Schifani in ginocchio da FdI

Il presidente della Regione, Renato Schifani, e l'ex assessore al Turismo, Manlio Messina, col presidente del Coni Malagò

E’ già un paradosso che Fratelli d’Italia organizzi un convegno sul turismo, materia sulla quale da sei anni – da quando i patrioti la gestiscono – gli scandali si accavallano. Ma è ancor più un paradosso che il presidente Renato Schifani, lo stesso che ha ritirato in autotutela il provvedimento su Cannes (persino il Tar gli ha dato ragione), si presenti al cospetto di Manlio Messina, l’ispiratore del piano diabolico, per ringraziarlo di aver “internazionalizzato la nostra immagine”. Non c’è nulla di sensato in quanto accaduto sabato scorso a Brucoli, trasformata nel quartier generale della corrente turistica di Fratelli d’Italia. Ma proprio nulla. Nemmeno il tentativo di disgelo dello stesso Schifani nei confronti di un partito che, a tratti, lo aborra.

E’ accaduto mille volte che il presidente di Forza Italia e i “cugini” si scontrassero pubblicamente. Basti vedere cos’è accaduto a Fontanarossa, terreno di conquista conteso a Schifani dal ministro Urso; o nella Struttura commissariale di depurazione delle acque, dove le nomine troppo “meloniane” dei ministri Fitto e Pichetto Fratin hanno fatto imbufalire l’ex presidente del Senato, alla ricerca di competenze che neppure i suoi “scienziati” (cit.) possiedono. Insomma, l’ultima fase della legislatura è stato un duello perenne, quasi fratricida. Per non parlare della prima. Alla luce di quanto successo lo scorso gennaio, nei giorni in cui scoppiò lo scandalo di Cannes, è davvero impensabile che Schifani continui a servirsi delle consulenze di Messina (“Mi dà alcuni consigli” ha rivelato a Brucoli), oltre che di Elvira Amata, per dirimere le questioni dell’assessorato. E che lo stesso Schifani incolpi “certa stampa” di aver costruito una narrazione parallela rispetto alla realtà.

Ecco perché. Torniamo al 14 gennaio 2023. Un paio di settimane dopo l’affidamento da 3,7 milioni alla lussemburghese Absolute Blue (senza gara) per allestire la mostra fotografica “Sicily, women and cinema” al Festival di Cannes – un provvedimento contestato da Schifani perché rappresentava “un danno d’immagine” all’Isola – l’ex assessore Manlio Messina compare in tv. Ospite di Luca Ciliberti ad Antenna Sicilia apre il fuoco contro il governatore: “In merito all’edizione del 2023 – disse Messina – la proposta della Regione alla società Absolute Blue, quella della Absolute Blue alla Regione, la contrattazione, i termini su quanto spendere e come spendere quei soldi, tutto viene fatto in un arco temporale che va dal 20 ottobre all’11 novembre, ovvero quando io non sono più assessore al Turismo e non lo è ancora Scarpinato. L’assessore al Turismo ad interim, in attesa delle nuove nomine, era proprio il governatore Schifani. A questo punto, o Schifani non ha guardato le carte, e questo sarebbe gravissimo, oppure non le ha sapute leggere”.

Parole pronunciate in tv, che restano agli atti, e che Schifani eviterà di commentare per non chiudere anzitempo la sua esperienza di governo. Messina, d’altronde, era un esperto in materia. Da assessore al Turismo del governo Musumeci, infatti, aveva destinato 91 mila euro nel 2021, e 2,2 milioni nel 2022, alla società di Patrick Nassogne per l’allestimento di una mostra in dodici scatti all’hotel Majestic. Era stato sempre lui a stanziare 414 mila euro per sponsorizzare la Regione a ‘Ballando con le Stelle’ (nell’ambito dell’altro fallimentare programma: SeeSicily), e quasi 11 milioni per far passare dall’Isola il Giro d’Italia targato Rcs Sport, la società di Urbano Cairo. Ma anche ad aver finanziato una serie di campagne pubblicitarie sui media nazionali, nelle stazioni e negli aeroporti. Tutta una serie di provvedimenti finiti nel mirino della Procura di Palermo e della Corte dei Conti.

Una serie di iniziative di pregio – anche se Schifani ne ha cancellata un’altra: la Palermo Sport Tourism Arena, finanziata per mezzo milione circa – che avrebbero dato lustro alla Sicilia, confermando il trend di un’amministrazione che oltre a “internazionalizzare il brand” non ha mai lesinato risorse. Come gli oltre 24 milioni destinati alla voce ‘comunicazione’ da SeeSicily, il programma che avrebbe dovuto sostenere la ripresa degli albergatori dopo il Covid (invece i contratti con decine di strutture ricettive sono stati revocati perché i voucher sono rimasti invenduti). “Mentre qualcuno si lamenta e alza polveroni squallidi sulle risorse spese per promuovere la Sicilia ma solo perché non possono mettere le mani su questi soldi con i loro amici – diceva Messina ancor prima dell’intervista tranchant contro il governatore – noi continuiamo a raccogliere i frutti del grande lavoro fatto. Voi raccattate sagre di paese e fuochi d’artificio, noi pensiamo a rendere sempre più grande e conosciuta la nostra Isola nel mondo!”.

Questo era il verbo di Messina e, a riprova dello scetticismo di Schifani, c’è anche il tentativo di far fuori Scarpinato, nella doppia veste di capro espiatorio e agnello sacrificale (fu nominato in giunta nonostante la mancata elezione all’Ars). Che però non è mai stato sacrificato fino in fondo. Lo stato maggiore di FdI non l’ha permesso. Il presidente della Regione si è potuto concedere un solo sfizio, all’indomani di Cannes: trasferirlo ai Beni culturali per ottenere in cambio la promozione di Elvira Amata, altra fedelissima del Balilla. A conferma di una continuità amministrativa che da indigesta è diventata l’unico digestivo possibile per non mandare il governo a rotoli. Che dopo tutto questo Schifani si presenti a Brucoli a baciare la pantofola di Messina, a dire che va tutto bene, e che ogni tanto si affida ai suoi consigli, suona sinistro. Rappresenta uno schiaffo alla dignità e alla coerenza istituzionale. Ma è, forse, l’ultimo scatto per la sopravvivenza, e oggi ne ha bisogno più che mai in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.

Anche perché Raffaele Lombardo gli ha appena recapitato un bel pacco. L’alleanza con Salvini indebolisce i progetti di grande centro, di una Forza Italia aperta, inclusiva e plurale, che lo stesso Schifani aveva immaginato (nella speranza di drenare consenso agli ex governatori, gli resta Cuffaro, per rafforzare la propria centralità). La strategia del leader autonomista, invece, lo costringe a ricalcolare gli spazi, a fidarsi più di se stesso e meno degli altri, a rivedere la rosa dei “candidabili”: se prima sembrava scontato il sostegno a una donna della DC – Francesca Donato – adesso rispunta l’esigenza di un esponente di bandiera, di un europarlamentare forzista (Caterina Chinnici?). Insomma, Schifani sembrava poter percorrere l’autostrada del Sole (o la Palermo-Catania) col braccio fuori dal finestrino. Invece si ritroverà a sgomitare perché nessuno è disposto a regalargli nulla: tanto meno gli “amiconi” di Fratelli d’Italia.

Costantino Muscarà :

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