Mentre Cateno De Luca, da Messina, cannoneggiava contro Musumeci e Razza (fosse la prima volta) per la mancata esautorazione del manager dell’Asp locale, a Palermo, Matteo Salvini, metteva i puntini sulle “i”: “Conto su un’indicazione leghista per la prossima presidenza della Regione”. I due eventi scorrono in parallelo, ma un punto di contatto, a voler guardare lontano, esiste: ossia la stima reciproca fra il segretario della Lega e il sindaco della città peloritana. Che non sono mai stati così vicini come nel periodo della pandemia, in cui si sono scambiati complimenti via Whatsapp. Scateno è sornione, e all’interno delle sue dirette Facebook rilancia spesso con una battuta: “Sul manager dell’Asp non ho alcuna responsabilità. Non sono il presidente della Regione. Per ora…”. In cuor suo spera di diventarlo fra meno di un paio d’anni. Il treno su cui salire è proprio quello di Salvini, anche se la corrente che fa capo al sindaco per il momento smentisce qualsiasi accostamento al Carroccio.
E il Carroccio, cui Nino Minardo, il neo segretario regionale, ha dato un volto “moderato”, non ha alcuna fretta di raccogliere i frutti di questa simpatia. Anzi. I galli nel pollaio – c’è già Figuccia, altro personaggio “ingombrante” – rischiano di diventare troppi. Potrebbero mandare all’aria il progetto di ricostruzione di un’area che in Sicilia non può campare di estremismi. Lo ha capito anche Salvini, che durante la visita palermitana (è impegnato nel processo Open Arms), oltre a scatenare le solite polemiche per aver indossato una mascherina inneggiante a Paolo Borsellino, ha fatto visita a Gianfranco Micciché, presidente dell’Ars e plenipotenziario di Forza Italia nell’Isola. Proprio il commissario azzurro, qualche giorno fa, a Buttanissima, ha detto che non vorrebbe ritirarsi dalla politica commettendo la “colossale minchiata” di lasciare la presidenza della Regione a un leghista. Meglio Musumeci, a quel punto.
Ma è proprio lui, il Colonnello Nello, l’emblema del giallo. Sa bene che per ottenere la possibilità di un bis a palazzo d’Orleans, ha bisogno di collaborare. Aver accordato il turnover in giunta a Forza Italia è un primo passo: ha aperto un mini-credito nei confronti di Miccichè, che nelle ultime settimane ha disteso i rapporti col governatore. Ma non basta. Va convinta un’intera coalizione. Soprattutto la Lega che, stando ai discorsi di Salvini, eserciterà un diritto di prelazione sul prossimo candidato alla presidenza: “Musumeci? Lavoro bene con tutti i governatori, lui compreso”, si è limitato a dire l’ex Ministro, che non ha ancora digerito lo smacco autunnale e la mancata federazione con Diventerà Bellissima. D’altronde, era stato lui stesso a proporla. Non se n’è fatto nulla per tanti motivi (tra cui l’insofferenza dei Nello-boys), e a quel punto anche il rapporto fra Musumeci e Stefano Candiani (ex segretario regionale del Carroccio, che sta molto a cuore al “capitano”) s’è raffreddato. Tanto che la Lega ha stretto un accordo con gli autonomisti/lombardiani: l’unione è stata celebrata proprio ieri, a Palermo.
In ragione degli ultimi episodi, bisogna convincere Salvini che Nello sia davvero la persona giusta (è stato uno degli argomenti affrontati dal tandem durante la visita all’albergo della Povere). Anche perché, stando a un mero calcolo probabilistico, la Lega pretende e avrà diritto a indicare “il candidato”. In Campania era toccato a Forza Italia (che già guida Molise e Basilicata) e Caldoro è affondato; mentre in Puglia il meloniano Fitto ha perso la battaglia con Emiliano, lasciando la coalizione a bocca asciutta. La Lega governa la Calabria – è vero – ma solo a causa della tragica morte di Jole Santelli, rimpiazzata dal governatore pro-tempore Nino Spirlì. Insomma, Salvini sogna di poter esprimere il suo primo presidente leghista (e meridionale) proprio in Sicilia, dove la classe dirigente si sta radicando e i numeri sono diversi rispetto a 3 o 4 anni fa, quando “Noi con Salvini” era un movimento totalmente avulso dal territorio e senza rappresentanza.
Ora è diverso, e sarà diverso in futuro. Gli equilibri del tridente nazionale (con Forza Italia e Fratelli d’Italia) sono sacri e fin qui, in sede di competizione elettorale, hanno sempre retto. Anche se è stato lo stesso Micciché a ribadire che il presidente della Regione si stabilisce a Palermo e non a Roma. In ogni caso Musumeci dovrà gestire bene i mesi che gli rimangono, coltivare i rapporti, insistere sulla condivisione e sui programmi (“Salute e lavoro sono le priorità. Vogliamo garantire la tranquillità ai siciliani”, ha chiarito Salvini), poi si vedrà. “Voglio un centrodestra compatto”, ha chiosato l’ex Ministro. Quasi a voler schiarire l’orizzonte, evitando strappi prematuri. Anche se “la Lega sarà protagonista delle prossime scelte”, questo è certo.
La partita scorrerà in parallelo con le Amministrative di Palermo, che anticiperanno di qualche mese le Regionali. Piazzare la bandierina sul quinto comune d’Italia sarebbe un bel colpo per il Carroccio, ma anche in quel caso sarà necessario scendere a patti: “Ci piacerebbe scegliere il candidato”, ha spiegato Salvini, ma se proprio non fosse possibile, “almeno condividerlo”. Il tempo gioca a suo favore. Le variabili sono tante, troppe. L’unica cosa certa, alla Regione, è che Musumeci quel posto dovrà sudarselo. E che De Luca resta, al momento, il suo primo rivale.