Allora ditelo che è “Scherzi a parte”. Se i famosi “dettagli da limare”, in contesti diversi da Palermo e dal Palermo, sarebbero garanzia di affidabilità a concretezza, qui sono la rappresentazione del grottesco. Con padroni che fanno orecchie da mercante e compratori di una lunga lista – arabi, cinesi e americani in testa – costretti a rassegnarsi. La storia recente è piena di finte sgasate e frenate brusche. Di compra e di recompra. Brodaglia buona per scriverci dei pezzi, ma inutile agli occhi del tifoso. Che ancora spera nella normalità. Di questo passo rischia di rimanere un sogno, tutt’al più una visione. Anche l’ennesimo passaggio di consegne – ma sarebbe lecito interrogarsi sulla natura del tentativo – si è arenato su alcuni dettagli da mettere rigorosamente a punto. Entro pochi giorni (e che sarà mai), il tempo necessario a sottoscrivere un bell’assegno di qualche milioncino che consenta agli americani di York Capital di mettere le mani sul patrimonio conteso. Sempre se avverrà.
Un club professionistico di pallone, come tale, non genera soltanto utili e profitti. Ma diventa attestazione di fede e di passione. Quella che i tifosi hanno dissipato negli ultimi sette anni, da quando babbo Zamparini ha affisso il cartello vendesi dalle parti del Barbera. Una finta. Una furbata. L’imprenditore friulano – oggi ai domiciliari con l’accusa di falso in bilancio – ha continuato a comandare sotto mentite spoglie e lontano da occhi indiscreti. Ha il proprio tornaconto. Come Foschi d’altronde, la sua “longa manus”. E non è ancora noto che fine farà il Palermo, tenuto in vita da un gruppo di calciatori bravi e volenterosi, ma maltrattato da dirigenti senza cuore che ne scarabocchiano la dignità.
L’ultimo episodio che macchia una stagione in cui nessuno, o quasi, avvalora il discreto campionato, è l’esonero di mister Roberto Stellone a quattro giornate dalla fine. Foschi, per tenere alta la bandiera dell’orco “mangiallenatori” che lo ha preceduto, lo ha fatto fuori dopo il pareggio interno con il Padova, per richiamare al timone un grande ex e giocare coi sentimenti chi ci tiene: arriva Delio Rossi, la cui precedente esperienza sulla panchina traballante, terminò con una finale di Coppa Italia persa contro l’Inter. Il culmine amaro di un’esperienza memorabile. Ma ormai sono trascorsi otto anni e molte cose sono cambiate, compreso Delio (ultima esperienza in Bulgaria, non un campionato di primo pelo).
E’ lecito chiedersi per quanto tempo ancora questi dirigenti potranno approfittarne. Fino a che punto potranno abusare del corpo sfinito di un malato, voglioso di eutanasia e di rinascita. Quando verrà smontato il palco della finzione, che tiene i tifosi incollati ai giornali in attesa di buone nuove che, puntualmente, risultano fesserie. Nella vana speranza che una colata di vergogna li induca a cambiare il corso delle cose. E ad uscire di scena per l’ultimo, mesto applauso.