Un mese da Faraoni. L’Asp di Palermo, la più grande e ricca della Sicilia, aspetta la nomina del nuovo manager senza il quale non esiste programmazione. Ma Daniela Faraoni, assessore regionale alla Sanità, ha ancora bisogno di tempo per stabilire chi sarà il suo successore. In compenso puntella – senza rossore, bisogna pur dirlo – il traballante Ferdinando Croce, il direttore dell’Asp di Trapani che nel giugno del 2024 sa già di avere un arretrato di 3000 referti istologici ma firma un contratto per partecipare al premio “Massimo Troisi” di Salina, Eolie. E’ molto probabile – si sussurra ai piani alti dell’assessorato – che la Faraoni abbia vecchi obblighi di riconoscenza verso Ruggero Razza, suo predecessore negli uffici di piazza Ziino e padrino politico dell’intoccabile Croce. Sarà. Il suo primo mese al vertice della Sanità si chiude anche con un nulla di fatto nella trattativa con le strutture convenzionate, spinte sull’orlo della chiusura dal tariffario varato a fine dicembre dal ministro Orazio Schillaci e che impone soprattutto ai laboratori di analisi di eseguire sottocosto una quarantina di esami.

Sul versante politico i sindacati e le associazioni di categoria hanno avuto ampie assicurazioni sia dal presidente della Regione, Renato Schifani, sia dall’assessore al Bilancio, Alessandro Dagnino. Persino il presidente della competente commissione dell’Ars, Giuseppe Laccoto, ha riconosciuto le sacrosante rivendicazioni dei convenzionati. Ma Daniela Faraoni – che non ama i convenzionati: “sarete sostituiti da grossi colossi, fatevene una ragione” – non sente ragioni e oppone, ad ogni incontro, un cavillo o una ragion di stato o un diktat del ministero; per fare in modo, va da sé, che la trattativa venga lentamente ma inesorabilmente inghiottita dalla palude burocratica. In parte ci è riuscita e infatti i convenzionati sono già sul punto di bloccare le prestazioni sanitarie.

La tentazione, diciamolo, sarebbe quella di tracciare un paragone tra Giovanna Volo e Daniela Faraoni, tra l’assessore nominata da Schifani a inizio di legislatura e la superburocrate che a metà gennaio ha preso il suo posto. Ma a che servirebbe? Sia l’una che l’altra hanno fatto carriera negli uffici delle aziende sanitarie. Sono cresciute nell’illusione di dominare la politica e di potere governare, da una scrivania, il vasto e complicato mondo degli ospedali, delle corsie, dei camici bianchi, delle sale operatorie. Col risultato che a Trapani si sono accumulati, alcuni fino a otto mesi, 3300 esami istologici, con grave danno per gli ammalati di tumore. E che ad Enna ci sono 4500 pazienti in attesa di un intervento chirurgico. La sanità siciliana, per dirla con Leonardo Sciascia, precipita verso il fondo senza mai toccare il fondo.