E alla fine dei giochi il pm Patronaggio accettò la “sfida”: il Ministro dell’Interno Matteo Salvini è iscritto nel registro degli indagati per la situazione della Diciotti. Le accuse formulate a suo carico sono sequestro di persone, arresto illegale e abuso d’ufficio. Indagato anche il capo del suo gabinetto, Matteo Piantedosi. La svolta nelle indagini è arrivata dopo la trasferta romana del procuratore di Agrigento, che a piazzale Clodio ha ascoltato per tre ore due funzionari del Viminale: Gerarda Pantalone e Bruno Corda, rispettivamente capo e vice del Dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, avrebbero confermato al magistrato che l’indicazione di non far sbarcare i migranti della Diciotti (inizialmente 177) è arrivata dal capo del Viminale. E che Catania non rappresentasse il “porto sicuro” per l’approdo dell’imbarcazione della Guardia Costiera, bensì uno “scalo tecnico”. E’ come se la traversata di Diciotti nel Mediterraneo non si fosse mai arrestata.
E adesso che succede? La Procura di Agrigento, così come previsto dalla Legge in questi casi, ha trasmesso il fascicolo a quella di Palermo, per un successivo inoltro a Tribunale dei Ministri della stessa città, ossia il tribunale competente per i reati commessi dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni. “Ogni eventuale negativa valutazione delle condotte” di Salvini — spiega Patronaggio nel suo comunicato — dovrà essere sottoposta all’autorizzazione del Senato, dato che il leader del Carroccio è anche un senatore della Repubblica. Salvini, che ha appreso della notizia durante un comizio a Pinzolo, non ha contenuto la reazione: “Possono arrestare me ma non la voglia di 60 milioni di italiani, indaghino chi vogliono. Abbiamo già dato abbastanza, è incredibile vivere in un paese dove dieci giorni fa è crollato un ponte sotto il quale sono morte 43 persone dove non c’è un indagato e indagano un ministro che salvaguarda la sicurezza di questo Paese. E’ una vergogna”.
Nel frattempo la serata di sabato ha portato con sé la “liberazione” dei 137 migranti presenti sulla Diciotti. Tredici (di cui undici donne) avevano ricevuto l’autorizzazione per lo sbarco già nel pomeriggio a causa di condizioni di salute critiche. Poi è toccato agli altri. Poco prima della mezzanotte il premier Giuseppe Conte aveva annunciato il nome dei paesi che si erano fatti carico della loro ricollocazione: venti andranno in Albania, venti in Irlanda (due soluzioni a cui ha lavorato il ministro degli Esteri, Moavaro Milanesi), gli altri saranno ospitati nelle strutture della Città del Vaticano. E’ stata la Conferenza episcopale a rompere gli indugi e offrire assistenza a questi disperati: “La Chiesa italiana garantirà l’accoglienza ad un centinaio di migranti della nave Diciotti – si legge nella nota ufficiale della CEI – L’accordo con il Viminale è stato raggiunto per porre fine alle sofferenze di queste persone in mare da giorni. I dettagli verranno definiti nelle prossime ore”.
La linea dell’esecutivo, dopo aver inflitto sdegno e sofferenza, ha retto. “Questo Governo esprime una politica sull’immigrazione rigorosa e coerente, ma non abbandona a se stesse persone che sono in pericolo di vita o comunque versano in condizioni critiche” ha detto il premier Giuseppe Conte. Che non ha risparmiato l’ennesimo ricatto nei confronti dell’Unione Europea: “Siamo al lavoro per porre una riserva all’adesione dell’Italia al piano finanziario pluriennale in corso di discussione. A queste condizioni, l’Italia non ritiene possibile esprimere adesione a un bilancio di previsione che sottende una politica così incoerente sul piano sociale”. I migranti sono scesi dalla nave, ma le acque non si calmano.