Schifani sul filo del rasoio

Il presidente della Regione Renato Schifani, regista di un sottogoverno a tinte azzurre (foto Mike Palazzotto)

E’ l’ultima settimana di tregua, poi bisognerà decidere. In attesa del ballottaggio di Siracusa, dove il centrodestra rischia di consumare il suicidio perfetto, Renato Schifani già pensa ai prossimi assetti di governo. Aveva promesso un “tagliando” entro l’estate, ma i partiti non sono d’accordo: dalla Dc agli Autonomisti, passando per la Lega, nessuno è disposto a fare concessioni. Il destino di Mimmo Turano è quasi segnato perché Schifani non può permettersi di ignorare le pressioni di Fratelli d’Italia che spingono per la ‘cacciata’ dell’assessore all’Istruzione, reo di aver provocato la sconfitta di Trapani. Anche se Sammartino, vicepresidente della Regione e colonnello salviniano in pectore, ha già detto che in caso di “revisione” all’esecutivo, tutti gli assessori dovranno sentirsi in discussione.

Che non sia un periodo facile per il centrodestra, si evince da una serie di dichiarazioni che altro non fanno che aumentare la pressione e caricare di responsabilità il governatore. Una di queste, attraverso un’intervista a Live Sicilia, porta la firma di Carolina Varchi, vicesindaco di Palermo e deputata nazionale di FdI: “Alla Regione c’è un problema politico di cui Schifani si è già fatto carico (l’affaire Turano, ndr) e colgo un altro segnale d’allarme: nei comuni al voto nel Palermitano il centrodestra non è quasi mai stato unito e alcuni esponenti della maggioranza si sono sistematicamente alleati con De Luca”.

La contestazione non serve – non soltanto – a puntare il dito contro una serie di posizioni personali che hanno inficiato la geografia del voto e di governo. Ma anche a individuare il responsabile numero uno di queste spaccature: ossia il presidente della Regione, che alla vigilia delle elezioni si era deciso a scendere in campo per garantire l’unità e la coesione del centrodestra. Col senno di poi, la missione è fallita. Una fotografia serena e senza fronzoli arriva anche da Raffaele Lombardo a ‘La Sicilia’: “Schifani caccerà Turano? Non so… visti i precedenti di Alcamo e alla luce dei riconoscimenti rivolti a Salvini?!?! Mi pare arduo. Dopo il 12 giugno semmai occorre una riflessione sul consenso del centrodestra e in particolare sui capoluoghi. Difficile Siracusa, a Trapani male, a Ragusa un sindaco allergico ai partiti che stravince. Un fenomeno, quest’ultimo ragusano, di fermezza e di coerenza. Se attecchisse in tutta la Regione, avremmo finalmente la Sicilia autonoma”.

Cambia il punto d’osservazione ma non la sostanza. Gli squarci del centrodestra diventano voragini. Come a Siracusa, dove nel weekend è andato in scena il prequel del (possibile) suicidio perfetto. L’ex assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera, forte del 9% ottenuto al primo turno, ha scelto chi appoggiare: ossia il sindaco uscente. “In Francesco Italia ho trovato ascolto, voglia di portare avanti il nostro programma, ampia disponibilità a lavorare insieme e a condividere le scelte per la Città e un gruppo umano fatto da tante persone per bene. Il primo giorno lo avevo dichiarato: mai con Messina e Gennuso! Avanti tutta…”. Bandiera, che in caso di vittoria sarà vicesindaco, ha parlato di “etica della coerenza” e scaricato Schifani, dal quale si sarebbe aspettato delle scuse per il trattamento ricevuto in campagna elettorale, quando decise di spianare la strada ai Gennuso.

Il risultato? Forza Italia è spaccata e il consenso nelle urne si è dimezzato rispetto alle ultime Regionali, passando dal 14 al 7% circa. Il candidato a sindaco azzurro, Ferdinando Messina, ha ricevuto l’appoggio del renziano Garozzo, ma dovrà fare i conti con l’esito delle urne che a questo punto appare molto incerto. Non bastasse il clima d’incertezza, anche la DC di Cuffaro – a seguito dell’esclusione dalla squadra assessoriale – ha ritirato il simbolo dalla coalizione: “Vi è stato un chiaro e preciso intento di mortificare e delegittimare il ruolo del Partito e del nostro segretario regionale”.

Mentre nella città di Archimede – l’unico capoluogo ad essere al ballottaggio – si discute, anche sul piano del governo Schifani dovrà garantire solidità. A partire dalla scelta politica di rimuovere Mimmo Turano. Un epilogo richiesto dai meloniani a più voci. L’ultima è quella di Salvo Pogliese, che a Catania, nonostante le recenti dimissioni da sindaco, è riuscito a garantirsi una buona fetta di consiglieri comunali: “Sono amico personale di Turano, ma quello che è accaduto è particolarmente grave – ha spiegato il senatore, nonché coordinatore di FdI per la Sicilia orientale a Live Sicilia -. In un capoluogo di provincia tanto importante il centrodestra doveva andare compatto sul candidato della coalizione, Maurizio Miceli. La lista vicina a Turano ha determinato invece la vittoria di Tranchida. Ripeto: è gravissimo. Anche perché il presidente si è era espresso personalmente per l’unità. Siamo costretti a prenderne atto”.

Tutti ricordano a Schifani ciò che aveva detto e ciò che aveva fatto. Nessuno è disposto a perdonargli un passo falso. I numeri parlano chiaro, e talvolta gridano vendetta.

Alberto Paternò :

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie