Prima gli italiani, diceva lo slogan della Lega in campagna elettorale. Con qualche distinguo eccellente. Matteo Salvini e Roberto Saviano sono ai ferri corti. Che non si piacessero è storia arcinota. Ma che ci fosse dell’astio così profondo, capace di sfociare in dichiarazioni – da ambo le parti – assolutamente sconce e prive di senso, non era nelle attese.
Il giornalista-saggista, capace di scoperchiare con le sue rivelazioni il vaso di Gomorra, è tornato all’attacco del Ministro dell’Interno con un video abbastanza violento. Per difendere la sua posizione da “ostaggio” del clan dei Casalesi e il valore della scorta che gli venne assegnata 11 anni fa, quando Saviano ne aveva appena 26.
Salvini, che dai palchi di mezza Italia minaccia di togliergliela quella scorta, quasi come un padre con un bambino capriccioso, nell’ultimo video di Saviano è stato definito “buffone” e “ministro della malavita”. “Le parole pesano, e le parole del ministro della malavita, eletto a Rosarno (in Calabria) con i voti di chi muore per ‘ndrangheta, sono parole da mafioso” ha tuonato Saviano, alludendo al fatto che durante il comizio del “nemico”, nella piazza di Rosarno fossero presenti dei noti camorristi e che il ministro, allora solo capo del Carroccio, non abbia avuto il coraggio di dire nulla.
“Matteo Salvini è alla costante ricerca di un diversivo e attacca i migranti, i Rom e poi me perché è a capo di un partito di ladri: quasi 50 milioni di euro di rimborsi elettorali rubati” ha proseguito Saviano senza fare sconti. Mentre Salvini, che adesso occupa un ruolo istituzionale ma spesso nelle dichiarazioni se ne dimentica, ha preferito non aizzare la contesa, recapitandogli solo qualche “bacione” provocatorio. Anche se la provocazione sta a monte. A quel tentativo di silenziare l’opposizione di Saviano tirando in mezzo la scorta “pagata dagli italiani”. “Saranno le istituzioni competenti – aveva detto Salvini – a valutare se corra qualche rischio, anche perché mi pare che passi molto tempo all’estero. E’ una persona che mi fa tenerezza”.
Alla fine non sarà Salvini a decidere: la competenza sull’assegnazione di una scorta appartiene all’Ucis (Ufficio centrale interforze per la Sicurezza personale) che è un’articolazione del Viminale. Vincolata, però, a precisi criteri. Tra i quali non rientrano – ne siamo certi – gli epiteti e i capricci di queste ore. Fermo restando che la scorta al momento rimane cristallizzata, questo duello a suon di volgarità ha raggiunto vette inesplorate. Ma di questo passo perderà interesse molto presto: a beneficio di chi?