Una cosa va detta: Renato Schifani mal sopporta le insubordinazioni. Così, a mezzo stampa, ha freddato l’assessore al Turismo, Francesco Scarpinato, che a poche ore dallo scandalo di Cannes, aveva provato a ribadire la regolarità delle procedure: “Ho chiesto chiarimenti su questa vicenda che sconoscevo. Li attendo”, è stata la replica del governatore. Che in queste prime ore dall’accaduto non ha alcuna voglia di farsi imbonire. Dopo aver chiesto lumi sulla vicenda, Schifani avrà l’obbligo morale di smantellare la fitta trama di soldi e di misteri che percorre l’asse Palermo-Kehlen, sede – quest’ultima – della società di servizi lussemburghese che ha ottenuto l’affidamento diretto per organizzare la prima e la seconda edizione di ‘Sicily, Women and Cinema’ sulla Croisette di Cannes. Costo totale dell’operazione: quasi 6 milioni.

Schifani, un giorno, arriverà a non tollerare neppure lo spreco di risorse pubbliche, specie se provenienti da programmi comunitari (come nel caso dei Fondi di coesione e sviluppo, utilizzati per gli allestimenti all’Hotel Majestic). Nel frattempo dovrà assicurarsi di fare chiarezza, rimettendo ognuno al proprio posto. E avocando a sé il ruolo di decisore finale. In questo primo scorcio di legislatura non sempre è accaduto, anzi sono molteplici i motivi di discussione coi propri assessori. Il “gelo” con Scarpinato è solo la punta dell’iceberg, ma nei primi cinquanta giorni di governo – la giunta è stata nominata il 15 novembre – non sono mancate le polemiche, spesso passate in sordina.

Restando al capitolo più caldo, il turismo, Schifani non avrebbe apprezzato la richiesta di Scarpinato di nominare quale direttore del dipartimento Ignazio Tozzo, attuale ragioniere generale della Regione, già molto impegnato dalla vertenza con la Corte dei Conti. La risposta è stata un due di picche. Inoltre, il governatore sarebbe rimasto impressionato (negativamente, va da sé) per la gestione dell’Orchestra Sinfonica siciliana, che in occasione del concerto di Capodanno – mentre Scarpinato e gli altri scattavano selfie al Politeama – organizzava un sit-in di protesta per chiedere la cacciata dei vertici. A partire dal commissario straordinario Nicola Tarantino, che è anche direttore della Sicilia Film Commission (e tra i protagonisti della spedizione siciliana a Cannes). “È mia intenzione aprire una interlocuzione con i vertici della Foss e con i sindacati per affrontare in maniera concreta i problemi che affliggono questa istituzione culturale di alto lignaggio e che dà lustro al mondo artistico siciliano. Assumo l’impegno di cercare soluzioni possibili, compatibilmente con le norme e con le risorse esistenti”, ha detto Schifani.

Parole vuote finché non saranno tradotte in fatti. Ma il risentimento cominciava a montare: Cannes ha fatto il resto. D’altronde Scarpinato – nelle ultime ore si sono infittite le voci sulla sua sostituzione – è uno degli assessori “imposti” da Fratelli d’Italia, nella lunga filiera che si dipana dal Ministero all’Agricoltura (con Francesco Lollobrigida, cognato della Meloni) fino alla vicepresidenza del gruppo di FdI alla Camera dei Deputati, ruolo occupato dall’ex assessore al Turismo, Manlio Messina. L’altro esponente della giunta che Schifani proprio non voleva, è Elena Pagana, neo assessore al Territorio e Ambiente, moglie dell’ex assessore alla Sanità Ruggero Razza, e figlia di un compromesso che ha riportato sulla scena per qualche ora Nello Musumeci, rimosso troppo in fretta dai fasti di Palazzo d’Orleans. E anche con la Pagana, in questa prima della legislatura, non sono mancati i dissidi. Nonostante l’ex grillina sia stata fra i primi difensori di Schifani di fronte all’accusa di ‘mascariamento’ mossa da Aurelio Angelini, presidente dimissionario della commissione Via-Vas, proprio Schifani ha dovuto prorogare da dieci giorni a due mesi i tempi del bando per il rinnovo dei vertici della commissione stessa: in caso contrario sarebbe stato impossibile reclutare nuove figure e procedere a un cambiamento radicale rispetto all’impostazione originaria (ch’era stato lo stesso Musumeci a fornire nominando Angelini).

