In questi giorni la città di Palermo si prepara al Festino di Santa Rosalia, la Patrona.
Ogni anno il Festino cerca di ricomporre il sacro e il profano della città, e questa è un’impresa simbolica, che riesce solo a patto che si individuino due metà lontane e si riesca a farle combaciare, altrimenti rimane solo vuoto e sterile formalismo.
Nel mondo di oggi il simbolo è solo una parola, ma un tempo era una moneta e aveva un valore intrinseco e insieme trascendente. Si chiamava simbolo, quella moneta, perché era “composta”, come la parola, che è fatta di due metà: syn– e la radice di ballein, e significa mettere insieme, anzi gettare insieme, oppure, se vogliamo, far combaciare. Quella moneta, infatti, veniva spezzata ogni volta che due persone dovevano allontanarsi per molto tempo: ognuna ne custodiva una metà, così che, una volta che si fossero incontrate nuovamente, fungesse da riconoscimento. Il valore del simbolo non stava dunque tanto in ciò che si conservava, ma in ciò a cui alludeva: era la metà mancante quella che restituiva valore alla moneta, era ciò che non si vedeva, ciò che era lontano, che bisognava ricostruire come se ci fosse stato.
La città è in questo momento in ginocchio e ha quasi del tutto perduto la capacità di sognare, che è quella che restituisce valore, creatività, entusiasmo. Sporcizia, degrado, incuria, inciviltà e barbarie contaminano e indeboliscono quelle radici antiche che pure riescono a germogliare in ogni situazione e a farsi non solo sostegno profondo ma ramo, come nei nostri Ficus centenari che ancora resistono nonostante tutto.
In più ora, dopo la pandemia, c’è bisogno di un Festino dal valore speciale: un Festino simbolico.
Perché Palermo è una città speciale: la città degli opposti.
È un athanor, un luogo alchemico.
Il Bene e il Male si fronteggiano, a Palermo, e sono indistinguibili.
Il Monte Pellegrino è uno dei nostri opposti. Una Montagna sacra dalla carne rosata.
Si vede da ogni parte della città: è un grande, antico Pellegrino che apre il suo mantello a proteggere, accogliere, rassicurare.
I Pellegrini si muovono, viaggiano: il nostro sta fermo perché viaggia dentro di noi.
Nel cuore del Monte c’è una grotta e in quella grotta abita una fanciulla – antica immagine della Dea, che ogni anno si presenta nuova e vergine, incontaminata.
Rosalia è il nome della fanciulla, capace di salvare la città dalla peste.
Quest’anno la fanciulla accoglierà la preghiera di salvare la città dal morbo collettivo in cui siamo precipitati, una pandemia morale, politica, spirituale, sociale, economica, una pandemia talmente pervasiva da sembrare un pandemonio.
Rosalia è la nostra parte pura, sana, è la guarigione. Abita nella grotta più segreta di noi. Ancora e ancora viene celebrata, a Palermo, e tanto più se non si vede.
A guidare il carro, in questa città, infatti, non possono essere più né la politica, svuotata di ideali, né l’economia, ridotta a specchietto per le allodole: è la parte che non si vede, sono le donne, non tanto e non solo in quanto genere, ma in quanto capaci piuttosto che potenti. Trainano il carro e la città, queste donne, e insieme a loro, idealmente, tutti quelli che il Femminile lo riconoscono come valore dinamico e trasformativo: gli Artisti, i Bambini, i Poeti e tutti coloro che, appunto, sono capaci di meravigliarsi e da questo traggono linfa e vigore, ben oltre le appartenenze, in nome dell’universalità. Trainano essendo capaci perché capiscono: accolgono ampliandosi a dismisura, trans-formando, trascendendo.
Ma questa è la metà del simbolo che non si vede: come il Festino di quest’anno. Perché non basta l’apparenza, non basta un solo giorno, non basta metà della moneta: tutto questo vanifica il simbolo e lo riduce a spettacolo, apparenza, vanità. Oggettivamente, metà di una moneta non ha alcun valore: è soggettivamente che lo rinnova, siamo noi, tutti quanti e “ogni uno” a restituire valore a quella moneta universalizzandola, recuperando l’altra metà del simbolo e riportandola qui, nel presente, nella nostra straordinaria e impossibile città, quella dove siamo nati, quella che vogliamo essere e non solo abitare.
Ora che il Festino non si vede abbiamo la possibilità di far combaciare Realtà e Apparenza: ne siamo capaci, non serve esser potenti.
Il potere della Regione è concentrato a Sala d’Ercole, ma la capacità è nella grotta di Rosalia…
Sarà forse il primo vero Festino da quando Rosalia dissolse la peste.