Un anno dopo, la riforma sui rifiuti è sbarcata all’Ars dalla porta principale: quella di Sala d’Ercole, che nelle prossime settimane ospiterà una delle discussioni più ardue dei primi due anni di legislatura. Perché è attorno al disegno di legge che porta la firma dell’assessore all’Energia, Alberto Pierobon, che si misurano le velleità di un governo senza maggioranza. Tant’è che alla vigilia di questa importante occasione, Musumeci ha chiesto ai suoi assessori-deputati di non mancare per nessun motivo al mondo. E all’opposizione di confrontarsi – ma ha ricevuto in cambio picche – per accelerare l’iter. Ma per una volta la maggioranza ha fatto la maggioranza, almeno numericamente, respingendo con 35 voti la proposta arrivata dai Cinque Stelle, e sostenuta dal Pd, di rispedire il testo in commissione Territorio e Ambiente per la trentesima riunione della saga. La presidente Giusy Savarino ne ha contate già ventinove. La trentesima, però, sarebbe servita a sfoltire i 700 emendamenti, di cui 40 da parte del governo, accusato da Claudio Fava di essere un po’ confuso.
Invece no, la discussione si sposta in aula. Dove la coalizione di centrodestra, in attesa di ulteriori banchi di prova (su tutti, il taglio dei vitalizi), dovrà dimostrare se la tensione fra Micciché (oggi assente) e Musumeci è solo di passaggio. O se il malessere ha divorato talmente il fegato degli attori in campo da imporre uno stop, stavolta definitivo, all’azione lenta di un governo lento, che dovrà sviscerare ogni singolo emendamento e votarlo senza la benché minima distrazione. Arrivando alla sostanza, l’accusa mossa dai banchi delle opposizioni alla riforma di Musumeci e Pierobon, è di non fare nulla per porre fine allo stato di emergenza in cui versa il territorio siciliano, sommerso dalla monnezza. Non è un caso che una delle spine del ddl sia il numero di Ada (autorità d’ambito) che andranno a sostituire le Srr, molte delle quali non ancora entrate in funzione a nove anni dall’ultima legge in tema di rifiuti. Il Movimento 5 Stelle ne vorrebbe al massimo cinque, Musumeci si batte per averne nove, il numero delle ex province. Un nuovo sistema costruito ad arte per piazzarci le solite “bandierine” della governance, secondo i deputati grillini.
Come detto, però, il governo un primo risultato l’ha portato a casa: evitare un ritorno del testo di commissione. La relazione di Musumeci ha pagato dividendi: “Avevo convocato i gruppi per agevolare la discussione istituzionale e per evitare che si perda tempo. Speriamo che il dibattito salvaguardi il nove ambiti e la salvaguardia dei livelli occupazionali” “La riforma che abbiamo proposto – ha spiegato il governatore all’Ars – ci allinea al quadro nazionale prevedendo ambiti provinciali. Ci siamo attenuti alle circolari del Ministero dell’Ambiente che ci ha esortato a individuare gli ambiti su territori ultraprovinciali. Noi riteniamo che gli ambiti provinciali siano ottimali per responsabilizzare le amministrazioni locali ed evitare l’aggravio di costi sulla pelle dei cittadini”. Dopo aver puntato sulla salvaguardia delle garanzie occupazionali – concetto su cui tutta l’aula è sembrata convergere – Musumeci ha introdotto un tema di scottante attualità che, al momento, resta fuori però dal testo della riforma: “Vogliamo sottrarre il settore dei rifiuti ai privati che però hanno il diritto di competere. Dobbiamo tagliare le unghie alla criminalità che guarda a questo settore con interesse”. “Abbiamo provato a creare impianti pubblici in Sicilia. Grazie alla responsabilità dei sindaci e dei cittadini abbiamo registrato un aumento della raccolta differenziata – ha evidenziato il presidente della Regione – Così nelle casse dei privati sono arrivati 56 milioni in meno”.
Le opposizioni hanno sollevato un muro. Prima di farsi respingere la proposta in aula, Francesco Cappello, del Movimento 5 Stelle, aveva convocato una conferenza stampa per spiegare assieme ai componenti grillini della commissione Ambiente che “la riforma del settore rifiuti proposta dal governo Musumeci non ha né capo né coda, non risolve praticamente nulla, anzi probabilmente peggiorerà la situazione attuale. L’abnorme quantità di emendamenti indica che il governo è confuso, non è d’accordo con sé stesso. Proprio quello che si era proposto come il governo delle riforme, al banco di prova della riforma rifiuti fa flop, con un disegno di legge che sulle questioni principali non fornisce risposte concrete e non supera i problemi che si sono verificati a causa della incompleta applicazione della legge 9/2010. Almeno tre i fronti più critici: il personale (migliaia di impiegati dovranno sottoporsi ad un concorso pubblico), gli impianti (la cui proprietà e il passaggio tra Ato e i nuovi soggetti gestori non viene per niente chiarito) e la spaventosa massa debitoria di 2 miliardi di euro accumulati dai Comuni nei confronti delle ex Ato. La riforma creerebbe ambiti territoriali coincidenti con le province, un retaggio del passato, condannato più volte dalla Corte dei conti e dal ministero dell’Ambiente”.
Anche Claudio Fava ha protestato contro l’impostazione del governo: “Il Presidente della Regione ha fatto un intervento degno di un discorso di insediamento, pure dichiarazioni programmatiche, come se non avesse governato già per 24 mesi. Affermare che non si sono costruiti impianti pubblici per la lavorazione dei rifiuti solo per i ritardi accumulati dai precedenti governi è un modo svelto e furbo per tirarsi fuori dall’angolo. Tacendo che la proroga decennale alla Oikos di Proto e l’autorizzazione per espandere di 1,8 milioni di metri cubi gli impianti della Sicula Trasporti portano la firma di questo governo. Occorre un vero e serio Piano dei rifiuti, non un disegno di legge che è solo una proposta di riorganizzazione della governance, incapace di entrare nel merito dei problemi, anzi del problema: la predominanza e la pervasività dei privati e dei loro business nel ciclo dei rifiuti in Sicilia”.
Ad affondare il coltello nella piaga, infine, ha provveduto il capogruppo del Partito Democratico, Giuseppe Lupo: “Mi rifiuto di credere che questa riforma sia vista dal governo o da qualche parlamentare di centrodestra in base a logiche legate ad un prossimo rimpasto. Speravo che il governo accettasse la proposta di rinvio in commissione – ha proseguito deputato dem – non per perdere tempo, ma per fare prima e meglio. Continuo a pensare che un confronto in commissione sia ancora possibile: è troppo chiedere di avere il tempo di leggere i 40 emendamenti con i quali il governo ha ancora una volta modificato la riforma? È troppo chiedere di approfondire i tre articoli che il presidente della commissione ha annunciato che saranno riscritti?”. “In questa riforma – ha concluso Lupo – mancano scelte strategiche di fondo. I sindaci si sentono abbandonati, non hanno avuto risposte alle loro legittime richieste. Non si può dire ad un sindaco ‘la colpa è tua, se non riesci a conferire allora manda i tuoi rifiuti all’estero’. E chi pagherà i debiti degli Ato? Ancora una volta i Comuni, andando incontro al dissesto?”.
L’aula è stata sospesa intorno alle 19.30. Domani, come evidenziato nel suo ultimo intervento da Giusy Savarino, verranno affrontate le norme generali del disegno di legge. L’articolato, in maniera più specifica, verrà discusso a partire dal prossimo martedì, non appena gli uffici avranno limato le riscritture chieste dal governo e la commissione si sarà riunita per un esame delle modifiche apportate al testo.