia, in contrada Serra Marrocco tra Gangi e Nicosia, dove sorge un impianto di energia eolica.
“Oltre quattromila uomini – sottolinea il presidente della Regione, Nello Musumeci – sono impegnati nella nostra Isola su decine di fronti. Mai vista una catastrofe del genere. Tutti i mezzi disponibili sono scesi in campo. Esorto tutti a evitare, in questi giorni, di accendere anche il solo barbecue, se ci si trova in campagna. E a tenere sotto attenzione le persone anziane, specie se vivono da sole. Anche questa dura prova sarà superata e saremo vicini alle aziende colpite con le necessarie risorse finanziarie. Spero che Roma faccia la sua parte”. Il governo regionale, intanto, ha stanziato le prime risorse per far fronte alle immediate spese di pronto intervento, a seguito dei gravi danni provocati in Sicilia dagli incendi di questi giorni. Le prime risorse serviranno per l’acquisto di foraggio da parte delle aziende zootecniche e per ripristinare le recinzioni dei pascoli danneggiati.