i luce ne filtra pochina. L’avvento di Daniela Faraoni non poteva risolvere i problemi in così poco tempo, ma quella di ieri è stata un’altra giornata campale per la sanità siciliana. Condotta sull’asse Roma-Palermo ma avara di soddisfazioni. A Montecitorio, rispondendo al Question Time di Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva, il Ministro Orazio Schillaci non ha chiarito fino in fondo le prospettive di laboratori analisi e ambulatori specialistici che dal 30 dicembre scorso vivono con il cappio al collo del nuovo nomenclatore; mentre a Palermo è saltata la terza poltrona di peso nelle ultime settimane, vale a dire quella di Roberto Colletti ai vertici dell’azienda “Villa Sofia-Cervello”. Un addio che fa il paio con quello del Direttore sanitario Aroldo Rizzo, senza dimenticare che anche l’ASP di Palermo, dopo aver registrato le dimissioni di Daniela Faraoni (transitata a Piazza Ottavio Ziino), è rimasta vacante.
Una situazione esplosiva che richiede antidoti immediati. A Roma Faraone era tornato a spingere sul governo nazionale, rappresentando come “diverse associazioni rappresentative delle strutture sanitarie private accreditate e convenzionate hanno denunciato come le nuove tariffe siano notevolmente inferiori ai costi reali di produzione, con riduzioni fino all’80 per cento. A titolo d’esempio – ha riportato il renziano – il rimborso per l’esame PSA Reflex, essenziale per la diagnosi di tumori, è stato ridotto da 14,82 euro a 3,95 euro; quello per una visita cardiologica comprensiva di elettrocardiogramma è sceso da 24,53 euro a 17,90 euro; il test Beta Hcg per la diagnosi di gravidanza è passato da 9,98 euro a 3,55 euro. Queste riduzioni – ha concluso Faraone – mettono a rischio la sostenibilità di oltre 27.000 strutture accreditate, con inevitabili conseguenze sull’accesso alle cure, incrementando ulteriormente le liste d’attesa, con ricadute negative per il servizio pubblico che ne risentirebbe in termini qualitativi rispetto all’erogazione delle prestazioni”.
A raccogliere le sue esternazioni, questa volta, è stato il ministro in persona. Schillaci non ha delegato nessuno, ma più o meno ha fornito le medesime risposte del collega Ciriani, interpellato sulla medesima questione alcune settimane addietro. La prima risposta di Schillaci è che il decreto entrato in vigore a settembre, con un nuovo tariffario, ha previsto risorse aggiuntive per 550 milioni, di cui 270 per i laboratori analisi, ma ha garantito che il governo continua a compiere “una costante attività per la revisione tariffaria” evidenziando la possibilità, “in tempi brevi”, di “cominciare a lavorare per l’aggiornamento del tariffario vigente al fine di renderlo sempre più coerente con la naturale evoluzione dei costi di produzione”. Schillaci ha anche detto – e questa potrebbe sembrare musica per le orecchie, se non fosse una conclusione tanto facile quanto illusoria – che anche le Regioni in “piano di rientro”, come la Sicilia, hanno la possibilità di derogare ad esso e investire risorse proprie per compensare le perdite dei privati. E ha citato anche il “modo”: l’articolo 1 comma 322 dell’ultima Legge di Bilancio dello Stato, un emendamento – però – che porta la firma di Davide Faraone.
Da parte del deputato renziano non sono mancate le rimostranze: “Mi fa piacere che abbiate espresso parere favorevole, ma sa benissimo che si tratta di un appiglio e non di una possibilità concreta”. Nel senso che rimane lettera morta finché le regioni e lo Stato non addivengono ad accordi bilaterali che permettano di produrre nuova spesa sanitaria, nonostante i rigidi paletti che, nel caso della Sicilia, ostacolano gli investimenti ormai da 18 anni. Faraone, in precedenza, aveva anche spiegato che “la norma serve per dare la possibilità alle regioni di mettere delle proprie risorse per aumentare le tariffe”, ma “la Regione siciliana, in aggiunta alla norma, deve fare un accordo con lo Stato quindi ottenere una deroga. Deroga che ho strappato al governo nazionale ma che può essere concessa per non più di un anno salvo aggiustamenti nell’anno successivo”. Insomma, serve qualcuno che provi a negoziare.
Anche l’assessore Faraoni, audita in commissione Salute all’Ars, ha aperto il fascicolo: la chiusura del piano di rientro “è il primo obiettivo del governo Schifani, ci siamo dentro dal 2007: basta. Non ci sono più le condizioni per rimanerci – ha detto il neo assessore -. Ho preso l’impegno di fare di tutto affinché la Sicilia esca da questa situazione, ho chiesto a tutti i direttori generali di dare il massimo”. Per Faraoni il piano di rientro “rappresenta un limite alla libera azione, condizione che non hanno altre regioni come il Veneto e la Lombardia che possono organizzare servizi anche tra pubblico e privato”.
Intanto succede che “almeno 58 tipologie di prestazioni potrebbero non essere più erogate, colpendo duramente la medicina territoriale e i cittadini più vulnerabili” (parola del solito Faraone); e che le strutture convenzionate mantengono lo stato d’agitazione – minacciando di non erogare più le prestazioni sottocosto, rischiando la revoca dell’accreditamento – fino alle prime risposte tangibili. Aver cancellato la manifestazione dello scorso 28 gennaio a Palermo non significa aver archiviato il dibattito, anzi.
A Palermo, ovviamente, le emergenze si inseguono. Quanto accaduto a Villa Sofia, con le dimissioni per “motivi personali” del cuffariano Roberto Colletti, lascia scoperti i vertici di un’altra azienda di grande caratura dopo l’Asp 6. Con l’aggravante che, a differenza dell’Asp (dove le funzioni sono state assunte ad interim dal Direttore sanitario Antonino Levita), Villa Sofia non può esprimere neppure un Direttore sanitario: Aroldo Rizzo si era dimesso lo scorso 10 gennaio, nonostante la levata di scudi a sua difesa da parte dei primari. Pagano entrambi le polemiche seguite alla morte di un paziente 76 anni che aveva atteso 17 giorni per un’operazione alla spalla e nel frattempo si era beccato una polmonite fatale.
A capo dell’assessorato, nel frattempo, è giunta Daniela Faraoni al posto del cartonato di Giovanna Volo. Ma l’unica preoccupazione sembra quella di dare un nuovo assetto al dipartimento di Pianificazione strategica, dove Salvatore Iacolino non è così sicuro di rimanere (per una sorta di datata rivalità col neo assessore). Bisognerà anche rimettere mano alle governance delle aziende rimaste acefale, avviare un ragionamento sul Piano di rientro e sulle reali possibilità di superarlo, e poi rimettersi a lavorare sui problemi di sempre: le liste d’attesa enormi, i Pronto soccorso strapieni, le opere edilizie finanziate dal Pnrr e mai completate. Bisogna governare il caos, e non è una cosa facile.