Il 9 marzo di quest’anno la Regione siciliana, in una precipitosa corsa all’indietro, scrive alla Domina Zagarella Sicily, una struttura di Santa Flavia convenzionata per l’utilizzo dei voucher destinati ai turisti (la terza notte è gratis), per chiedere l’emissione di una nota di credito da 199 mila euro. Cioè una cifra pari a quella impegnata dalla Regione medesima per l’acquisto di 2.352 posti letto, nell’ambito del programma SeeSicily, che però rimarranno invenduti. Da qui la clamorosa retromarcia: “Tenuto conto che, ad oggi, non è stato utilizzato alcun voucher dei predetti servizi di pernottamento e che, complessivamente, nell’ambito dell’iniziativa in argomento residua un significativo numero di voucher non fruiti tale per cui questa Amministrazione non ritiene più attuale e giustificata la spesa per ulteriori servizi, si comunica la volontà dello scrivente Dipartimento di recedere dal contratto”. Il Dipartimento è quello al Turismo e le firme in calce sono quelle del nuovo dirigente generale, Antonio Cono Catrini, e del responsabile del Servizio 2, Ermanno Cacciatore.
In pratica chiedono il congelamento (e la restituzione) della cifra già impegnata (ma non ancora liquidata) a seguito di regolare contratto sottoscritto con la società P.K. Sicily e validato il 13 dicembre 2021. La proposta di una rescissione unilaterale, a causa del fallimento (mastodontico) del programma dell’assessorato al Turismo, non viene però accolta dalla struttura convenzionata: “Vi sarà sicuramente stato un errore nell’inoltro della vostra comunicazione”, si schernisce il consigliere delegato della P.K. Sicily, Sebastiano Di Betta, che invita a saldare la prestazione entro 10 giorni dalla diffida: “Ci rifiutiamo di credere che il nostro contraente pubblico non intenda più onorare gli impegni assunti nei confronti degli operatori turistici”. Il testa a testa rischia di protrarsi in tribunale, ma è solo una delle numerose vicende collegate al ‘buco nero’ svelato da Mario Barresi su ‘La Sicilia’, facendo fede alla richiesta d’accesso agli atti di Luigi Sunseri, deputato regionale del Movimento 5 Stelle.
Così, mentre i deputati giocano al test del capello, e Schifani vola a Roma per provare a rimodulare con Giorgetti l’accordo Stato-Regione utile a garantire il rientro dal disavanzo, la Sicilia incappa nell’ennesima caduta di stile. Una macchia indelebile – Schifani, ai tempi di Cannes, parlo di “danno d’immagine” – di cui c’erano, francamente, tutte le avvisaglie. La gestione baldanzosa del portafogli dell’assessorato al Turismo, su cui già indagano la Procura di Palermo e la Procura della Corte dei Conti, trae origine dalla pandemia, che innesta meccanismi di solidarietà talvolta reali, talvolta fasulli. SeeSicily, in attesa di smentite (ma gli atti parlano chiaro), rischia di iscriversi alla seconda categoria. “Sono state riscontrate criticità o irregolarità tali da inficiare la correttezza e la regolarità delle spese dichiarate” si legge sulla relazione dell’Autorità di Audit regionale, consultata da ‘La Sicilia’. Si tratta di una verifica effettuata dall’ufficio, afferente alla Presidenza della Regione, che ha il compito di vigilare sui programmi cofinanziati dalla Commissione europea. “La spesa non ammissibile, che concorrerà al tasso di errore da rettificare nell’ambito della chiusura dei conti del periodo contabile 2021/2022, ammonta a 680.118,44 euro”, cioè una cifra “pari al 25% della spesa certificata oggetto di audit”.
Il programma, lautamente finanziato dalla Legge di Stabilità 2020 (la cosiddetta “Finanziaria di guerra) è un’invenzione dell’ex assessore di Fratelli d’Italia Manlio Messina (oggi vicecapogruppo di FdI alla Camera) per rilanciare il settore dopo lo stop causato dal lockdown. Nasce come un’iniziativa per esprimere vicinanza al settore, ma la formula “pieno per vuoto” – la Regione acquista in attesa che gli albergatori rivendano i pacchetti attraverso le agenzie – si rivela da subito fallace. Dall’accesso agli atti di Sunseri emerge, infatti, che la Regione investe appena 6,4 milioni a copertura delle iniziative per albergatori e turisti, che prevedono un pernottamento omaggio ogni due prenotati (la previsione iniziale era di 37 milioni). Ma i destinatari finali non colgono l’eccezionalità dell’offerta, o devono sbattersi troppo per “riscattare” il premio (i posti letto fruiti equivalgono a 875 mila euro). Così la parte più cospicua del malloppo, di cui adesso la Regione chiede la restituzione, finisce in tasca ai pochi “eletti” che avevano scelto di aderire.
