Leonetta Bentivoglio, su Repubblica, l’ha scorticata. Fabrizio Roncone, sul Corriere della Sera, l’ha fatta a pezzi. Dagospia l’ha chiamata “Bacchetta nera”. Il podio della Sinfonica siciliana è stato, per Beatrice Venezi, una piccola Waterloo. La giovane direttrice d’orchestra credeva che la Sicilia fosse un lungo tappeto rosso. I gerarchi di Fratelli d’Italia erano ai suoi piedi, l’amicizia con Giorgia Meloni le apriva tutte le porte. Ovviamente le ha spalancato pure il portone della Sinfonica, un feudo di sottogoverno. Ma qui la patriottica Beatrice incontra un sovrintendente traballante che, per puntellare se stesso, la sovraespone, manco fosse Herbert von Karajan; e alcuni orchestrali che invece avanzano seri dubbi sulla sua direzione musicale. L’incanto si spezza e l’inciampo di Palermo finisce per dilagare sulla stampa nazionale. E’ la politica, bellezza.
Giuseppe Sottile
in Operette immorali
Se la musica affianca i giochi della politica
beatrice venezi
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