Dal 30 agosto al primo settembre prossimo avrà a luogo a Militello in Val di Catania il Miff, ovvero Militello Independent Film Fest diretto da Daniele Gangemi pronto a raddoppiare nella sua seconda edizione il miracolo dello scorso anno: fare di un luogo di assoluta bellezza qual è la città del Val di Noto, un cinema a ciclo continuo.
Fiore all’occhiello della festa è la lectio magistralis di Pupi Avati, quindi una rassegna di documentari, cortometraggi, lungometraggi, clip realizzati dalle energie più giovani della scena internazionale. Ci saranno incontri e con i protagonisti della memoria filmica (a Fioretta Mari andrà il premio di questa edizione) e le proiezioni – come in Nuovo Cinema Paradiso, all’aperto – si svolgeranno ogni sera in piazza Santa Maria la Stella mentre di giorno, in un corpo a corpo con la luce, al Teatro Tempio.
Non mi inoltro in un campo su cui più di ogni altro è titolato a parlare il nostro Federico Pontiggia ma questo del cinema in Sicilia non può dirsi una sagra paesana piuttosto un potente fatto politico incoraggiato dal sindaco Giovanni Burtone il quale coglie il paradosso tutto di economia e commercio di una voce di bilancio tutta da costruire.
Come Andrea Camilleri vende in tutto il mondo ma la Sicilia – la sua terra – è la regione dove si legge meno in assoluto (e dove le librerie chiudono) così il cinema di Trinacria, il set per eccellenza di un’infinità di produzioni e di Oscar, non trova destino industriale.
Pochissime sono le sale di proiezione e immani le difficoltà che le burocrazie locali oppongono anche alle strutture di produzione più collaudate – e agli stessi conclamati successi di botteghino dei Giuseppe Tornatore o dei Ficarra e Picone – se si pensa che molte pellicole, per avere una “coloritura” mediterranea, devono trovarsi un set fuori dall’isola tanto è cieca la politica rispetto a un settore inesauribile e ghiotto di indotti.
Avanzano, intorno a un ciak, gli artigiani, i tecnici, i padroni della parola e quelli della scena. A quel caravanserraglio si accodano – per dirla con Totò – vitto, alloggio, lavatura e stiratura. Col cinema, insomma, arrivano i piccioli. Tutta una stagione che non c’è più – basti pensare a cosa fossero le giornate internazionali del cinema a Taormina, con tutto il jet set presente all’appello – deve pur tornare e politicamente c’è una sola e ovvia urgenza: realizzare una Bollywood del Mediterraneo.
In una terra, la Sicilia, che – in tema di cinema – ha visto depauperare il proprio lascito industriale, pur sfornando pellicole che hanno scritto e redigono ancora la storia del grande schermo non può che essere salutare la cocciuta determinazione di Burtone.
Un sindaco che al successo dello scorso anno aggiunge oggi, ben oltre il Festival, un preciso progetto strutturale, è un amministratore che vede lungo. Colloca il primo tassello della ritrovata economia, l’unica industria possibile in un set spontaneo la cui luce è unica.
E buon per lui perché giusto lui, un’operazione così, se la può ben permettere. Erede di Rino Nicolosi – uno statista, più che un semplice presidente della Regione siciliana – Burtone fa il sindaco a coronamento di una sfolgorante carriera parlamentare all’interno della Dc prima e del Pd, dopo, al fianco dell’attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, di cui è fraterno amico e sodale. Uno come lui, insomma, non può farsi intimidire dall’irredimibile Sicilia delle burocrazie. Ne farà di certo un film. Tutto di destino industriale.