Non è soltanto il sistema – dalle strutture ospedaliere al personale – che lentamente si sgretola. Ma anche la politica. Attorno al tema della sanità rischia di venire giù tutto. Compresa l’alleanza tra Forza Italia e Fratelli d’Italia, i big sponsor del governo Schifani, che a un certo punto sembravano talmente simili da potersi sovrapporre. Il governatore ha ammiccato agli uni e agli altri, finendo per consolidare la propria posizione e il proprio ruolo da “allenatore”. Ha subito e sopportato le intemerate dell’una e dell’altra fazione: poco importa che si trattasse dell’odiato Gianfranco Micciché, emarginato dalla giunta di governo e isolato all’Ars; o di Manlio Messina, potentissimo vicecapogruppo di FdI alla Camera e perfido contestatore sui fatti di Cannes. Schifani l’ha sempre sfangata, potendo contare su due stampelle solide anche nei numeri (e sulla protezione romana).
Ma da qualche settimana a questa parte gira male. Dopo la protesta dei laboratori analisi e degli ambulatori convenzionati, che hanno scioperato per quattro giorni contro i tagli al budget operati dalla Regione, non è più la stessa cosa. Fratelli d’Italia, ad esempio, ha riscoperto il peccato originario di Schifani, cioè aver assegnato a un ‘tecnico’ – nella fattispecie Giovanna Volo – un assessorato tanto delicato quanto ricco (9 miliardi di budget) come quello alla Sanità; l’avrebbe preteso anche Forza Italia, almeno nella sua componente miccicheiana, ma per evitare facili imbarazzi il governatore ha individuato una soluzione diplomatica che, però, si sta rivelando poco pratica.
E’ sulla Volo, sulla protesta dei privati, ma soprattutto sulla stabilizzazione dei precari Covid, che si sono aperte delle maglie nel governo. I dissidi politici, gli ultimi recentissimi, si traducono in una sostanziale inefficienza sotto il profilo dei provvedimenti adottati. Dalla manifestazione palermitana di fine febbraio, quando in piazza Ottavio Ziino sfilarono oltre 3 mila anime reclamando le dimissioni dell’assessore, non si è concretizzata una sola risposta nei confronti dei laboratori analisi e degli ambulatori specialistici. La cui serrata, per altro, aveva costretto la Regione a potenziare l’offerta pubblica del 30 per cento, mettendo mano al portafogli (sono scattate le cosiddette ‘prestazioni aggiuntive’ a favore di medici e infermieri del sistema sanitario). Schifani disse di non temere la piazza. Volo sostenne di essere pronta a condividere delle soluzioni, ma nulla s’è mosso.
La protesta dei privati, per altro, è stata soppiantata da quella dei precari Covid, che alla scadenza del 28 febbraio sono stati destinatari di proroghe a macchia di leopardo. Tre mesi a Trapani, due a Ragusa, dieci giorni a Palermo. E non per tutti uguali: qualche commissario – già: Asp e ospedali sono tutti commissariati in attesa delle procedure per i nuovi manager – l’ha accordata soltanto ai sanitari, altri anche agli amministrativi, altri ancora a nessuno dei due. Una confusione inenarrabile, che ha richiesto una presa di posizione da parte della politica, spettatore appassionato ma quasi inerme rispetto alle volontà del governo (racchiuse, per altro, in una direttiva tardiva e un po’ equivoca).
I primi a mugugnare sono stati i Fratelli d’Italia, che da Roma lanciarono strali contro la Volo, ritenuta responsabile di scelte “incomprensibili”. Schifani, che l’aveva difesa dalle accuse dei sindacati, stavolta ha evitato. E da qualche settimana assiste a un rimpallo di posizioni che sta logorando i rapporti fra i partiti che lo sostengono. Il presidente della Regione non avrebbe concordato con Fratelli d’Italia la mozione d’indirizzo che impegna il governo, il “suo” governo, ad adottare provvedimenti a favore di quelle categorie tagliate fuori dalle proroghe. Come? Sollecitando “le aziende sanitarie all’avvio di ricognizioni interne con l’obiettivo di stabilizzare il personale dirigenziale e non dirigenziale, compresa l’area professionale, tecnica e amministrativa, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa in materia”. E, in subordine, “la stabilizzazione del personale il cui reclutamento non è avvenuto con procedure concorsuali a tempo determinato, purché ciò avvenga con prove selettive e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni”. Nelle more, val bene anche una proroga.
Per esitare concorsi e stabilizzazioni servono soldi. Ma i bilanci della sanità non luccicano come prima. L’ex dirigente alla Pianificazione strategica, Mario La Rocca, ha fatto emergere nella sua ultima relazione un rosso potenziale da 400 milioni, che la commissione Salute in parte ha ridimensionato: il rischio reale è di dover sforbiciare i capitoli di spesa per 120 milioni. Questo richiederebbe un impegno da parte delle 18 aziende sanitarie e ospedaliere, con una ricaduta inevitabile ai servizi offerti all’utenza. Ecco perché a Forza Italia la proposta dei cugini patrioti non va bene: “Se c’è un buco, come si può immaginare di poter ulteriormente aggravare la situazione finanziaria quando negli ospedali continuano ad esserci lunghe liste d’attesa e gente che non riesce ad avere accesso alle cure?”. Altro che proroghe e stabilizzazioni di amministrativi e tecnici, “bisogna, piuttosto, tentare di dare risposte alla carenza di medici e infermieri, perché negli ospedali si registrano grandi difficoltà a colmare il gap di due anni di Covid in cui le persone non hanno ricevuto le prestazioni sanitarie che chiedevano e ancora oggi, in molti casi, non vengono garantiti i Livelli essenziali di assistenza. Quello di Fratelli d’Italia – è la conclusione assai indicativa del clima – è un atto d’indirizzo di segno opposto alla posizione di responsabilità già assunta dal governo regionale che rischia di compromettere la tenuta della maggioranza”.
Il partito della Meloni se l’è legata al dito: “Quello che ci dispiace è che la presentazione di una risoluzione in coerenza con le nostre battaglie di partito, “rischia di compromettere la tenuta della maggioranza” come sostenuto dai deputati di Forza Italia. Se così fosse rappresenterebbe questo un tema politico serio di cui discutere”. Dovrebbe accadere venerdì in un vertice di maggioranza convocato da Schifani a Palazzo d’Orleans. Tra le questioni da chiarire c’è quella di Manlio Messina, che sui fatti di Cannes criticò pesantemente la gestione del governatore. Il rischio è che lasciando così tanti cassetti aperti, i rapporti possano incrinarsi davvero. E in maniera irreversibile.
Senza che, peraltro, cambi nulla sul fronte operativo: anche l’ipotesi di affiancare alla Volo un dirigente di prim’ordine come Salvatore Iacolino (attuale commissario del Policlinico di Palermo, e indiziato numero uno per la successione di La Rocca) lascia il tempo che trova. Sarebbe debilitante per la politica e per Schifani, che quest’assessore l’aveva scelto di persona. E neppure l’ultimo coniglio dal cilindro – la creazione di una sottocommissione parlamentare dedicata ai Pronto soccorso – sembra poter risolvere di un’unghia il marasma (talvolta culminato in episodi d’aggressione) nei reparti d’emergenza, che sono e restano a corto di personale e, talvolta, di strutture consone. Coi pannicelli caldi non si risolve nulla, anche se alla Regione abbondano.