La pioggia ci ha salvato la pelle qualche settimana fa, ancora qualche giorno e l’Ancipa non avrebbe avuto più una goccia d’acqua, ancora qualche giorno e a Palermo sarebbero scattate le turnazioni severe, ancora qualche giorno e i silos e le autobotti avrebbero riempito le strade di molte città siciliane. Grazie alle piogge, e alla neve che in alcune zone si è raccolta, siamo tornati ad erogare l’acqua con regolarità nelle zone che ci avevano lasciato col fiato sospeso, e che avevano visto arrivare l’acqua nei recipienti anche una volta ogni otto giorni, il tempo medio che si finisce per stare in un pronto soccorso in Sicilia.

Ma nonostante le copiose piogge di questi giorni, coordinate da Schifani in persona che con l’elicottero ha studiato i movimenti delle nuvole, e grazie al suo buon rapporto col dio della pioggia, purtroppo, non possiamo sentirci al sicuro. In un anno oltre ad aver dipinto di blu i tetti delle palazzine di San Cataldo, riempiendoli di recipienti azzurri come i pomeriggi di Celentano, ed oltre ad aver scavato qualche pozzo, nulla di strutturale è stato fatto.

Non scambiatemi quindi per un uccello del malaugurio, ma pensatemi piuttosto come facile profeta se vi dico che quest’anno, rispetto al gennaio del 2024, siamo messi peggio e non possiamo permetterci di abbassare la guardia, nemmeno in pieno inverno, soprattutto in pieno inverno. Il comunicato dell’Amap che invita a risparmiare l’acqua è chiarissimo in tal senso.

Gli invasi si sono talmente svuotati che anche con la pioggia siamo sotto il livello dello scorso anno. Con una considerazione in più: in questi mesi abbiamo tagliato del tutto l’erogazione dell’acqua nei campi e abbiamo privilegiato esseri umani e fauna alla flora, ma presto anche l’agricoltura avrà bisogno di essere abbeverata. Nulla però è stato fatto, dicevamo, per prevenire l’emergenza e non farsi travolgere, com’è accaduto lo scorso anno. Ad esempio, Renato Schifani parla ad ogni piè sospinto di dissalatori e nella delibera di giunta approvata si usa il termine “revamping”, in italiano rinnovamento.

Si rinnova qualcosa che c’è o così lasciano intendere. In realtà i vecchi dissalatori vengono abbandonati a se stessi, l’unica cosa che verrà confermata è la location, e verranno sostituiti con dissalatori mobili “giocattolo”, con una portata notevolmente inferiore, 500 lt/sec tutti e tre insieme a fronte del fatto che solo Gela faceva da solo 600 lt/sc.

In più si è aggiunta la novità dei due dissalatori da realizzare a Palermo, spacciati dal governo regionale come impianti ad immediata realizzazione e invece con un projet financing in cui la regione mette appena 10 milioni ed il privato 170 milioni di euro, si tratta di dissalatori che vedranno la luce chissà quando, quindi nessun beneficio per la prossima estate. Inoltre nessun intervento è previsto sulla rete idrica, che disperde il 50% dell’acqua, e nessun intervento sulle dighe incompiute e su quelle che senza interventi e collaudi continueranno incredibilmente a sversare in mare tanta parte dell’acqua che potrebbero contenere, pensate a Scanzano e addirittura in queste ore il ministero ha chiesto di svuotare totalmente e chiudere definitivamente la diga Trinità nel trapanese ritenuta altamente insicura.

Niente di nuovo sotto il sole, dunque. La nostra unica salvezza, anche per la prossima estate, saranno le piogge. Se pioverà bene, saremo salvi e nelle nostre case arriverà l’acqua regolarmente, altrimenti prepariamoci ai disastri già vissuti. Potenzialmente non manca l’acqua in Sicilia, mancano invasi capaci di contenerla, reti efficienti capaci di distribuirla senza dispersioni, un ambito territoriale unico regionale, un’unica tariffa ed un unico soggetto industriale che gestisca e investa con grosse economie di scala. Di tutto questo, tra Meloni e Schifani, nemmeno l’ombra.

I problemi emersi con l’ennesima siccità sono strutturali e non si risolvono in emergenza. Dire, come ha fatto il Presidente della regione, “risolverò l’emergenza nel 2025”, senza affrontare i problemi di fondo, significa o non avere capito nulla o non volere risolvere un tubo. Oppure tutte e due le cose.

Davide Faraone è il capogruppo di Italia Viva alla Camera dei Deputati