Alla maggior parte il nome di Maurizio Costa – non ce ne voglia il diretto interessato – non dirà nulla. Si tratta del direttore generale del dipartimento Energia, che da poche ore è finito nella black list di Renato Schifani. Una lista che contiene personalità più celebri, come Gianfranco Micciché, ma anche qualche burocrate capitato al posto sbagliato nel momento sbagliato: come Gaetano Sciacca, ex dirigente (sempre all’Energia), messo all’indice per aver imposto una riflessione sulla realizzazione degli impianti di energia rinnovabile; o Aurelio Angelini, ex presidente della commissione Via-Vas (quella che rilascia le valutazioni d’impatto ambientale), rimosso dall’incarico (formalmente s’è dimesso) allo scopo di “migliorare progressivamente il rapporto tra istanze procedibili e provvedimenti emanati e tempi di svolgimento delle procedure medesime”. Secondo Schifani, in pratica, faceva da tappo al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti.
Ma anche con altri burocrati, come dimostra il caso Cannes, il presidente della Regione non sembra aver instaurato un buon rapporto. A tratti sembra di scorgere nell’atteggiamento di Schifani un rimando al suo predecessore, anche se non siamo ancora alle accuse di “grattapancismo” formulate da Musumeci. Nel corso della presentazione di un’opera a Villa Malfitano, sabato mattina, il neo governatore di Forza Italia si limitava a dire che “dobbiamo essere orgogliosi della bellezza della Sicilia e lavorare tutti insieme per renderla ancora più bella. Questo è quello che sto tentando di fare, a costo di essere anche un po’ martellante nei confronti del governo nazionale e della burocrazia regionale. C’è un grande lavoro da fare, rompendo certi schemi che tendono all’immobilismo e che stanno dando dei mal di pancia a qualcuno. I tempi della burocrazia, infatti, sono a volte elefantiaci. È un sistema che dobbiamo cambiare e migliorare, e io ci sto provando”.
Nello spazio di qualche ora avrebbe dimostrato in che modo: cioè attaccando pubblicamente Maurizio Costa, capo dipartimento all’Energia, per il mancato completamento dei lavori al Castello Utveggio di Palermo, dove le opere di riqualificazione avrebbero dovuto completarsi entro sette mesi dalla consegna dei lavori (avvenuta nell’agosto 2021 a una ditta di Favara). Piccolo inciso: Costa è in carica da meno di Schifani, essendo stato nominato ad interim – nell’attesa di completare gli atti d’interpello per figure ‘esterne’ all’Amministrazione – il 10 febbraio scorso. Eppure “il direttore generale Maurizio Costa ha dichiarato di essere totalmente all’oscuro dell’andamento dei lavori e dei termini contrattuali – ha detto il presidente della Regione -. Attiverò immediatamente tutte le procedure finalizzate a individuare le responsabilità. Ho convocato per martedì prossimo una riunione con lo stesso direttore generale del dipartimento Energia, arrivato oggi completamente impreparato, che mi presenterà una relazione scritta con la ricognizione della situazione amministrativa e tecnica dello stato delle opere”. Dietro la lavagna. Come i bambini indisciplinati alle elementari.
“Purtroppo – ha aggiunto Schifani – questo è un chiaro esempio, certamente non virtuoso, di una Sicilia che fa di tutto per mortificare le proprie potenzialità di crescita. Palermo e la Sicilia non meritano queste offese e non possono più consentirsi queste gravissime inefficienze. Mi riservo di trasmettere tutti gli atti alla Procura della Repubblica di Palermo per l’individuazione di eventuali profili penali”. Il motivo di tanta ira si spiega con un precedente: “Ero già stato a metà dicembre per un sopralluogo in cantiere – ricorda il governatore – contestando già allora il mancato rispetto dei tempi e, anche in quell’occasione, mi era stato assicurato che la consegna sarebbe avvenuta entro marzo. Mi ero fidato ma con una certa riserva. Oggi riscontro con amarezza che la mia fiducia è stata mal riposta e che il termine dei lavori anticipatomi non sarà assicurato”.
