Sanità, largo ai fannulloni

Il Direttore generale dell'Asp di Trapani, Ferdinando Croce, esce a pezzi dalla relazione degli ispettori della Regione

A distanza di qualche ora dalla proposta in sette punti per affrontare l’emergenza dei referti arretrati, accolta con diffidenza dal presidente Schifani (“Forse era meglio metterli in atto prima”), la commissione ispettiva dell’assessorato alla Salute ha mosso – nei confronti dell’Asp di Trapani – sette contestazioni da cui emerge, fra l’altro, “un evidente sottodimensionamento dei carichi di lavoro”. Morale della favola: i medici c’erano, ma non lavoravano abbastanza. Passano in secondo piano, quindi, le lamentele espresse via Pec (ma una telefonata in assessorato, no?) dal Direttore generale Ferdinando Croce, cioè l’unico appiglio cui si aggrappano i Fratelli d’Italia per conservare la poltrona dell’ex vice capo di gabinetto dell’assessore Razza.

In attesa che Croce si decida a mollare il posto, circa 1.300 dipendenti dell’Azienda trapanese hanno firmato una petizione con l’intento di fargli da scudo. E hanno invitato la politica – la stessa che ha nominato Croce, alla prima esperienza, in un ruolo di così grande rilevanza –  a “mettere in campo la strategia più utile ad affrontare l’attuale grave contingenza, strategia che non è certo quella di creare discontinuità e interruzione nel governo pieno dell’Asp, ma semmai sostenere in tutti i modi possibili l’attuale governo Asp, per mettere in grado l’azienda di fronteggiare tutte le ripercussioni e le conseguenze inevitabili di quanto accaduto, pena il caos totale”. L’obiettivo dei dipendenti è impedire “che il neo DG diventi il capro espiatorio di un sistema che miri solamente a ricercare una vittima sacrificale a cui chiedere dimissioni per mere logiche di convenienza politica”.

O Croce o morte. Non sappiamo se tra questi firmatari ci siano i tre anatomopatologi che hanno ridotto (autonomamente?) i carichi di lavoro, o qualche loro collega – anche in ambito tecnico o amministrativo – che utilizza il carro del servizio sanitario per fare quel poco che basta alla propria sopravvivenza. Non comparirà, certamente, l’ex direttore del servizio di Anatomia patologica, nel frattempo andato in pensione. Era stato il primo a evidenziare a Croce le difficoltà nei tempi di refertazione dei campioni. Dalla relazione consegnata al presidente Schifani viene fuori che i dirigenti medici anatomopatologi, hanno eseguito – annualmente – un numero di diagnosi compreso tra circa 500 e 1.700, sia nel 2023 che nel 2024, numero notevolmente inferiore rispetto al target fissato di 2.500 (secondo la Siapec, la Società Italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica). Erano in pochi ma non hanno fatto abbastanza.

Nella battaglia sotterranea al presidente della Regione, combattuta non da Croce ma dai suoi mandanti politici (persino il “marziano” Sbardella, in un vertice con Schifani, si è ritrovato a difendere posizioni che neppure conosce), il Direttore generale dell’Asp di Trapani, oltre alla petizione dei dipendenti “disperati”, ha potuto aggiungere 100 mila euro (alla voce “comunicazione”) per rendere più allettante l’immagine di un’Azienda che, con mesi di ritardo, ha consegnato a 170 pazienti l’esito nefasto di un tumore. Ma non ci saranno mai abbastanza fondi per poter rimediare a questa vergogna.

Il dado è tratto, ma non per lui. E nemmeno per l’assessora Daniela Faraoni, che dopo due mesi a piazza Ottavio Ziino, non ha ancora nominato il suo successore all’Asp di Palermo e tuttavia continua a difendere quello (indifendibile) dell’Asp di Trapani. Anzi, è stata la prima a supportarlo quando ha deciso di affidare la refertazione degli esami arretrati (più di tremila e non 245 come emergeva dalla relazione iniziale di Croce) ad altre aziende dell’Isola. Gli ha tolto le castagne dal fuoco, provando a proiettare sulla parete della vergogna, affollata di casi umani, la “buona volontà messa in campo da tutte le strutture sanitarie chiamate a collaborare. Questo – ha detto la Faraoni – ci conforta perché dimostra che la nostra Regione è in grado di rispondere al bisogno del cittadino di sapere e perché tutto è avvenuto in tempi velocissimi, che hanno preceduto anche la notizia di un’ispezione ministeriale”.

Se era quello l’obiettivo, è stato centrato. Ma rimane colpevolmente sullo sfondo la carenza di attenzione e sensibilità nei confronti dei pazienti oncologici e delle loro famiglie. Il rimedio, in questo caso, è una semplice pezza. Che non migliora di una virgola la sensazione di disagio e di dolore: il concetto, forse, andrebbe chiarito una volta per tutto di fronte alle dichiarazioni tronfie e irrispettose. Aver recuperato 3 mila referti in pochi giorni non è il segnale di un sistema che funziona, ma una conferma dei danni irreparabili arrecati alla salute delle persone. Per cui nessuno vuole pagare. “Fatti del genere non possono più verificarsi in Sicilia: non possiamo consentirlo, né lo consentiremo”, ha detto Schifani.

La Faraoni, invece, non ha saputo dare alcuna spinta ai processi di cambiamento che il presidente, con un impeto di buona volontà, aveva tentato di innescare all’indomani delle dimissioni di Giovanna Volo, l’assessore cartonato. Già durante la sua permanenza all’Asp di Palermo, Faraoni aveva dimostrato di non avere particolarmente a cuore l’integrazione fra pubblico e privato, e anche nel suo nuovo ruolo ha finito per far naufragare la trattativa con le strutture convenzionate. Altrimenti non avrebbe messo sul piatto 10 milioni per compensare le gravi perdite di laboratori analisi e ambulatori specialistici di fronte all’introduzione del nuovo nomenclatore tariffario (dal 30 dicembre scorso).

L’assessore, sulla scorta della propria preparazione ed esperienza, poteva utilizzare questa fase critica per aggirare l’ostacolo del Piano di Rientro, sfruttando una norma inserita nell’ultima Legge Finanziaria dello Stato (art.1 comma 322), e dare un po’ d’ossigeno alle strutture che tengono in piedi il sistema sanitario regionale; invece ha trovato una serie di cavilli, impantanandosi nella burocrazia, archiviando anche le residue speranze di chi crede a una sanità più giusta. Dovrebbe fare l’interesse dei pazienti (non dei partiti), ma con la gestione dei primi report, dimostra di essere lontanissima dai bisogni di salute reali dei più deboli.

Enrico Ciuni :

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