Un errore di strategia che risulta lampante sin dai primi mesi. Tra il 2021 e il 2022, infatti, la Regione comincia a sforbiciare la voce di spesa legata al “turismo”, per dare maggiormente risalto alle iniziative di comunicazione e pubblicità. Il cui plafond viene portato da 4,8 a 23,8 milioni. Di questo gigantesco bancomat, che offre una visibilità estrema a un prodotto “vuoto”, si avvantaggiano numerose concessionarie per conto di Mediaset, della Rai, dei gruppi legati a Urbano Cairo (La 7 e il Corriere della Sera). Ma anche siti e testate siciliane, oltre ad aeroporti e stazioni ferroviarie, diventano il veicolo di una pubblicità che vende immagini mozzafiato a prezzi esorbitanti. Dietro questa “follia”, tutta da rendicontare, bisognerebbe cogliere la ratio. Anche se Sunseri ha più di un sospetto: “La comunicazione è solo servita ad accreditare Musumeci e Messina presso i big player della comunicazione – ha detto al quotidiano ‘La Sicilia’ -, ad affidare finanziamenti con procedure spesso ingiustificate e a finanziare eventi dalla dubbia capacita di potenziamento dei flussi turistici”.
Fratelli d’Italia però lo redarguisce: “Stupisce che Sunseri non sappia che i fondi del SeeSicily qualora non vengano spesi dagli attori del progetto, ossia albergatori piuttosto che agenzie di viaggio, dovranno essere restituiti alla Regione – si legge in una nota dei deputati regionali -. Stupisce che non sappia che il progetto non elude alcunché sulle norme europee in quanto sono garantiti a tutti i partecipanti, anche europei, i servizi messi in campo. Stupisce pure che non sappia che i fondi destinati alla comunicazione in televisione e radio non sono sottoposti ad alcuna evidenza pubblica così come previsto dall’art. 17 del codice degli appalti”. La replica dei Cinque Stelle è attesa oggi in conferenza stampa.
Nei gangli della “comunicazione”, però, sono finiti i soliti eventi della claque. Dalla Coppa degli Assi di Ambelia, che Musumeci ha riportato gelosamente nella tenuta equina a due passi dalla sua Militello; passando per il Sicilia Jazz Festival e la Settimana della Musica sacra di Monreale, manifestazione a cui più d’ogni altro teneva Marco Intravaia, ch’è stato a lungo segretario particolare dell’ex governatore (e da poco è stato eletto deputato). Insomma una serie di iniziative la cui finalità turistica è tutta da provare. Qual è la ricaduta sull’indotto? Quale il rapporto fra milioni spesi e visitatori arrivati? Quale il rapporto costi-benefici e, soprattutto, quali criteri hanno dettato la scelta dei singoli eventi? E ancora: cos’è previsto per il 2023? Già: perché SeeSicily è un programma spalmato su più annualità. Significa che a raccogliere i cocci di questa operazione, sicuramente sanguinosa, saranno il neo assessore al Turismo Elvira Amata e il presidente Renato Schifani. Che di fronte ai primi schiribizzi su Cannes aveva deciso per il pugno duro: ossia il ritiro del provvedimento in autotutela.
In quel caso c’erano in ballo “appena” 3,7 milioni affidati (senza bando) a una società lussemburghese per l’organizzazione di una mostra fotografica su donne e cinema all’Hotel Majestic. Stavolta c’è una torta più ampia, suddivisa in più fette. E non è ancora chiaro che fine abbiano fatto tutti i soldi “distratti” agli albergatori per gonfiare la comunicazione. Se non fosse alto il rischio di sprofondare nella retorica, la politica dovrebbe immediatamente chiedere un’operazione trasparenza. E coltivare la pretesa di individuare i responsabili, dato che sulla vicenda di Cannes tutti i protagonisti si sono trincerati dietro la firma di un paio di dirigenti. L’unico provvedimento assunto da Schifani è stato uno scambio di deleghe in quota Fratelli d’Italia. E il silenzio dopo gli attacchi sguaiati del Balilla, che lo aveva indicato come unico “responsabile”.
Manlio Messina, più di chiunque altro, si erge a protagonista di questa fase storica. E, politicamente parlando, non paga mai pegno, complice la fitta rete di protezione: da un lato Giorgia Meloni, che s’è fatta impressionare a tal punto dalle sue doti oratorie (a volte un po’ volgari) da volerlo candidare a sindaco di Catania; dall’altro il ministro Francesco Lollobrigida, il cognato d’Italia, che l’ha incluso della sua riserva di “fedelissimi”, e non ne vuol sapere di cedere lo scettro del Turismo. Elvira Amata, che ha preso il posto di Scarpinato dopo le risapute vicende della Croisette, sarà costretta a tappezzare le falle, ad armeggiare un bottino già inquinato, a ridurre ogni sua iniziativa a un atto notarile. Di fatto è già commissariata, ma nessuno l’ha avvertita. Quelli di Fratelli d’Italia, fino a prova contraria, si sentono intoccabili.