Renato Schifani ha detto di non leggere “certa stampa”, in quanto artefice del teatrino che – però – si consuma (a sua insaputa?) nei palazzi del potere. Intervenendo a margine di un evento in Prefettura a Palermo, forse senza farci caso, il presidente ha contribuito ad alimentare i dubbi. Ad esempio: come avranno preso gli Autonomisti di Raffaele Lombardo la notizia che la selezione dei manager di ASP e ospedali parte dalla griglia dei 49 candidati ritenuti “maggiormente idonei” dalla commissione giudicatrice? Era stato proprio l’Mpa, avanzando una risoluzione (accolta in commissione Salute), a chiedere l’unificazione degli elenchi, e la Regione aveva detto sì: tanto che in un recente decreto di inizio ottobre, l’assessorato alla Salute aveva fuso gli “idonei” e i “maggiormente idonei” in una lista di 87 cristiani da cui la politica – discrezionalmente – avrebbe dovuto scegliere i migliori.
Era solo il 2 ottobre. Ma nel giro di un paio di settimane “certa politica” si è rimangiata tutto: “La giunta farà il proprio dovere – ha detto Schifani -, lavorerà ed esaminerà attentamente i curricula di tutti i 49 dirigenti che sono stati condivisi dalla commissione che ha lavorato con grande rigore e che è composta e presieduta da persone di grandissimo rilievo, esperienza e garanzia di terzietà”. La commissione sarà pure garanzia di terzietà e di rigore. Ma da quando la palla è arrivata alla politica, cioè dallo scorso luglio (a colloqui conclusi), sono stati mesi di paralisi, di fraintendimenti, di cadute dal pero. Schifani, che aveva accolto con stupore la notizia dei due elenchi (“La Presidenza della Regione non dispone dell’elenco dei candidati idonei alla nomina a manager di aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche siciliane”, diceva lo scorso 4 agosto, data della firma del decreto incriminato), oggi non vede l’ora di attingere da lì per soddisfare i desiderata dei partiti.
Perché è ovvio che i partiti avranno l’ultima parola, come dice la legge. E’ meno ovvio – e comunque andrà provato – che lo facciano nell’ottica della meritocrazia, e non della logica spartitoria, e che la scelta di attingere a un elenco ristretto non provochi una marea di ricorsi. Ma è ancora meno ovvio che tutto ciò accada entro la data di scadenza degli attuali commissari, cioè il 31 ottobre. Anche su questo fronte “certa politica” visse e si contraddisse. L’11 ottobre una nota di palazzo d’Orleans recitava così: “Il governo regionale rispetterà i tempi per procedere alle nomine dei direttori generali, secondo le norme di legge, affinché siano al più presto nel pieno delle loro funzioni, così da poter dare, nell’ampio arco temporale garantito dal loro mandato, un contributo di efficienza e visione strategica per il rilancio della sanità”. Giusto una settimana dopo, con le liti in corso e l’orizzonte sempre più incerto, subentra un’altra novità. Sempre da ambienti del centrodestra: cioè che si possa giungere alla nomina di altri commissari – non quelli che ci sono già – in attesa di esaurire l’iter dei nomi individuati per fare i direttori generali. Un escamotage per abbreviare la sofferenza e la figuraccia. Toccherà poi alla prima commissione dell’Ars sancire se vadano più o meno bene. E a quel punto sarebbe un attimo rimettere in moto la macchina: sostituendo l’etichetta di “commissario straordinario” con quella di “direttore generale”.
Ma c’è dell’altro. E cioè le dichiarazioni del presidente dell’Assemblea, Gaetano Galvagno, che è anche esponente di Fratelli d’Italia. A differenza del suo partito, che qualche giorno fa aveva ironizzato (“Le nomine entro il 31 ottobre? Era ora…”), l’allievo di Ignazio La Russa pone un altro paletto. Eccolo su Live Sicilia: “Vorrei che si riflettesse su un dato: le selezioni che riguardano gli elenchi degli idonei al ruolo di direttori sanitari e amministrativi, nomine che spettano ai dg, non sono ancora andate a termine – ha sottolineato Galvagno -. Chiederemo al presidente di riflettere se sia il caso di nominare dei direttori generali che non avrebbero ancora la possibilità di espletare in pieno le loro funzioni. Forse sarebbe meglio, anche per ragioni di opportunità, attendere due settimane o un mese informandosi prima della conclusione delle selezioni in corso. In questo modo le scelte sarebbero più semplici e agevoli”. Un pensiero abbastanza logico che però, visto e analizzato il contesto, alimenta la schizofrenia di fondo.
Dove qualcuno vorrebbe scegliere i manager per sorteggio, e altri preferiscono glissare; dove taluni vedono il marcio, e altri solo dei “tavoli ristretti” in cui assumere decisioni. Dove le riunioni, convocate per parlare dichiaratamente di sanità, vengono sospesi per la presenza di ospiti poco graditi: come nel caso di Marianna Caronia, capogruppo della Lega all’Ars, che si era sostituita al segretario regionale del suo partito (Annalisa Tardino) suscitando l’ira di Marcello Caruso. Uno che abitualmente è al fianco di Schifani – da capo di gabinetto, da commissario di partito e da confidente personale – e con lui partecipa a tagli di nastri, sopralluoghi, incontri politici e – giura qualcuno – riunioni di giunta. Alla stregua di un assessore qualunque.
Se la discussione si incaglia in partenza, su queste enunciazioni di principio, che motivo c’è di andare avanti e prendere in giro i siciliani? Perché nascondersi dietro il merito e la competenza, quando è perfettamente noto il “metodo” che certe scelte presuppongono? “Certa politica” potrebbe ammetterlo e invece preferisce dare la colpa a “certa stampa”. E’ più comodo e non costa nulla. O sicuramente meno dell’ultimo annuncio di Schifani, che preso dall’euforia per il nuovo Accordo Stato-Regione, è arrivato a promettere un miliardo per la sanità: già, ma quale sanità? Sarà mica quella privata?