Non è uno qualunque Roberto Ginatta. Il presidente del Consiglio d’Amministrazione di Blutec, finito in prigione per malversazione ai danni dello Stato (per 16 milioni di euro, mica bruscolini), è un signorotto torinese, classe 1947, con un giro d’affari molto ampio. Che lo ha portato nell’orbita della famiglia Agnelli. Non solo per Blutec, che della Fiat è stata fornitore di lungo corso. Ma anche per la partecipazione, ad esempio, in Investimenti Industriali, una società che investe in società immobiliari, di cui Ginatta è amministratore unico. L’altro socio è Lemsa Spa, 20 milioni di capitale (quasi) equamente suddivisi fra Andrea Agnelli, il presidente della Juventus, e la sorella Anna.
Ginatta è la testimonianza vivente di quanto sia proficuo (e rischioso, per altri versi) vivere all’ombra dei grandi industriali. La sua impresa, la Stola, è stata fondata nel 1919: era un marchio nella progettazione dei veicoli prima di essere acquisita dalla Rgz di Ginatta e Giuliano Zocco, e prima ancora di essere assorbita in Blutec. L’esperienza di Termini Imerese, che appare più che conclusa con l’inchiesta aperta dalla procura termitana, rivela un sistema marcio. Che per molti anni era stato “mascherato” di buona creanza, grazie ad esempio all’assunzione in Rgz di 1500 addetti. Ginatta contava su tre poli in Europa (Rivoli, Cinisello Balsamo e Parigi) oltre a quello di Belo Horizonte, in Brasile.
Quando arrivò in Sicilia, sembrava garante di un metodo di successo: quello garantito dalla vicinanza ad Agnelli e alla famiglia della Fiat, intanto convertita in Fca. Tutti si fidavano di Blutec perché avevano fatto cose buone e sapevano gestire gli affari. Così sembrava. Investimenti Industriali, dove è dentro anche Agnelli, ha una partecipazione rilevante (2 milioni) in Bravo Invest: all’altro capo del telefono c’è la finanziaria Aysad, di proprietà dello sceicco Ahmed Abdullah Al Sayed, con sede a Gedda (in Arabia Saudita). Il cui amministratore delegato è Fabrizio Roncaglio, che oltre ad amministrare la Lamse degli Agnelli, siede nel consiglio d’amministrazione della Nobis, una piccola compagnia assicurativa di cui è consigliere anche Ginatta. Un giro d’affari enorme di cui hanno beneficiato anche i figli, Matteo e Mario. Quest’ultimo, come racconta il Fatto Quotidiano, nell’ambito di una inchiesta per prostituzione minorile, è stato definito un “quasi Agnelli” da parte di una 17enne che si sarebbe recata da lui per prendere dei soldi. La sfortuna di essere simili.