A Palermo, se non fosse per la munnizza, tirerebbe aria di festa. Il Comune ha evitato il dissesto e, all’esito del consuntivo 2022, ha recuperato 35 milioni di avanzo d’amministrazione. Lagalla ha già pensato a cosa farci (opere pubbliche). Anche se questa festa rischia di essere rovinata dal dibattito sulle poltrone che da mesi tiene in scacco il sindaco. L’ex rettore è con le spalle al muro perché Forza Italia gli ha notificato l’avviso di sfratto: o cambi gli assessori, o ce ne andiamo. L’offensiva di Schifani & Caruso – invadente e a tratti sboccata – suona più o meno così. E il presidente della Regione non fa altro che rimarcare il concetto, aprendo a possibili restyling (addirittura) nella sua squadra se qualcuno dei partiti della maggioranza dovesse chiedergli di sostituire un assessore.
Ognuno, insomma, è “padrone” dei propri rappresentanti. E’ così da sempre. Anche se cambiare l’assetto di una giunta, capace di risolvere dei problemi raccogliendo le macerie di Orlando, un po’ stona. Ma è la politica, bellezza. E in questo periodo di magra – alla Regione non si partorisce una riforma che sia una – l’unico passatempo è giocare e scambiarsi le pedine. La coppia azzurra chiede la defenestrazione di Andrea Mineo, responsabile dell’Ambiente, e Rosi Pennino, Politiche sociali. Non perché abbiano governato male, ma perché indicati da Gianfranco Micciché. Non importa che Miccichè si sia fatto del male da solo, e sia rimasto a capo del gruppo misto all’Ars (solo perché non ne fa parte nessun altro): occorre cambiare. Mineo, il più furbo, si giocherà una clausola: cioè l’approdo in pompa magna a Fratelli d’Italia, celebrato ieri al San Paolo Palace durante l’evento di FdI. Il partito è pronto a chiedere la sua riconferma, sottoponendo Lagalla alla fastidiosissima prova della tenaglia: accontento il partito del presidente della Regione, oppure i patrioti?
Sul tavolo c’è anche un altro fatto: a differenza di Forza Italia, che gli ha strappato il consigliere comunale Salvo Alotta, FdI non è reduce da alcun sgambetto. Anzi, a breve deciderà senza troppo chiasso il destino del vicesindaco Carolina Varchi, che dovrebbe dimettersi dall’incarico (è anche assessore al Bilancio) per dedicarsi al ruolo di deputato nazionale a tempo pieno. C’è un “però”: mischiare le carte, con la “resistenza” di Mineo in quota FdI, presupporrebbe un altro sacrificio in giunta in modo che FI possa garantirsi la dovuta rappresentanza. A scalpitare è il solito Pietro Alongi, postulatore di sua santità Renato, già bocciato alle Regionali (ed escluso gioco forza dalla giunta del presidente). Lagalla dovrà desistere, alla ricerca del compromesso meno penalizzante. Perché è già penalizzato di suo, dal momento che non gode della copertura di un “partito” (che fine ha fatto il “suo” Udc?), ma solo della simpatia di Matteo Renzi.
“L’approvazione del Rendiconto 2022 da parte del Consiglio comunale – diceva ieri Lagalla – rappresenta un segnale importante per la città, alla quale adesso potremo dare nuove risposte in termini di opere pubbliche, manutenzioni e servizi. Un passaggio importante anche per le politiche del personale che daranno ossigeno alla macchina amministrativa, a cominciare già con l’assunzione di 11 dirigenti tecnici”. Peccato che queste dichiarazioni servano soltanto a schermare le realtà. La forma più alta di considerazione, in questa fase, è riservata ai giochi di palazzo. Che, per inciso, potrebbero avere un riflesso anche sulle vicende di Palazzo d’Orleans. Alla Regione, infatti, l’ipotesi di un rimpasto è stata accantonata qualche settimana fa, in funzione della ritrovata sintonia fra Schifani e Salvini (il leghista Mimmo Turano sembrava a un passo dal “licenziamento”), ma potrebbe tornare di moda molto presto, se i patrioti decidessero di far pesare i loro voti.
Lo scontro con Schifani è sotterraneo e deciso, e tocca varie questioni: il turismo, la Sac di Catania, le nomine nella sanità. Il governatore, per altro, non sarebbe intenzionato ad avallare alcuna sanatoria edilizia (l’argomento è in discussione, da mesi, in commissione Territorio e Ambiente e porta la firma del capogruppo di FdI, Giorgio Assenza). Si attende solo la scintilla. E le ripercussioni sarebbero imprevedibili. Ma ciò che conta, in attesa che la politica si assesti, è mantenere un assetto dormiente. Continuare a non governare. Occuparsi di macro temi dai quali è impossibile spremere un po’ di succo (vedi caro voli). Il paradosso è che alla Regione, ormai da dieci mesi, tutti conoscono il modus operandi e riescono a crogiolarcisi dentro. Al Comune, invece, qualcosa è successo. Fare il sindaco non è solo indossare la fascia, ma provare a essere operativo e risolvere i problemi (come al Cimitero dei Rotoli). Ma riuscirci non basta, e così la giostra riprende a girare a vuoto.
Schifani e Lagalla giungeranno alla tregua nel miglior interesse di entrambi. Ma ci vorrà del tempo perché lo stesso avvenga nel centrodestra siciliano. Siamo al 22 settembre e al di là delle cosuzze discusse nelle commissioni di merito all’Ars, non c’è alcuna traccia di governo Solo chiacchiere sparse: sulla rimodulazione della spesa dei fondi europei (scadenza 31 dicembre); sulla prossima Legge di Stabilità (scadenza 31 dicembre); sulle sante nomine (scadenza 31 ottobre). Tutto è occasione di rinvio, ma non è chiaro a favore di quale prospettiva. O meglio, si capisce benissimo ma in pochi sono disposti ad ammetterlo: le Europee. Benvenuti all’ennesima campagna elettorale.