Quando a Schifani capitano di questi intoppi, va fuori di sé. E’ accaduto col caro voli: a dicembre fu costretto a tornare in Sicilia via mare, essendo gli aerei pieni in ogni ordine di posto. E in quel caso tuonò contro “il cartello” formato da Ita e Ryanair, denunciando tutto all’Antitrust. Risultati? L’introduzione del terzo vettore aereo e prezzi ancora alle stelle. Poi, più o meno nello stesso periodo, gli capitò di percorrere l’autostrada Palermo-Catania sopportando la tristezza di 45 deviazioni e/o interruzioni: l’occasione tornò buona per attaccare a testa bassa l’Anas, che fu intimata a rivedere la cantierizzazione dei lavori lungo l’arteria che unisce i due capoluoghi.
Visto che il governatore è così incline alla denuncia, non gli sarà sfuggito il terribile misunderstanding (causato dalla burocrazia?) sul caso Cannes, quando un decreto del 20 dicembre scorso, a sua insaputa, finanziò alla lussemburghese Absolute Blue, senza bando, una mostra fotografica a Cannes dal valore di 3,7 milioni di euro. Sul decreto c’era la firma di Franco Fazio, direttore ad interim al dipartimento Turismo, e soprattutto del dirigente della Sicilia Film Commission, Nicola Tarantino. Non una parola, pubblicamente, nei confronti dei due. Solo qualche scaramuccia sulla matrice politica di quella operazione, che venne individuata nell’assessore dell’epoca Francesco Scarpinato. Eppure anche Scarpinato fu graziato, e mantenuto in giunta con un’altra delega (ai Beni culturali). Mentre il ritiro degli atti in autotutela, promosso dallo stesso Schifani dopo un’inchiesta giornalistica, è stato il baratto con una doverosa pretesa di verità, che per il momento è stata tralasciata. Sarà cura della Corte dei Conti e della Procura di Palermo occuparsene.
Ma senza andare troppo indietro – la Cts di Angelini è stata smantellata – il presidente si occuperà certamente del calvario dei 487 funzionari amministrativi, che otto mesi fa hanno vinto il concorso per i Centri per l’impiego e non hanno mai preso servizio. A causa di una serie di pasticci su cui la dirigente della Funzione pubblica Carmen Madonia, ex componente dell’ufficio di gabinetto di Musumeci, s’è soffermata in commissione Affari istituzionali. Il problema sta a monte: ossia la valutazione (errata) dei titoli di studio da parte della commissione esaminatrice, che entro i prossimi 30 giorni, stando alle indicazioni dei giudici del Tar (che ha accolto un ricorso), dovrà rivedere le graduatorie. Molte cose potrebbero cambiare. E chi già pensava di essersi guadagnato il “posto fisso”, adesso rischia di soccombere. In questa storia la Regione siciliana non ci fa una bella figura, avendo già annunciato a inizio anno il via libera alla scelta della destinazione di lavoro. Oltre al danno, per i partecipanti, è arrivata anche la beffa: il dipartimento alla Funzione pubblica, infatti, soffre di gravi carenze d’organico (non da ora) e non riesce a smaltire il lavoro propedeutico all’attivazione di altre procedure concorsuali. E per tutto questo, di chi è la colpa?
C’è infine un’altra questione da sollevare. Perché richiama, come spesso accade, l’inerzia della Regione di fronte all’utilizzo delle risorse pubbliche che provengono dall’Europa. E’ il caso dei 180 milioni previsti dal Po-Fesr 2014-20 per colmare il gap fra le aree interne (Madonie, Nebrodi, Sicani, Calatino e Val Simeto) e le zone urbane. Soldi destinati alla viabilità, alla digitalizzazione, all’efficientamento energetico, alla sanità, che bisognava spendere entro la fine dell’anno, pena la restituzione a Bruxelles. I sindaci hanno già denunciato la questione all’Ars, segnalando che sono stati finanziati meno della metà dei progetti (92 su 211), e parecchie decine di milioni di euro rischiano di andare persi, a meno che i progetti relativi non ancora finanziati non vengano messi in salvaguardia. Per citare alcuni esempi: all’assessorato all’Energia sono fermi 56 progetti per realizzare pannelli fotovoltaici sui tetti di scuole e edifici pubblici, mentre si sono perse le tracce dei dieci milioni di euro per opere contro il dissesto idrogeologico. Anche se il via arrivasse adesso, sarebbe impossibile certificare la spesa entro il 31 dicembre (l’assessore Falcone ha comunque garantito che non si perderà un solo euro). Qualcuno ha rallentato ancora una volta lo sviluppo. Ma Schifani, al netto di qualche caldana esternata sulla stampa, cosa farà in futuro per impedirlo ancora?