Schifani, il quasi patriota

Il presidente Schifani tra il vicesindaco di Palermo Giampiero Cannella (FdI) e il deputato regionale Marco Intravaia (FI)

Che Schifani non nutrisse particolare stima per i deputati di Forza Italia s’era già capito il mese scorso, quando al posto di Marco Falcone decise di nominare all’Economia un altro “tecnico” (dopo la Volo alla Sanità). Cioè quell’Alessandro Dagnino che, per intraprendere la carriera politica nella scuderia del presidente, ha rinunciato alla causa relativa al giudizio di parificazione del rendiconto 2021, in cui la Regione è contrapposta alla Corte dei Conti: gli subentrerà, come racconta Accursio Sabella su Repubblica, un avvocato associato del suo studio. Poco male.

La questione, però, è un’altra e riguarda l’apertura del presidente della Regione nei confronti dei partiti che lo sostengono. Bastano pochi esempi per cogliere le sfumature dei rapporti. Da un lato c’è Forza Italia, il suo partito, che annaspa senza incarichi di rilievo e, di conseguenza, senza lasciare alcuna traccia nell’azione di governo. Dall’altro c’è Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, di cui Schifani ha infinita considerazione: in materia di turismo, ma anche di cultura, musica, cinema, infrastrutture. E persino Agricoltura e Pesca (citofonare Lollo). L’unico patriota che Re Renato non ha mai mandato giù è Nello Musumeci, e non perde occasione per farglielo notare: l’ultima richiesta, smozzicata fra i denti, riguarda la liquidazione di altri 20 milioni a titolo di risarcimento per la siccità che attanaglia l’Isola. Un provvedimento figlio della dichiarazione dello stato d’emergenza, che ha già portato il Dipartimento di Protezione civile, l’estate scorsa, a sganciare una cifra di pari importo.

Ma a parte Musumeci, prevale un sentimento di rispetto e, a tratti, di venerazione. Alimentata financo dalla decisione del Senato di approvare l’emendamento alla Legge Omnibus attraverso il quale si conferiscono al presidente della Regione gli stessi poteri del sindaco di Roma Gualtieri in materia i termovalorizzatori, con la possibilità di accelerare l’iter fino alla fase dell’appalto: “È un provvedimento necessario – hanno detto i senatori di FdI – perché il sistema delle discariche in Sicilia è ormai saturo e i Comuni sono costretti a spendere oltre 400 euro a tonnellata di rifiuti al fine di conferire in discarica o esportarli. Un sistema inaccettabile, in termini economici e di sostenibilità ambientale. Per questo la realizzazione dei termovalorizzatori è urgente e noi di Fratelli d’Italia la caldeggiamo da sempre”.

A dimostrazione di un feeling sempre più robusto, Schifani non ha più messo bocca sulle abilità di Francesco Paolo Scarpinato, dopo il trasferimento dal Turismo ai Beni culturali per l’episodio di Cannes. L’assessore venne nominato in giunta a seguito della mediazione del vicecapogruppo di FdI alla Camera, Manlio Messina, pur non essendo stato eletto all’Ars, e nonostante il flirt con Cateno De Luca e gli strafalcioni sui ticket d’ingresso nei parchi archeologici, è rimasto in carica in una delle caselle più prestigiose. Ma anche l’assessore Elvira Amata, altra allieva del Balilla, continua a godere della più completa libertà d’azione, che si traduce in immunità politica. Sebbene il suo operato, come sollevato di recente dall’on. Marco Intravaia, transitato in Forza Italia, è suscettibile di alcune disparità di trattamento: “Resto attonito dalle notizie che trapelano dalla conferenza per la presentazione della Settimana di Musica Sacra di Monreale, – ha detto Intravaia – e cioè che alla manifestazione che si svolge nel duomo Unesco, giunta alla 66esima edizione, sarebbero stati destinati solo 10 mila euro per la promozione promo-pubblicitaria, a fronte di un finanziamento complessivo, comprendente anche la Belliniana, di un milione di euro”.

L’ex segretario particolare di Musumeci, che a Monreale ricopre il ruolo di presidente del Consiglio, presenterà un’interrogazione per svelare l’arcano. Schifani però non ha mosso un dito, anche se la discussione potrebbe essere emersa durante la Coppa degli Assi, l’appuntamento equino che il presidente della Regione ha riportato a Palermo da due anni (liberandosi del fardello di Ambelia). Lui e Intravaia si sono fatti fotografare, in polo, assieme al vicesindaco palermitano Cannella. La delegazione più massiccia era, per l’appunto, quella patriota. Assieme agli Internazionali di Sicilia, giunti alla 60.ma edizione, la Coppa degli Assi è stata la vetrina di Fabrizio Bignardelli, l’ex segretario particolare di Cuffaro, oggi show director dei due eventi, che si prodiga per consentire alla corrente palermitana di Fratelli d’Italia (rappresentata anche dalla deputata Carolina Varchi e del senatore Raoul Russo) di ben figurare.

Finora era parsa preponderante la corrente etnea, quella di Gaetano Galvagno e Ignazio La Russa, anche se Manlio Messina, dalle colonne di Live Sicilia, ha provato a fare chiarezza: “Se venisse fuori una corrente Giorgia Meloni ne decapiterebbe l’eventuale capo. Ci possono essere delle idee diverse ma non delle correnti, e alla fine si fa comunque sintesi”. Schifani, gliene va dato atto, non fa particolari differenze. Ha partecipato alla vetrina del G7 con Lollobrigida, e sarà presente pure al Brucoli Resort, nel weekend, dove il Balilla impartirà lezioni sul turismo: “SeeSicily? L’Ue ritiene che ci siano delle criticità, in particolare su alcune somme non ritenute ammissibili dalle istituzioni comunitarie (…) ma se anche avessimo saputo di questi problemi, avremmo messo in campo ugualmente quelle misure che hanno aiutato le imprese”, ha dichiarato con una discreta faccia tosta.

Con l’ala di Galvagno e La Russa, invece, resta in ballo la questione della guida del Teatro Massimo. Il ticket con Lagalla sui vertici della Fondazione – Betta sovrintendente e Venezi direttore artistico – è emerso sull’asse Roma-Palermo. E il principale interlocutore di Schifani per decidere le sorti di una fra le più prestigiose istituzioni liriche non è il Ministro della Cultura Alessandro Giuli (che infatti “minaccia” sorprese), bensì il presidente del Senato. La seconda carica dello Stato che, muovendosi di soppiatto, ha infilato i propri seguaci nelle posizioni apicali (vedi la presidenza dell’Ars) e persino nel sottogoverno e nella sanità. Schifani gliel’ha lasciato fare, godendo La Russa di un enorme credito di riconoscenza per averlo fatto candidare, nel 2022, alla presidenza.

L’esponente di FdI, diventato da poco cittadino onorario di Ragalna, è l’unico a poterlo convincere della possibilità di fare un passo di lato quando si tornerà al voto per le Regionali. Al momento l’obiettivo è condividere la strategia per il Massimo, evitando che Giuli s’infiltri: “No a nomi calati dall’alto”, ha recitato il governatore. Dall’alto no, da Paternò magari… Ma i deputati di Forza Italia, che assistono ogni giorno a episodi di questo tipo, avranno mai provato una scossa d’invidia o un moto d’impeto? L’ultima foto assieme a Schifani e al commissario Caruso, più che testimoniare la ritrovata coesione nel partito, sembra la presa d’atto di una sottomissione politica. Finché sono presidente, si fa come dico io. E vale per tutti – compresi Lombardo, Cuffaro, la Lega – tranne che per i patrioti.

Alberto Paternò :

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