Tra gli effetti collaterali dell’emendamento Salva Sicilia, che permetterà alla Regione di spalmare il disavanzo in dieci anni (comprese le quote arretrate non accantonate alla data del 30 dicembre ’22), c’è la mannaia dello Stato sulle assunzioni. Che, così come previsto dal precedente accordo fra Conte e Musumeci, rimarranno bloccate (con il conseguente blocco dei concorsi). Questa volta, però, la saracinesca rimarrà giù fino al 2029, per altri sette anni. Non si tratta di una buona notizia per un personale regionale che, a causa dei pensionamenti, appare sempre più depauperato. Oltre che anziano.
All’ultima ricognizione (del 31 dicemmbre 2021), l’organico era di 11.544 dipendenti, di cui appena l’uno per cento sotto i 40 anni e il 69% (7.948 unità) tra i 51 e i 60 anni. “L’accordo con lo Stato è stato un boomerang — dichiarano a Repubblica Giuseppe Badagliacca e Angelo Lo Curto, della Cisal — perché assottiglierà le assunzioni fino al 2029, con l’effetto di una totale paralisi degli uffici da qui a qualche anno. Ad andarsene saranno soprattutto i funzionari, determinando tempi ancora più lunghi per le pratiche. A fronte di fondi europei ordinari e straordinari, la Sicilia rischia anche stavolta di vederli andare in fumo per l’incapacità di progettare e realizzare investimenti”.
“Per noi è una questione preminente — avverte il segretario della Cgil Sicilia, Alfio Mannino — persino le assunzioni che si sono fatte col Pnrr non hanno sbloccato questa macchina amministrativa troppo arrugginita, in cui stanno venendo meno una serie di competenze. Serve un piano straordinario per l’amministrazione regionale”. Schifani, dal canto suo, promette di sedersi a un altro tavolo con Giorgetti per ottenere una deroga: “Chiederò l’apertura di un tavolo sia tecnico che politico: continuando così, la Regione dimagrisce sempre di più. C’è una carenza strutturale che sono chiamato a risolvere, altrimenti la macchina non funziona”.