Mancano meno di due mesi alle elezioni Europee. E giusto una manciata di settimane alla presentazione delle liste (scadenza il 15 aprile). Non è detto che al loro interno compaia il nome di Fabrizio Ferrandelli, consigliere comunale dei Coraggiosi e leader dell’opposizione a Palermo, dove un paio d’anni fa, per la seconda volta in un quinquennio, ha provato a contendere la poltrona di sindaco a Leoluca Orlando. Ora Ferrandelli ha alzato l’asticella. Qualche giorno fa, durante la visita del leader nazionale Benedetto Della Vedova per l’inaugurazione della sede di via Roma, ha avuto l’incarico di coordinare la campagna elettorale di +Europa in Sicilia e in Sardegna. Una circoscrizione assai complessa, dove i posti riservati ai parlamentari “siciliani” (o sardi) sono appena otto e dove il partito, che si è costituito formalmente lo scorso 27 gennaio a Milano, prova a farsi largo.
Sarà Ferrandelli a comporre la lista di +Europa, attingendo a forze fresche e capaci, provenienti dal territorio e rappresentanti della generazione Erasmus. Non è detto che lui ci sarà personalmente. A meno che qualcuno, dall’alto, non gli chieda di impegnarsi: “A quel punto valuteremo con la direzione nazionale e con la segreteria – esordisce il consigliere – Ma al momento una candidatura a Strasburgo non è la mia priorità, né il mio obiettivo. Io sono responsabile della campagna elettorale e cercherò di far crescere questa proposta politica. Il mio ruolo istituzionale prosegue a Palermo, dove guido l’opposizione. Penso di essere coerente rispetto alla scelta compiuta nel 2017: all’indomani della sconfitta alle Amministrative, potevo benissimo candidarmi alle Regionali o alle Politiche, con discrete possibilità di successo, ma sono rimasto a occupare i banchi del Consiglio. Perché è lì che mi avevano voluto i miei elettori”.
Ma senza di lei, che è un volto abbastanza noto in Sicilia, la lista rischia di partire azzoppata.
“Cercheremo di comporre una lista competitiva. Il mio compito è guidare una generazione che si è sempre affacciata in politica cercando un “padre nobile” cui affidarsi. Per poi capire che questi “padri nobili”, in realtà, hanno utilizzato le nuove risorse per cibarsene e rimanere in vita, piuttosto che come potenziale da esplorare. Io sono come il fratello maggiore che fa lo sforzo di accompagnare fratelli e sorelle in un percorso di emancipazione per diventare capi famiglia. Abbiamo maturato un’esperienza tale da rinunciare alla contaminazione che ci giunge dall’esterno”.
Una nuova forma di rottamazione?
“Non è rottamazione, né giovanilismo. Tant’è che io discuto benissimo con Bruno Tabacci ed Emma Bonino, che sono i capisaldi di questo partito. Ma, dall’altra parte, posso puntare sulla freschezza, la forza e il vigore di chi, come me, viene fuori dai territori e ha il coraggio di innovare, di rappresentare dal basso le istanze della gente. E’ una sfida motivante, non possiamo rimanere alla finestra in attesa che passi il temporale. Bisogna costruire una nuova prospettiva politica”.
Non rischia di rimanere una prospettiva utopica? Avrebbe potuto ripartire da partiti più affermati, con i quali in passato è dovuto scendere a compromessi per presentarsi alle elezioni…
“Io sono uno che si confronta sempre sul terreno delle sfide. Non ho avuto una sola elezione nella mia vita che sia passata da una nomina. Nel bene o nel male, sono arrivato ad essere quello che sono grazie a un voto di preferenza, perché gli elettori hanno scritto il mio nome e il mio cognome sulla scheda. Io e quelli che, come me, hanno fondato +Europa, conosciamo i danni provocati alla nostra Regione e al nostro Paese dai dirigenti delle attuali forze politiche, che ormai da un ventennio sono cristallizzate in blocco. Alla direzione nazionale del Pd c’è ancora gente come Lupo e Cracolici, e anche in Forza Italia gli schemi non sono cambiati rispetto al passato. Io sono fra quelli che non si ritrovano nello spirito dei partiti tradizionali e, piuttosto che cercare comodi posti al sole o facili posizionamenti, ho deciso di rimettermi in gioco”.
Chi le garantisce che +Europa è lo spazio giusto?
“Intanto, provo un certo orgoglio nell’aver contribuito alla formazione del partito. Poi abbiamo un altro vantaggio sul resto della concorrenza: non dover ereditare le storture e i gruppi del passato, ma poter creare una classe dirigente nuova, selezionandola dal territorio. Vedo in +Europa il proseguimento naturale dell’esperienza dei Coraggiosi. Il nostro movimento era nato nel 2015 dopo le mie dimissioni da deputato regionale, come gesto di rottura verso il sistema. Nacque dall’esigenza di mettere insieme storie politiche differenti su basi progettuali comuni. Per +Europa valgono gli stessi principi. Con cui vogliamo riformare l’Unione”.
Cos’altro l’ha convinta?
“L’appartenenza all’Alde, l’alleanza dei liberali e democratici, che a Strasburgo è alternativa a Popolari e Socialisti, i gruppi in cui si trovano rispettivamente Forza Italia e Pd. Questa posizione di terzietà non significa chiusura al dialogo. Anzi, io sono l’emblema più chiaro di cosa significhi provare a dialogare. I gialloverdi potranno anche governare l’Italia, ma in Europa saranno minoranza rispetto all’Alde. E a me piace l’idea di poter garantire ai territori e ai nostri amministratori una rappresentanza in un grande partito europeo”.
