Schifani e il bilancio delle beffe

Sala d'Ercole. Al centro i presidente Schifani e Galvagno. I deputati non brillano in quanto a iniziativa legislativa

Far quadrare i conti in pochi giorni: è questo l’obiettivo dell’Assemblea regionale, che ancora una volta prova a mettere le falle a una gestione contabile zeppa di errori, come evidenziato dalla Corte dei Conti durante il giudizio di parifica (poi sospeso). Il primo obiettivo – di per sé anomalo – era quello di recepire un emendamento alla Legge di Bilancio dello Stato, non ancora approvata, che concede alla Regione 200 milioni una tantum per l’aumento della compartecipazione alla spesa sanitaria dal 2007 al 2021. Poche briciole, secondo le opposizioni, dato che quindici anni fa il governo nazionale aveva assunto l’impegno (mai messo nero su bianco) di riconoscere alla Sicilia una retrocessione delle accise per oltre 600 milioni l’anno. Sono soldi che, probabilmente, l’Isola non vedrà mai. Anche se nell’accordo sottoscritto fra Schifani e Giorgetti, al Ministero dell’Economia, a “decorrere dall’anno 2023 lo Stato si impegna ad individuare una soluzione al fine di concorrere progressivamente all’onere derivante dall’innalzamento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria dal 42,50% al 49,11%”.

Oggi, però, ci si scontra con un’altra incombenza. Cioè trasferire al bilancio regionale una cifra “indisponibile”: la manovra romana, infatti, è stata approvata soltanto alla Camera. E, se le prassi valgono ancora, bisognerà attendere il pronunciamento del Senato, la promulgazione del Presidente della Repubblica e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. L’ha capito Marco Falcone, che ha stralciato dal testo l’articolo 1 per togliere d’impaccio il governo: “La norma ci consente comunque di potere utilizzare queste somme nel 2023 quindi non c’è nessun motivo di inserirle adesso” ha riferito a Live Sicilia l’assessore all’Economia”. Il ddl sulle variazioni diventa pertanto “un assestamento di bilancio con due articoli: uno di essi – ha riferito Falcone in aula – serve ad accantonare 68 milioni derivanti da economie non spese utili a coprire alcune irregolarità evidenziate dalla Corte dei Conti in sede di parifica. L’altro, meramente tecnico, ci impone di presentare il rendiconto 2021 entro la prima metà di gennaio”.

Per evitare nuove beffe, però, bisognerà mettere a punto gli ingranaggi. Ed evitare che antiche scempiaggini si ripetano. Schifani, che ancora oggi fa sfoggio dei suoi rapporti con Musumeci, ha introdotto nel suo ufficio di gabinetto due ex componenti dello staff di Armao, già vicepresidente e assessore all’Economia (nonché candidato contro di lui alle ultime elezioni), che la Corte dei Conti ha ritenuto responsabile del pasticcio sul disavanzo. Ma anche di errori macroiscopici nell’ultimo rendiconto, approivato sotto la sua supervisione: sono risultati non regolari il Conto economico e lo Stato patrimoniale, eppure l’attenzione di tutti è proiettata soltanto sugli 866 milioni che, in caso di sentenza negativa da parte della Corte Costituzionale, bisognerà accantonare. Tendenzialmente, la norma Salva Sicilia approvata a Roma, nel breve termine servirà ad aggirare questo ostacolo. Il “dopo”, però, è tutto da scrivere.

Nel frattempo l’unica nota certa è che l’Ars non potrà votare le Leggi di Stabilità e Bilancio entro fine anno. Non c’erano i tempi tecnici, e la bozza approvata della giunta era un insieme di titoli da riempire (e senza il parere dei revisori). Così il presidente Gaetano Galvagno ha preferito rimandare la questione a gennaio. Nel frattempo bisognerà procedere con l’esercizio provvisorio di un mese, anche se il documento non sarà approvato dalla giunta prima di giovedì. L’Ars non avrà il tempo di votarlo entro la fine del 2022. “La Sicilia – profetizza Michele Catanzaro, capogruppo del Pd – chiuderà l’anno senza alcuna manovra economica, senza esercizio provvisorio ed inizierà il nuovo anno nella più restrittiva delle condizioni finanziarie: la gestione provvisoria. In pratica la Regione potrà pagare solo le spese strettamente obbligatorie. Il governo Schifani, insomma, aveva annunciato di partire in quarta ed invece ha messo la retromarcia”.

Assai critici anche i Cinque Stelle: “Un aggettivo per definire questo governo? Approssimativo – è il commento del capogruppo Antonio De Luca -. Approssimativo in tutte le fasi dell’accordo con lo Stato: dal viaggio a Roma, al trattamento riservato al Parlamento, alla scrittura di queste norme. Con l’apoteosi della rinuncia a una somma che non è nemmeno in grado di quantificare. “Considerato che questo governo rivendica continuità con l’esecutivo pessimo di Musumeci, non ci meravigliamo di questo disastroso percorso che preannuncia tempi non buoni per i siciliani. L’assessore Falcone porti a conoscenza dell’aula le carte e i risultati prodotti dal tavolo tecnico tra Stato e Regione sul tema e ci consenta di valutare l’operato del precedente e di questo governo regionale invece di andare a tentoni, firmando accordi alla cieca, e informi il parlamento di quanto sta accadendo. Schifani a inizio legislatura aveva garantito che soprattutto nelle questioni più delicate avrebbe aperto un confronto schietto e leale col Parlamento e invece, in un’occasione importante come questa, ha snobbato l’aula, senza nemmeno la copertura di una delibera di giunta, e quindi della sua stessa maggioranza”.

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