Alla vigilia dell’indicazione di Scarpinato e Pagana, Schifani aveva pensato per un attimo di mettersi di traverso. Ma di fronte alla prospettiva che il banco saltasse, e la Sicilia potesse tornare a elezioni anticipate, ha dovuto ingoiare il rospo. Non c’erano problemi, invece, con Marco Falcone. Almeno finché l’assessore all’Economia, con una prestazione colorita, denunciò in pubblico, a una kermesse di Fratelli d’Italia, la lottizzazione dei manager della sanità del governo Musumeci: un tentativo di screditare Micciché e offrire un assist al presidente della Regione, e che invece ha finito per metterlo in imbarazzo. Costringendolo ad archiviare la parola “continuità” – abusata fino ad allora – dal suo dizionario. Qual è stata la contromossa di Schifani, d’accordo con l’assessore Volo? Rendere pubblici i colloqui dei candidati in corsa per l’incarico di direttori generali delle Asp.

Sempre Falcone, in giunta, aveva proposto di impugnare di fronte alla Consulta il dispositivo della sentenza della Corte dei Conti sulla sospensione della parifica: Schifani lo contraddisse, dichiarando “cessata la materia del contendere”. Ma un altro paio di episodi, che connotano la tensione sull’asse forzista, sono stati svelati qualche giorno fa da Marco Romano sul Giornale di Sicilia: “Al presidente – si legge – non era andato giù il ponte che il titolare della delega all’Economia aveva tentato di gettare con l’Assemblea per un complicato varo della manovra prima di Natale, che avrebbe previsto fatalmente qualche compromesso di troppo. Ancora a sua insaputa. Così come a sua insaputa Falcone aveva annunciato tagli orizzontali fra assessorati sulla partizione dell’ex tabella H. Un grave errore, secondo il capo del governo, che invece vorrebbe puntare sul valore dei progetti, piuttosto che su una salomonica ed ecumenica spartizione del bottino fra sagre paesane e iniziative antimafia”.

Il risultato della singolar tenzone è che Schifani ha tolto a Falcone la delega dei rapporti col parlamento, affibbiandola a Roberto Di Mauro, già vicepresidente dell’Ars e neo assessore all’Energia. Col quale le fibrillazioni, per la verità, non mancano. Di Mauro, braccio operativo di Raffaele Lombardo, fu tra i primissimi a ritenere che la realizzazione dei termovalorizzatori avrebbe avuto un impatto devastante per l’economia dell’Isola: “Questi impianti hanno dei costi di gestione altissimi. E questi costi andrebbero sostenuti dalle Srr e dunque dai Comuni con la tariffa di smaltimento. Io credo che senza un contributo pubblico venga a mancare la convenienza a realizzarli”, disse Di Mauro. Provocando la reazione stizzita di Schifani, che ribadì come “impellente” il ricorso all’incenerimento per liberare l’Isola dalla prigionia delle discariche. Ma è di pochi giorni fa la decisione del presidente di revocare una direttiva dello stesso Di Mauro che aveva fatto inalberare Confindustria: riguardava un controllo più rigoroso delle pratiche per la realizzazione degli impianti eolici e fotovoltaici, che avrebbe “sospeso” l’iter autorizzativo fino al 31 gennaio almeno. Un freno intollerabile per Schifani, che ha finito per sovvertire la decisione di cui s’è detto all’oscuro.

Tanti, piccoli episodi che si sommano e restituiscono il clima – non proprio sereno – all’interno di una squadra di governo nominata fra difficoltà e ingerenze, e che alla prima occasione sta rivelando le sue fragilità. In questo clima di tensione e di sospetti reciproci che cosa diventerà la legge di bilancio? Il testo esitato dalla giunta prima di Natale e composto da quindici articoli, approderà la prossima settimana nelle commissioni di merito all’Assemblea regionale e andrà approvato entro il 31 gennaio. Musumeci faceva squadra a Pergusa, spesso la domenica, per rinsaldare lo schieramento. A Schifani toccherà inventarsi qualcos’altro.