Come ha detto Della Vedova qualche giorno fa, è partita la sfida ai sovranisti?
“Il fronte da combattere è quello. Noi pensiamo che problemi strutturali, complessi e delicati come quelli che ci toccano da vicino, non possono risolversi in casa nostra, ma all’interno di una cornice internazionale, dove lo schema minimo all’interno di cui discutere è l’Europa. Chi pensa di fare da solo finisce per essere dominato”.
Ma non è un po’ proibitivo contrastare la Lega di questi tempi?
“Non è una battaglia popolare e populista. Io due anni fa a Palermo ho spaccato le forze politiche, lasciando fuori Lega e Meloni dalla mia coalizione. E non dimentico gli insulti che i leghisti ci hanno riservato per anni, trovando sempre un nuovo nemico da cavalcare – dai meridionali agli immigrati – per far presa sul sentimento di paura e incertezza che alberga in ognuno di noi. Per chi vuole fare carriera in politica, le forze sovraniste sono comodi autobus da prendere per guadagnare posizioni. Ma io vivo la politica in modo diverso”.
E’ una questione di principio o anche di temi?
“Soltanto un idiota può pensare che in un mondo globalizzato si possano risolvere i problemi dell’Italia puntando sul nazionalismo, sull’orgoglio o sulla minaccia dell’esterno. Io affronto questa sfida per costruire un campo di rappresentanza in cui si ritrovino tutti coloro che non si rassegnano alla politica della paura o del “risolviamola in casa nostra”. Ma che capiscano come i problemi di una terra meravigliosa, ma molto complessa come la Sicilia, debbano approdare su un palcoscenico internazionale e con una rete di protezione che sia il più grande possibile”.
Quali strade batterete?
“Noi siamo per gli Stati Uniti d’Europa. In cui il costo del lavoro sia uguale in tutti i paesi membri; in cui esista una guardia costiera europea che rimoduli le responsabilità di fronte al fenomeno dell’immigrazione; in cui si impongano i temi legati all’ambiente. Ecco perché insisto sul tema della sfida generazionale”.
Anche il Pd, Renzi dixit, punta sugli Stati Uniti d’Europa. Perché non vi siete alleati con loro?
“Siamo cose differenti. Perché apparteniamo a altra entità europea, l’Alde; perché vogliamo rappresentare uno spazio liberal-democratico che aggreghi anche in maniera aperta la società, e l’innesto di oggi, al quale anch’io ho lavorato, del movimento “Italia in Comune” di Pizzarotti, lo dimostra. Il Pd affronta le sue battaglie congressuali, ma sempre con lo strumento della conta interna, senza un vero allargamento alla società civile”.
Crede che raggiungere la soglia di sbarramento del 4%, con il solo Pizzarotti come alleato, sia un risultato possibile?
“Secondo me sì. E’ il motivo per il quale non sto alla finestra, ma spingo sull’acceleratore accettando di coordinare la campagna elettorale in Sicilia e Sardegna. So di farlo nel collegio più difficile d’Italia. La Sicilia è una terra abituata ai rapporti di forza e sente il richiamo del governo nazionale e di quello regionale, che avrà molti candidati. Ma in passato è stata capace, spesso, di grandi gesti di vitalità. Noi ci candidiamo anche ad essere la casa dei grillini delusi, che hanno visto il proprio Movimento soggiogato dalla Lega. Noi possiamo rompere gli schemi e farlo con persone libere da diktat esterni. Possiamo governare e gestire i processi, perché non siamo degli improvvisatori nonostante la giovane età”.
Il governo gialloverde è mancato nelle politiche per il Sud?
“Il Sud è il vero assente dall’agenda politica di questo governo. Non mi stupisce, perché un governo a trazione Lega porta a casa altri risultati, come ad esempio l’autonomia differenziata. E quando si parla di Sud non lo si fa mai per proporre una politica infrastrutturale, ma per distribuire una manciata di beneficenza assistenziale come avviene col reddito di cittadinanza. Non sono contrario in linea di principio, perché comprendo il disagio di chi soffre. Ma, dall’altra parte, è necessario creare opportunità e investimenti. Non è concepibile che altrove si parli di Tav e qui abbiamo ancora il binario unico. O che da Salerno ci si sposti col Frecciarossa e qui paghiamo 450 euro un biglietto aereo per andare a Milano. Nel prossimo quinquennio, con l’area di libero-scambio Africa-Europa, la Sicilia potrà giocare un ruolo da protagonista. Ma non possiamo più permetterci di mandare a Bruxelles dei “dinosauri” o tromboni a fine carriera. Per avere più Sicilia serve più Europa e un gruppo dirigente diverso”.
L’Europa rappresenta una opportunità?
“L’unica opportunità. I governi regionali e i parlamentari che si sono succeduti non hanno saputo utilizzare i fondi comunitari. Come nel caso dei depuratori: da anni ci sono centinaia di milioni bloccati, nonostante l’impegno dell’Unione Europea nel predisporre i finanziamenti. Ma restano lì, perché i comuni non riescono a presentare uno straccio di progetto. Non è l’Europa che manca, ma i politici siciliani e italiani, Salvini in primis, che negli anni abbiamo mandato in Europa a rappresentarci. E che, invece, non ci hanno mai difeso”.