Schifani e Volo nella bufera

Il nuovo assessore alla Salute, Giovanna Volo, non trova la quadra coi privati convenzionati. E ha già deluso le aspettative dei precari Covid

Nessuno, fra i partiti, ha chiesto ufficialmente la testa dell’assessore Giovanna Volo, reduce da un paio di settimane tragiche in materia di sanità: prima lo sciopero di 1.800 strutture convenzionate, poi le polemiche – ancora roventi – per la gestione delle proroghe del personale Covid. In mezzo la “sfiducia” a mezzo stampa di Fratelli d’Italia, che ha tuonato da Roma contro le scelte “incomprensibili” dell’assessore. Pur nell’imbarazzo delle situazioni rappresentate, Schifani non è disposto a mollare: la Volo, d’altronde, è stata l’unica decisione assunta in solitaria (e consapevolmente) lo scorso autunno, mentre i partiti, dalla Capitale, recapitavano i “pizzini” per nominare in giunta Tizio o Caio. Il governatore, per sfuggire al pressing dei partiti (e di Micciché) s’inventava invece una “fuoriquota”. Un tecnico su cui nessuno, a monte, trovasse da ridire.

Il giochino è durato poco e sta palesando tutti i suoi limiti. A partire dalle abilità dell’assessore, che s’è ritrovata sulla poltrona più scomoda, con alle spalle un’esperienza incompleta, e non pare in grado di gestirla. Anche Forza Italia ha cominciato a prendere le distanze, mentre le opposizioni sono sul piede di guerra da un paio di settimane. Da quella volta che Volo, in aula, fu costretta ad ammettere la sua impreparazione di fronte alle interrogazioni preconfezionate da mesi. E decise di non trattarle. Schifani, nonostante i mugugni, per ora ha deciso di confermarle la fiducia. Anche se sta valutando, secondo il racconto di Repubblica, l’ipotesi di affiancarla con il commissario del Policlinico di Palermo, Salvatore Iacolino, che potrebbe rientrare in ballo per il ruolo da dirigente alla Pianificazione strategica (rimasto parzialmente scoperto dopo l’addio di Mario La Rocca). Si tratterebbe di un commissariamento in piena regola.

Una prospettiva che però non è bastata a rasserenare il clima all’interno della maggioranza. Il centrodestra si avvicina alle elezioni Amministrative della prossima primavera con mille dubbi. Scongiurata l’ipotesi di anticipare il voto (nonostante il pressing della Lega e di Cuffaro) restano da sciogliere i nodi delle candidature. Che non potranno non risentire dell’acrimonia dei partiti verso l’azione di governo. Fratelli d’Italia, ch’era già entrata in combutta con Schifani all’epoca di Cannes, non ha mandato giù la storia dei precari, anche se fin qui ha sempre avuto l’ultima parola sulle decisioni che contano. Spera di spuntarla anche sulla proposta di legge che prevede l’introduzione del terzo mandato per i sindaci dei comuni con meno di 15 mila abitanti, che garantirebbe ad alcuni adepti (fra cui il deputato regionale Nicolò Catania, primo cittadino di Partanna), di rimanere in lizza. Sul tema, però, Schifani è stato inflessibile: “Sarebbe una sicura impugnativa da parte del Governo dinanzi alla Corte costituzionale. È doveroso evitare che si possa legiferare non correttamente per scongiurare che sindaci eletti con questa norma, una volta dichiarata incostituzionale, possano vedere in pericolo la legittimità dei propri atti in danno anche dell’interesse dei cittadini”, ha aggiunto il capo dell’esecutivo.

