Sanità, Cuffaro alza la voce

Il leader nazionale della Democrazia Cristiana ed ex presidente della Regione, Totò Cuffaro (foto Mike Palazzotto)

Negli schemini che filtrano in queste ore dai palazzi del potere, le nomine della sanità finirebbero per danneggiare un solo contender: Totò Cuffaro. All’ex governatore e attuale segretario nazionale della Democrazia Cristiana, vorrebbero sfilare la guida della Fondazione Giglio di Cefalù, appannaggio del fratello dell’assessore Nuccia Albano; e persino una casella fra le 18 che riguardano Aziende sanitarie e ospedaliere. Schifani non ha ancora trovato il metodo: non sa se attingere alla lista dei 49 “maggiormente idonei” o rifarsi agli 87 “idonei”, o magari confermare una parte dei commissari uscenti. Ma una cosa è certa: non può scherzare troppo col fuoco della DC. Che è viva e vegeta, e lo rimarca pubblicando l’appello ai “Liberi e Forti” di Don Luigi Sturzo.

Dietro questa iniziativa non c’è solo la suggestione della storia, ma l’esigenza e l’ambizione del presente. Cuffaro vuole contare il più possibile, perché i numeri sono dalla sua parte; e soprattutto è stanco di sentire cattiverie. In questi mesi nessuno gliene ha risparmiate, anche se le più indigeste provengono da Forza Italia, che nel corso dell’ultimo meeting di Taormina, con l’apparizione di Caterina Chinnici al fianco di Tajani, ha chiuso le porte a un apparentamento in vista delle Europee. Anche Lombardo non è stato mai tenero con Totò, ritenendo l’esperienza della DC conclusa 30 anni fa. Cuffaro, invece, s’è dimostrato una spugna, anche se il presente reclama un cambio d’atteggiamento. Ecco, quindi, le parole di Ignazio Abbate, presidente della commissione Affari istituzionale dell’Ars (che ha approvato il ddl sulle province) e Carmelo Pace, capogruppo della Democrazia Cristiana all’Ars: “L’operato della Democrazia Cristiana nei rapporti col governo del presidente Schifani e nei lavori delle commissioni e d’aula all’Ars, si è sempre caratterizzato per la massima lealtà. Pur subendo, a più riprese, attacchi anche pesanti non abbiamo accettato provocazioni e mai abbiamo fatto mancare il nostro voto favorevole”.

In altri momenti sarebbero frasi di circostanza: in questa fase, invece, ogni parola va pesata. “Nella ricca agenda di governo e Ars dei prossimi giorni – proseguono i due parlamentari – intendiamo procedere mantenendo la lealtà fin qui dimostrata. È persino scontato dire che auspichiamo scelte condivise da tutti, nessuno escluso. Perciò lo ribadiamo con franchezza: leali non vuol dire essere acquiescenti”. La Dc, tanto per cominciare, non sarà acquiescente di fronte alla tombola delle nomine. Schifani, per sfuggire alla nomina delle lottizzazioni, ha spiegato che chiederà a ogni partito una rosa di nomi (non la singola puntata sulla singola ruota) e da quel momento “sarà valutato caso per caso”. Non esclude che chi ha lavorato bene possa rimanere, ma conferma che i partiti dovranno trovare un accordo altrimenti sarà lui a decidere. Insomma, quello che deve dire un presidente alle corde.

Non è bastata la conferenza sul primo anno di governo, ed elencare i molteplici successi che nessuno ha visto, per guadagnarsi la fiducia della sua maggioranza. Anzi, con qualche decisione scellerata – come l’indicazione (presunta) del neo forzista Giancarlo Cancelleri, grillino pentito e politicamente fallito, alla guida dell’Autorità Portuale di Palermo – Schifani rischia di incenerire il legame con gli altri partiti. Che già sulle sanità non sono disposti a fare sconti. C’è chi vorrebbe considerare nel computo il direttore del Dipartimento di pianificazione strategica, oggi in quota Forza Italia (Salvatore Iacolino); e chi vorrebbe inserire nella partita l’Istituto Zooprofilattico e la guida degli Ersu, i quattro enti regionali di diritto allo studio (e perché no: la presidenza delle province che verranno). Inoltre, anche lo strumento utilizzato per disinnescare le tensioni, cioè il ventriloquo Marcello Caruso (più in qualità di capo di gabinetto che non di rappresentante di partito), denota incertezza e stanchezza. Potrà utilizzarlo in ogni momento come alibi per mandare all’aria tutto, anche se – spiega Schifani – “è mio dovere rispettare i termini, non ci sono altri motivi per rinviare”.

Caruso sta incontrando i partiti in riunioni bilaterali, anche se da giorni, a Palermo, si vocifera di improbabili vertici di maggioranza. Non funzionerebbe. Fratelli d’Italia, che rivendica dalle 6 alle 7 poltrone, è forte delle sue prepotenze: grazie al risultato acquisito nelle urne, pensa di poter chiedere ciò che vuole, tanto gli sarà dato; Lega ed Mpa, con Lombardo assai critico nei confronti del governatore (anche sulla sanità oltre che sui rifiuti), vorrebbero far pesare la ‘federazione’ e assicurarsi cinque caselle sul totale di 18, prima di piazzare ulteriori tasselli quando ci sarà da nominare direttori sanitari e amministrativi; e poi, tolta Forza Italia, c’è la DC, che sembrerebbe la formazione più “schiacciata”, ma che già da qualche tempo ha iniziato a mettere le mani avanti.

Ad esempio con il ddl province, per il ritorno dell’elezione diretta negli enti d’area vasta. Il disegno di legge approvato in prima commissione, qualche giorno fa, è stato inoltrato agli uffici della presidenza dell’Ars: l’obiettivo è calendarizzarlo al più presto e votarlo in aula. Questa, per Cuffaro, è una sorta di cambiale con il suo elettorato, da onorare al più presto; ma anche un’attestazione della centralità del suo partito nell’azione di governo. “Auguriamoci vivamente che tutti i componenti dell’Assemblea regionale siciliana approvino nel più breve tempo possibile una legge che – spiega il responsabile enti locali della DC, Gianfranco Gentile – certamente rappresenterà per l’intero popolo siciliano un fondamentale passaggio affinché si torni ad eleggere democraticamente rappresentanti che si occuperanno di tutte quelle questioni, come ad esempio la manutenzione delle strade provinciali, che tutt’oggi rimangono irrisolte a causa dei rimbalzi di responsabilità tra i vari Enti”.

Anche la lealtà ha un prezzo, e questo è il momento di passare all’incasso. Dalla provincia alla sanità: serve un segnale. O Schifani rischia di perdere l’amico di cui s’è sempre pregiato un sacco.

Alberto Paternò :

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