Non bastavano i velinari e i leccaculisti, i truffaldi e i pagnottisti. S’avanza una nuova generazione di giornalisti: i fuffaioli. Sono generalmente dei tipi simpatici. Ogni giorno riempiono pagine e pagine di retroscena anche quando non hanno un solo retroscena da raccontare. “Inventati qualcosa”, intima il vulcanico direttore. E loro scrivono, scrivono… Stando ben attenti però a non sfiorare le questioni scabrose, a tenere le penne fluviali lontane dai tetti che scottano, dagli scandali o dalle malversazioni, dalle arroganze o dalle spregiudicatezze di cui si compone purtroppo la storia quotidiana dei governi e dei cerchi magici, della Regione e dei Comuni. E’ il giornalismo della fuffa, bellezza. Quello che non mette mai il ditino nell’acqua calda, che trasforma le veline dei potenti in interviste e i vuoti d’aria in libertà di stampa. Dategli il Pulitzer.
Beh, loro – i fuffaioli – sanno che il premio Pulitzer magari non lo vinceranno. Ma certamente li troverete dietro la porta dell’Irfis a richiedere i contributi a fondo perduto che la Regione di Nello Musumeci e Gaetano Armao ha messo a disposizione di “tutti gli operatori del settore” – anche dei truffaldi e dei pagnottisti – con il meritevole scopo di sostenere l’editoria in Sicilia, in crisi nera da parecchi anni. Ovviamente senza distinguere tra chi fa informazione, con tutti gli obblighi e i rigori che questa parola comporta, e chi pubblica cataloghi di buoni vini o rotocalchi pubblicitari; tra chi offre ogni giorno ai propri lettori notizie, analisi e commenti dei fatti e chi invece si limita a pubblicare le veline che arrivano dagli assessorati; tra i siti e le agenzie che hanno le carte in regola con i propri dipendenti e gli avventurieri che spacciano per lettori i click comprati da contrabbandieri che operano in Cecoslovacchia e nei paesi dell’Est. Si sa che in Sicilia tutto fa brodo. Ma si sa anche che l’accesso ai truffaldi viene garantito per dare spazio alle clientele, a chi ha ben servito il padrone, a chi non ha altro merito se non quello di avere ben distribuito la propria saliva e le proprie genuflessioni. Solo colpa di Armao e Musumeci, del Balilla e di Ruggero Razza? Tutta colpa del cerchio magico che ha spadroneggiato per cinque anni tra Palazzo d’Orleans e piazza Ottavio Ziino, tra l’assessorato al Bilancio e l’assessorato al Turismo? Non solo: per stroncare scandali e abusi nella gestione dei contributi avrebbe potuto intervenire l’Ordine dei giornalisti al cui presidente, Roberto Gueli, è stata posta ufficialmente la questione. Ma il supremo organo che vigila sulla deontologia di tutti noi operatori dell’informazione, con i suoi santoni della legalità e dell’antimafia, ha preferito sgattaiolare tra i cespugli della burocrazia e dei regolamenti. Mentre il sindacato della categoria, meglio conosciuto come Assostampa, ha dato una risposta lapidaria, da fare tremare i polsi: “Ma noi che siamo la guardia di Finanza?”. Che Dio salvi, oltre la grammatica della lingua italiana, anche quei pochi che ancora credono in questo mestiere.
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Nella foto: Roberto Gueli, presidente dell’Ordine dei giornalisti regionale