Era partito a razzo Nello Musumeci, annunciando, all’indomani delle Europee che aveva seguito dalla tribuna, “un ritocco al motore” entro l’estate. Un rimpasto, ça va san dire, nella giunta di governo. Che tenesse conto di una vacatio mai colmata (da quando tre mesi fa il povero assessore Tusa rimase vittima di un incidente aereo) e dei nuovi appetiti rappresentati a Palazzo d’Orleans dopo il voto di domenica. Il quale ha sancito l’avanzata di Lega e Fratelli d’Italia, che assieme costituiscono il 28% dell’elettorato siciliano (ma vantano in giunta appena un assessore, della Meloni, fra l’altro); e la tenuta di Forza Italia che, attestandosi al 17%, ha ringalluzzito il coordinatore regionale Gianfranco Miccichè e legittimato le aspirazioni di Sicilia Vera, del sindaco di Messina Cateno De Luca, e Sicilia Futura, che hanno aiutato gli azzurri per il raggiungimento dell’obiettivo principale: la conquista di un seggio al Parlamento europeo per Giuseppe Milazzo, capogruppo di FI in Assemblea regionale, a scapito del centrista Saverio Romano, l’ “ospite” indesiderato.
Musumeci, che aveva ostentato una certa frenesia nella ricerca dei nuovi equilibri – generando più di un sospetto tra gli alleati – è tornato immediatamente sui propri passi. Il rimpasto è diventato un rimpastino (“Non sarà un terremoto” ha chiarito il governatore), per di più senza alcuna fretta (“L’estate non è ancora arrivata”). L’unica premura di Musumeci, ed è giusto così, è sostituire Sebastiano Tusa. Da qualche tempo, ormai, l’interim ai Beni Culturali appartiene al presidente della Regione. Che in quel posto, in barba alle richieste che gli arrivano da Raffaele Lombardo – il leader autonomista ci vedrebbe bene Antonio Scavone, attualmente alla Famiglia – vorrebbe un altro tecnico di rilievo. Non è escluso il nome di Carmelo Briguglio, uno dei più stretti collaboratori di Tusa.
L’altra casella da riempire è quella di Sandro Pappalardo, che da qualche settimana è stato nominato nel cda di Enit, l’agenzia nazionale del Turismo, e non può più restare a fare l’assessore. Ma questo posto sarà appannaggio dei Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni non godrà più di un rapporto idilliaco con Musumeci – data la scelta di ripudiare l’alleanza di un tempo e non sostenere Stancanelli alle Europee – ma continuerà ad appoggiare, dal di dentro, la sua azione di governo. Con un solo assessore, probabilmente il coordinatore regionale della Fiamma, Manlio Messina. Cucite le toppe dei Beni Culturali e del Turismo, ecco il capitolo dell’Economia. Gaetano Armao – e qui entriamo nella sfera di Forza Italia – verrà rimpiazzato. Troppo palesi gli sfregi operati di recente dal vice-presidente nei confronti dei vertici regionali del suo stesso partito: dal sostegno al candidato sindaco della Lega a Gela, passando per l’appoggio al sardo Salvatore Cicu, anziché a Milazzo, nell’ultima campagna elettorale. Che Miccichè non abbia gradito – durante un appuntamento elettorale lo ha definito “ex assessore” – è storia nota. Ma tutta la deputazione forzista, al netto di sorprese (difficili), chiederà la sua testa. Armao verrà rimpiazzato da un altro forzista. Il nome è top secret.
Ma potrebbe non essere l’unico cambio fra i “berluscones”. Già da qualche mese è sotto osservazione l’operato di Edy Bandiera, assessore all’Agricoltura, che nonostante l’impegno spasmodico nell’ultima campagna elettorale, e le indiscutibili doti umane, nella sua Siracusa non è riuscito a garantire a Forza Italia i risultati che ci si aspettavano: quinto partito, con appena il 9,86%, persino alle spalle di Fratelli d’Italia, che in provincia esprimeva il sindaco di Avola Luca Cannata, la cui sorella, Rossana, è pronta ad abbracciare i sovranisti anche all’Ars. Bisogna ricompensare i territori: e Forza Italia, per citarne uno, ha fatto un gran risultato anche ad Agrigento. La probabile sostituzione di Bandiera non va legata, invece, all’exploit del partito a Messina (secondo a un’incollatura dai 5 Stelle, meglio della Lega): perché un rappresentante di quell’area FI ce l’ha già. Si tratta dell’assessore alla Funzione Pubblica Bernadette Grasso. Se ne potrebbe aggiungere un altro, in rappresentanza, però, di Sicilia Futura: il partito di Totò Cardinale, nell’ultima campagna elettorale, si è mostrato vicino a Gianfranco Micciché e a Giuseppe Milazzo, sposandone la candidatura, oltre che al sindaco Cateno De Luca. Il quale, a sua volta, non rivendica assessori, ma sarebbe euforico se la scelta ricadesse su Giuseppe Picciolo, segretario di Sicilia Futura e candidato all’assemblea nazionale del Pd in occasione dell’ultimo congresso. Fino allo strappo consumato coi “dem”.
Ma a Sicilia Futura – che all’Ars vanta le presenze di Edy Tamajo e Nicola D’Agostino – come si fa a garantire un posticino in giunta? Magari con la fuoriuscita di un centrista: gli indiziati sono Roberto Lagalla e Toto Cordaro, rispettivamente assessori alla Formazione Professionale e al Territorio, entrambi al centro della famosa “questione morale”. Il primo è indagato per abuso d’ufficio, il secondo per voto di scambio. Il leader popolare Saverio Romano, in virtù dell’ultima sconfitta elettorale, ha rimproverato ai suoi uomini di non aver fatto abbastanza nel Palermitano, dove si è consumato il derby fratricida (e la sconfitta) con Milazzo. Non si straccerà le vesti se Musumeci dovesse chiedergli una rinuncia. Possibile, quindi, che vada fuori un centrista (dei Popolari) per far spazio a un altro centrista (di Sicilia Futura). Una risoluzione che andrebbe bene a Gianfranco Micciché, che con De Luca e Cardinale ha firmato il patto della Madonnina, a Messina, proprio alla vigilia delle elezioni.
Resta sub-judice la posizione dell’Udc, che esprime due assessori: Mimmo Turano alle Attività Produttive e il “tecnico” Alberto Pierobon all’Energia. Uno dei due potrebbe saltare qualora, dal prossimo 15 giugno, nascerà il nuovo soggetto politico di Musumeci, prossimo alla Lega, che prevede l’allargamento del gruppo di Diventerà Bellissima ad almeno un paio di new entry: Luigi Genovese, in arrivo da Forza Italia, e Tony Rizzotto, che leghista lo è già. Vero che la Lega non ha mai posto condizioni, non pubblicamente, per arruffare una poltrona all’interno della compagine di governo. Ma la “cosa nera” del governatore, come è stata ribattezzata, potrebbe garantire robustezza e spessore al governatore stesso (e a una sua eventuale ricandidatura), che fin qui conta soltanto sulla presenza di Ruggero Razza, fido consigliere e assessore alla Sanità. Le manovre sono appena cominciate, ma questo “ritocco al motore”, lento e articolato, porterà via un bel po’ di energie.