Anche all’interno di Forza Italia, come alla Regione, è partita una campagna di prevenzione anti-incendio. L’obiettivo (non dichiarato) di Renato Schifani, in qualità di leader del partito (dietro la ‘maschera’ di Marcello Caruso) è salvarsi dalle ire funeste di Antonio Tajani, il segretario nazionale, qualora Caterina Chinnici – designata capolista per le Isole – non dovesse essere eletta.
I segnali ci sono tutti, ma ci arriveremo tra poco. Alcuni indizi, però, sono visibili a occhio nudo: Schifani, nel giorno della firma dell’Accordo di coesione con la Meloni al Teatro Massimo di Palermo, si è scapicollato fino a Villa Malfitano, per presentare l’eurodeputata uscente agli amministratori locali del suo partito (insieme al terzo incomodo Marcello Caruso); mentre, in seguito, ha fatto capolino all’iniziativa di Raffaele Lombardo, alle Ciminiere di Catania, per la stessa ragione: dimostrare di aver digerito la presenza in lista della Chinnici e suggerire agli azzurri – ma in quel caso era una platea autonomista – che il voto a Santa Caterina dei Misteri è utile.
Utile a chi? A lui ovviamente. Il presidente della Regione in carica, candidato alla presidenza da Ignazio La Russa e Fratelli d’Italia – un peccato originale che spesso gli rinfacciano – non ha mai avuto posizioni tenere nei confronti di Tajani, esternandolo alla vigilia dell’ultimo congresso dei berluscones (sulla visione del partito “inclusivo” e sulla reclamata rappresentanza da parte delle regioni del Sud). In seguito alla stroncatura come vicesegretario, Schifani è stato nominato presidente del Consiglio nazionale di FI, un organismo inutile e alquanto velleitario. E fingendo di mandare giù l’amaro calice, ha iniziato a lavorare in contrasto con la candidatura di Chinnici, “colpevole”, per altro, di aver ostruito l’ingresso in Forza Italia all’amico Cuffaro.
Con perseveranza, gli unici sforzi profusi da Schifani in questa campagna elettorale sono andati a supporto di Edy Tamajo, che stando ai rumors di queste ore avrebbe il seggio assicurato. Ciò che trapela di scioccante, però, è la corsa al secondo posto, da cui la Chinnici sembrerebbe tagliata fuori: se lo giocano Marco Falcone, un altro dei nemici “interni”, e l’avvocato Massimo Dell’Utri, sostenuto a furor di popolo dalla DC. Così, l’ex europarlamentare del Pd, dovrebbe accontentarsi della quarta piazza, che le garantirebbe l’accesso a Bruxelles solo per intercessione divina. In sostanza le servirebbe un miracolo. Della serie che Forza Italia si attesti su una percentuale fra il 18 e il 19% e riesca a far scattare, grazie al meccanismo dei resti, il secondo seggio; e che sia il primo che il secondo arrivato (Tamajo e Falcone?) decidano di rinunciare all’incarico in Europa per conservare quello di assessore regionale (in ogni caso la figura di Chinnici-quarta resterebbe comunque barbina).
Ma che a Forza Italia scatti il secondo seggio non è affatto scontato. Anzi. Nell’ipotesi più verosimile che il seggio sia soltanto uno, la Chinnici sarebbe praticamente fuori (nonostante il supporto di Lombardo e del Mpa). Con un clamoroso danno d’immagine per Tajani, che l’ha scelta; e per Schifani, che non l’avrebbe sostenuta con il necessario coinvolgimento. Da qui rincorsa del governatore, che in queste ore starebbe cercando di riparare a settimane d’inedia coinvolgendo i grossi gruppi elettorali (specie quelli a supporto del candidato di punta, Tamajo), invitandoli ad aggiungere fra le preferenze quella per l’amorevole Caterina. Il gioco è stato svelato da esponenti del centrodestra e non è più un mistero neppure nelle chat.
Ma cos’accadrebbe davvero in caso di mancata elezione da parte della Chinnici? Intanto sarebbe un precedente grave, poiché significherebbe una perdita secca d’autorevolezza da parte del segretario nazionale e successore di Berlusconi. Il quale saprebbe già chi incolpare: cioè la coppia Schifani-Caruso, che pur avendo il controllo del governo e del partito, non è riuscita a ottemperare la missione di accompagnare Caterina in Europa con la manina. Un simile scenario ne aprirebbe altri a cascata: il possibile attentato alla leadership siciliana del governatore, il rafforzamento di alcuni canali (è già stato aperto quello con il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla), un’eterna discussione sul rimpasto di giunta. Insomma, il caos.
Anche se Forza Italia non sarebbe l’unico soggetto a rischio in questa contesa elettorale. Trema pure la Lega: il partito di Salvini si gioca la conquista di un seggio con l’Avs di Leoluca Orlando, mentre Cinque Stelle e Fratelli d’Italia potranno contare su un paio di eurodeputati a testa. Il resto è conteso e contendibile. E’ una sfida che non deciderà le sorti dell’Europa, ma qualche testa a Palermo potrebbe cadere. Con ripercussioni non indifferenti sul governo che non ha mai iniziato a governare.