Francesco Scoma e Nino Germanà sono due facce della stessa medaglia. Due parlamentari della Repubblica che nel corso dell’ultima legislatura hanno lasciato la casa madre – Forza Italia – per finire alla Lega, ma entrambi incapaci di valorizzare la dote ereditata (dai padri) e un bacino elettorale assai generoso (in passato). Scoma e Germanà sono stati prima illusi poi “risucchiati”. Hanno infranto il sogno di una vita in dinamiche più grandi di loro, che hanno finito per travolgerli.

Partiamo da Ciccio Scoma: già vicesindaco di Palermo ai tempi di Diego Cammarata, negli ultimi tempi è stato protagonista di un triplo carpiato: da Forza Italia, abbandonata per alcune incomprensioni con il commissario Gianfranco Micciché (che non si sentì di promettergli la poltrona da sindaco di Palermo con tanto anticipo), a Italia Viva, il partito di Matteo Renzi; e per finire alla Lega, dove a lungo è stato in ballo per una candidatura da primo cittadino. Agognata, desiderata, e infine “calpestata”. Il Carroccio, che aveva perorato la sua causa (forse) senza troppa convinzione, ha scelto di esautorarlo in nome dell’alleanza con Forza Italia, preferendogli l’amico rivale Ciccio Cascio, quello col pedigree migliore. Francesco, figlio di Carmelo Scoma, già sindacalista e sindaco di Palermo dal ’76 al ’78, non ha accettato la retrocessione a vicesindaco e ha detto ‘no’ al ticket, adducendo motivi di incompatibilità con la sua carica attuale: quella di parlamentare nazionale. Eletto per cinque legislature consecutive all’Assemblea regionale (raggiunse l’apice nel 2006 con oltre 21mila preferenze) ne è uscito per l’ultima volta nel 2013, quando si candidò e venne eletto a Montecitorio.

E’ passato meno spesso dalle preferenze – quasi sempre eletto in liste bloccate – Nino Germanà. Figlio d’arte, dato che il padre Basilio fu tra i fondatori di Forza Italia in Sicilia nel ’94, oltre che senatore e deputato di lungo corso. Venuto fuori da una famiglia agiata di Brolo, nel Messinese, la carriera di Germanà, che De Luca amorevolmente chiama Ninittu (anche quando lo sfotteva, per la verità) ha attraversato varie fasi. Compresa quella che l’ha fatto propendere per il sogno d’una notte di mezza estate: l’adesione al Nuovo Centrodestra di Alfano. Terminato il sogno, non poté esimersi dal rientro in Forza Italia, abbandonata per la seconda volta a maggio 2020, prima di aderire alla Lega un anno dopo. Sembrava il candidato sindaco ideale per la città di Messina. Ma appena ha capito che non c’era trippa per gatti, e che i leader messinesi del Carroccio avrebbero preferito prenderla alla larga, ha deciso di sostenere Federico Basile, il candidato di Cateno De Luca. Quest’ultimo gli si è presentato sotto casa, la mattina di Pasqua, per una serenata. L’ha conquistato. La Lega, al contrario, s’è frantumata in mille pezzi a causa della sua decisione (“personale”, ci ha tenuto a chiarire il segretario Minardo). E, comunque, pur sempre un ripiego. Voleva fare il sindaco, tutt’al più finirà come stampella. Come Scoma. Più di Scoma. Peccato, promettevano bene.