Questo appartiene a Tizio, quell’altro a Caio, quell’altro ancora a Sempronio. Ormai sembra chiaro lo scopo delle partecipate regionali. Creare Consigli d’Amministrazione che rispettino i colori e gli equilibri dell’esecutivo di turno. Tutti sanno chi sono, perché – fondamentalmente – sono sempre gli stessi. All’Ast, l’azienda trasporti siciliana messa a soqquadro da un’inchiesta per corruzione e truffa, qualche settimana fa è stato nominato presidente del Cda Santo Castiglione. Catanese, già assessore nel comune etneo e, soprattutto, ex presidente dell’autorità portuale dal 2004 al 2012. Segni particolari: autonomista. Legato, cioè, al partito di Raffaele Lombardo.

Ha preso il posto di Gaetano Tafuri, anch’egli catanese e ‘lombardiano’ doc, che l’inchiesta della Guardia di Finanza ha interdetto dai pubblici uffici per un anno. Al fianco del neo-presidente Castiglione compaiono due volti noti (che non c’entrano nulla con le vicende giudiziarie): il forzista Eusebio Dalì, legato a Gianfranco Micciché e fondatore di un movimento civico in campo per le Amministrative: ‘Palermo merita di più’. E Tania Pontrelli, fedelissima del governatore Nello Musumeci, che faceva parte del coordinamento provinciale di Diventerà Bellissima, già vista nel Cda della Seus, la società di emergenza-urgenza del 118. Uomini e donne che prima di rappresentare gli interessi delle aziende, rappresentano quelli dei partiti. Sarà così per sempre, forse.

Eppure l’ultima governance aveva provato il colpo a effetto. Pubblicare i bilanci su siti e giornali. “E’ una possibilità prevista dalla legge – spiegava Tafuri -: ci è sembrato giusto fare così perché quando si gestiscono risorse pubbliche bisogna essere trasparenti. La mia missione – aveva aggiunto l’avvocato prima di congedarsi – era mettere a posto i conti della società e farla funzionare in modo ottimale per gli utenti siciliani. Per due anni di seguito siamo riusciti a chiudere il bilancio in positivo, senza perdite”. Ma l’inchiesta del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo ha inflitto un altro colpo alla credibilità dell’azienda. Fra le carte, infatti, emerge il ruolo del direttore generale dell’Ast, tale Ugo Fiduccia (nella foto), che avrebbe dato in modo non legittimo l’incarico di revisore contabile ad un professionista, che in cambio avrebbe omesso di segnalare le irregolarità contabili facendo apparire legittimi i bilanci della società pubblica. Tra accuse di corruzione, di appalti truccati, di nomine calate dall’alto, l’impero di carta si è sgretolato.

Fiduccia, fra l’altro, era al centro di una missiva recapitata qualche giorno fa da Luigi Sunseri, parlamentare regionale del M5s, all’assessore all’Economia, Gaetano Armao e al ragioniere generale, Ignazio Tozzo. Oggetto: legittimità del provvedimento di nomina. Un atto risalente al 2016. “In primo luogo – argomenta Sunseri – l’attribuzione dell’incarico di Direttore Generale facente funzione al Dr. Fiduccia, come la stessa terminologia impone, doveva in origine essere “temporanea”. I fatti mostrano però come l’incarico venga di fatto rinnovato – senza soluzione di continuità – da oltre 5 anni, snaturando in questo modo la funzione di reggenza cui è deputato tale strumento”. “In secondo luogo, la nomina sembrerebbe viziata perché in contrasto con l’art. 5, comma 9, del D.L. n. 95/2012, il quale afferma il divieto per le pubbliche amministrazioni “di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza” nonché “di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati”. Invero, il Dr. Ugo Fiduccia, nato nel 1950, ha maturato i requisiti anagrafici per il pensionamento”.

L’unico incarico possibile per Fiduccia – ma non è questo il caso di specie – sarebbe quello di consulente esterno a titolo gratuito. Lo stesso direttore generale, nel 2018, passerà alla storia per aver segnalato dieci dei quaranta autisti assunti dall’Ast: provenivano da Marineo, il suo paese d’origine. Mentre Tafuri, “per alleggerire i costi del personale”, decise di nominare se stesso alla guida della controllata, Ast Aeroservizi, che oggi controlla lo scalo di Lampedusa, con la conseguenza che in capo ad un unico soggetto confluivano simultaneamente il ruolo sia di controllante che di controllore. Una serie di anomalie di fronte alle quali la Regione si è voltata dall’altra parte, non ritenendo utile intervenire. Oggi, quanto meno, dovrebbe arrossire.