Era arrivato in Sicilia come un “marziano”, con l’incarico di stravolgere tutto (soprattutto gli apparati di potere – incrostati e dannosi – che hanno gettato nello sconforto Giorgia Meloni). Ma dopo venti giorni di Luca Sbardella si sono perse le tracce. Si è attovagliato un paio di volte con gli alleati di centrodestra per cercare di dirimere le candidature alle prossime provinciali, lui che di Liberi Consorzi, prima d’ora, non aveva mai sentito parlare; poi ha presenziato ai congressi cittadini che Fratelli d’Italia ha celebrato per superare l’impasse di un imbarazzante commissariamento. Stop.
Le novità sono finite e l’atteso segnale non è ancora arrivato. Ci penserà Schifani, a partire dal prossimo collegato (forse), a proporre un modo, una norma per evitare il marchettificio all’Ars, lo stesso che ha provocato il ribaltone fra i meloniani (con la nota vicenda Auteri). Sbardella, che avrebbe dovuto imprimere un cambio di passo, archiviando le cattive abitudini e mettendo ai margini gli esecutori materiali, è stato inghiottito dal reflusso del volemose bene. Dove l’unico obiettivo è mostrarsi per quello che non si è: uniti. Da qui la lunga caterva di selfie mielosi a cui gerarchi del partito si sono sottoposti nelle ultime settimane.
Del dolce quadretto fanno parte un po’ tutti: dal dimissionario Manlio Messina, ricomparso qualche giorno fa – mano sul petto per cantare l’inno – al congresso celebrato a Ragusa; agli ex segretari, specie Salvo Pogliese, che appare quasi sollevato dall’idea di aver ceduto lo scettro. E non c’è occasione in cui non si rifaccia vivo l’europarlamentare ed ex assessore della Salute, Ruggero Razza: la sua presenza è utile a mantenere in vita l’ala musumeciana, che continua a difendere a spada tratta la posizione (indifendibile) di Ferdinando Croce a capo dell’Azienda Sanitaria di Trapani. La resistenza sta pagando, anche se non è detta l’ultima parola. Piuttosto che cancellare l’onta di una vergognosa gestione, al limite dell’indecenza, Sbardella ha evitato l’ultima spallata al Direttore generale, che sembrava sull’orlo del precipizio. Poteva essere un modo utile per affermare la bontà di una scelta: cioè che bisogna ripartire dalle competenze. Specie nella sanità. Poteva.
Eppure a Trapani non mancano le anomalie: ci sono le sette contestazioni della commissione ispettiva regionale, mandata dall’assessorato, che fra le altre cose ha messo nero su bianco il “sottodimensionamento dei carichi di lavoro per ciascun dirigente medico anatomo patologo”, che anziché trattare 2.500 referti l’anno si è fermato a 1.700 (quando andava bene). Ci sarà spazio anche per le annotazioni degli ispettori ministeriali, ma al momento sembra che a contare più del resto siano le controdeduzioni dello stesso Croce, che si annida dietro il paravento di una Pec e della tesi che il disastro dei tempi di refertazione delle biopsie non costituiscano motivo di revoca dall’incarico. A Trapani, inoltre, ci sono ventimila prestazioni chirurgiche arretrate (queste sì che pesano sulle liste d’attesa e meritano una valutazione impietosa da parte dell’assessorato). Un dipinto surreale.
Di cui Sbardella, dopo venti giorni, non può non conoscere volti e risvolti. Lo stesso commissario, la cui venuta aveva provocato le furenti dimissioni del Balilla dalla vicepresidenza del gruppo parlamentare alla Camera, probabilmente ha preso sotto gamba gli sprechi di denaro pubblico nel campo del turismo e dei beni culturali. Nei rivoli delle manovre finanziarie si sono persi centinaia di migliaia di euro, altri milioni sono stati sperperati nelle misure pensate dall’ex assessore per finanziare progetti di dubbia utilità come SeeSicily. Progetti finiti al centro delle inchieste della magistratura ordinaria e contabile.
Eppure l’ultimo investimento della giunta è un intervento ultra-milionario per la realizzazione della cittadella della cultura di Messina, il regno dell’assessore al Turismo Elvira Amata. L’iniziativa, per togliere ogni dubbio, è stata attribuita all’assessore ai Beni culturali e all’Identità siciliana, Paolo Francesco Scarpinato (patriota un po’ sgualcito dopo il caso Cannes, ma pur sempre un componente della giunta): 24,5 milioni di euro, di cui 16 milioni provenienti dalla programmazione FSC 2021-2027, per il restauro dell’ex complesso ospedaliero Regina Margherita, di cui circa 6 serviranno per acquistare la “Casa Istituto Nostra Signora della Carità del Buon Pastore”.
Un fiume di denaro. Peccato che la cultura non abbia sede soltanto a Messina e che il patrimonio culturale dell’Isola – fatto di parchi, musei, biblioteche – esigerebbe di canali di finanziamento che rispondano a requisiti chiari e precisi, per lo più equi e imparziali. Sarà per la prossima volta. Gli allievi del Balilla e della corrente turistica, anche in questa primissima fase commissariale, continuano ad amministrare con gli stessi metodi e la stessa voracità di prima. Con il medesimo senso d’impunità che li aveva fatti precipitare nella polvere, fino a richiedere l’intervento tempestivo della Meloni.
Il Balilla è stato dimissionato in un angolo, desideroso della rivincita che prima o poi arriverà. Ma altri – a partire dal senatore palermitano Raoul Russo, che del Balilla fu il segretario, il cerimoniere e anche il più fedele servitore – continuano ad agire con la stessa spregiudicatezza, che è pari alla noncuranza dimostrata nei confronti dei temi sacri di questa terra: in primis la salute dei cittadini. Qualcuno avverta Sbardella che lo hanno mandato in Sicilia per dare una sterzata alla ‘questione morale’, non per fare in modo che gli stessi temi si trascinino in eterno; per dare una rinfrescata al quadro dirigente, non per consentire che le istituzioni siano controllate da chi ha già fallito (più di) una volta. Il commissario dovrebbe fare il commissario e metterci una pietra sopra. Ma al momento non è arrivato un solo segnale che vada in questa direzione.