Forza Italia, ovviamente, caldeggia la linea prudente del governatore. Che, però, anche all’interno del suo partito, non ha raggiunto una condizione d’equilibrio. Almeno finché Gianfranco Micciché, messo fuori gioco all’Ars, non verrà rimosso dal ruolo di coordinatore regionale. Altrimenti – è stato l’avvertimento dell’ex presidente dell’Assemblea – “farò io le liste”. Ogni volta che Micciché parla c’è Pellegrino, il capogruppo schifaniano all’Ars, che lo rintuzza. Spiegando che le liste elettorali, a Catania come altrove, verranno decise da Berlusconi in persona. Ma provate a immaginare per un attimo il Cav. alle prese con telefono e taccuino per stabilire chi si candiderà a Catania (dove Schifani sembra aver ricucito i rapporti fra i due maschi alfa: Falcone e D’Agostino), Siracusa o Ragusa. Impensabile. Per questo il contrasto fra le anime del partito potrebbe tornare d’attualità a ridosso della scadenza per la presentazione degli aspiranti consiglieri. A meno che Berlusconi non decida di assumersi la responsabilità di nominare un nuovo commissario, o meglio, un ambasciatore di pace (Giorgio Mulè?) che si faccia carico di affrontare questa delicata fase elettorale. Non solo nelle proiezioni interne, ma anche verso l’esterno.

FI potrebbe rivestire un ruolo importante nella definizione del candidato a sindaco di Catania, dove prosegue la maretta tra Fratelli d’Italia e la Lega. Nessuno vuole rinunciare a dare le carte. Per il Carroccio s’è già detta disponibile la deputata Valeria Sudano, compagna del vicepresidente della Regione Luca Sammartino. Anche l’attuale segretario regionale, Nino Minardo, ha reclamato concordia: “Il centrodestra siciliano ha due modi di affrontare le prossime elezioni amministrative: o facendosi risucchiare nella girandola dei nomi e dei veti oppure proponendo ai siciliani che vivono a Ragusa, Catania, Siracusa, Trapani, Modica e nelle altre città chiamate al voto progetti amministrativi concreti e candidati di alto livello. Abbiamo l’opportunità storica di poter dare risposte ai territori grazie ad un governo nazionale e regionale di centrodestra. E’ nostro dovere – esorta ancora Minardo – non sprecare questa congiuntura anteponendo l’interesse delle città, l’unità della coalizione e l’allargamento al civismo ai piccoli interessi del proprio orticello”.

Peccato che la stessa Lega non abbia risolto le sue enormi contraddizioni interne. Minardo s’era detto disposto a fare un passo di lato in favore di Annalisa Tardino, che rimane la candidata numero uno alla guida della segreteria. Una figura d’equilibrio, apprezzata anche da Salvini, per evitare la diaspora dei leghisti della prima ora, un po’ tesi dopo l’ingresso del gruppo etneo, capitanato da Sammartino, e trapanese (con Turano dirottato immediatamente in giunta dopo una breve apparizione in campagna elettorale sotto il simbolo di Prima l’Italia). L’unico a reclamare la pace, quella vera, sembra Totò Cuffaro, leader della DC Nuova. L’ultimo appello accorato è per unire le forze a Siracusa, dove il centrodestra si muove alla spicciolata: è recente un asse fra l’ex assessore Bandiera e alcuni politici d’area, fra cui i leghisti Vinciullo e Cafeo, contro l’ipotesi di un candidato patriota. Anche in questo contesto la parola “condivisione” è rimasta a mezz’aria.

L’ultimo protagonista attivo, specie nel Catanese, è Raffaele Lombardo, che attende a giorni la sentenza di Cassazione sul processo che per dieci anni ha condizionato la sua vita oltre che la sua carriera politica. L’asse fra Lombardo, che ha rotto con la Lega prima delle Politiche, e Fratelli d’Italia è molto forte. E potrebbe risultare decisivo nel capoluogo etneo, dove si gioca la partita più delicata e incerta. E dove Schifani, forte dei sondaggi amici, vorrebbe avocare a sé il ruolo di allenatore. Visto quello che è accaduto con la Volo, difficilmente gli verrà riconosciuto.

Alberto Paternò :

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