Schifani vorrebbe farlo apparire per quel che non è: un mezzo successo. In realtà il Piano d’emergenza contro la siccità, che dovrebbe sbloccare venti milioni stanziati dal Ministero della Protezione civile con la dichiarazione dello stato d’emergenza, stenta a ingranare. La fotografia è restituita dai numeri che lo stesso governatore, ieri, ha affidato a un comunicato stampa: nello specifico, il 17,31 per cento degli interventi è stato completato, il 30,77 per cento è in corso, per un altro 17,31 si stanno completando le procedure di affidamento mentre il 26,92 per cento è in fase di approvazione e presto sarà effettuata la consegna dei lavori. Come fa notare Fabrizio Lentini in un fondo su Repubblica, “c’è un 8 per cento che si è perso lungo le strade della burocrazia come l’acqua nelle tubazioni rotte”.
Schifani spiega genericamente che “circa il 50 per cento delle opere previste è stato portato a termine o è già in corso di ultimazione” e che questo “ha permesso il recupero, in termini di litri al secondo, già del 50 per cento dell’apporto aggiuntivo previsto dal Piano; un ulteriore 20 per cento si aggiungerà con le opere completate entro la fine di luglio”. La realtà è un’altra, ed è tragica e senza via d’uscita.
Allevatori e agricoltori soffrono i morsi della crisi e la scarsa disponibilità di acqua negli invasi non è una situazione a cui sopperire (solo) con le autobotti. Il primo passo per risolvere un problema è ammetterlo. Anche se per Schifani “abbiamo messo in campo ingenti risorse sia nazionali sia regionali. Adesso tocca a voi – ha detto rivolgendosi agli enti attuatori del piano, fra cui Comuni e Consorzi di Bonifica – procedere concretamente e speditamente con la realizzazione delle opere. Auspichiamo che tra tutti i soggetti coinvolti ci sia un clima di collaborazione e il nostro stesso spirito di abnegazione. Evviva lo scaricabarile.