Rieccoci col bilancio dei bluff

L'assessore regionale all'Economia, Gaetano Armao, dovrebbe garantire la vigilanza gestionale sulle partecipate

Una nuova sessione finanziaria è alle porte e l’assessore all’Economia già si sbilancia. “Ci saranno nuove misure in favore delle imprese – ha detto Armao in un’intervista al Giornale di Sicilia –: saranno sia agevolazioni che finanziamenti per uscire dalla crisi. E poi ci saranno aiuti anche alle famiglie”. Gli stessi aiuti rimasti bloccati nel 2020, sotto forma di buoni spesa, per l’evidente difficoltà dei Comuni a rendicontare le somme dell’Europa? In quel caso si trattava di ristori: cento milioni a fondo perduto che sarebbero serviti ad alleviare le sofferenze dei siciliani in preda al Covid. Solo una parte – circa il 40% – sono stati utilizzati. Colpa del sistema di riprogrammazione della spesa, individuato dalla Regione per far fronte alla propria carenza di liquidità. Destinare alla spesa corrente i soldi inizialmente previsti per gli investimenti (grazie all’autorizzazione dell’UE), ha comportato una serie di strettoie che la maggior parte dei sindaci siciliani non è riuscito a percorrere. Non è detto che sia così anche stavolta – il Bilancio della Regione potrà contare su circa mezzo miliardo “liberato” dai recenti accordi con Roma, secondo Armao – ma non è ancora chiaro, perché non lo svela fino in fondo, che budget l’assessore riserverà alla manovra. Né a valere su quali risorse.

In questo periodo di stenti, promettere aiuti a destra e a manca è un ardire che non paga. Soprattutto quando si fa riferimento a fondi extraregionali (di Bruxelles, nella fattispecie). Non ha pagato nemmeno nel passato recente, nonostante la pandemia abbia sferzato un sistema produttivo in crisi, in una regione, fra l’altro, che vanta il più alto tasso di povertà. Perché stavolta dovrebbe essere diverso? Qualche settimana fa, ad esempio, è stata la Lega – alleata di Armao al governo – a lamentare la sparizione di 100 milioni destinati all’erogazione di prestiti agevolati per le famiglie in crisi. Anche allora la dotazione faceva parte della Finanziaria di cartone 2020, senza che nessuno, però, si preoccupasse di emanare i provvedimenti attuativi. Con il classico rimpallo di competenze fra dirigenti e funzionari. L’assessore Armao, consapevole di questo ritardo intollerabile, ha liquidato la pratica con l’ennesima promessa: “Verrà attuata nel corso dei primi mesi del 2020 e sarà gestita dall’Irfis”.

Ossia la banca della Regione siciliana, cui toccherà gestire un altro tesoretto da 200 milioni che Musumeci & Co. avevano promesso alle aziende siciliane a margine dell’ultima sessione di Bilancio, nella primavera scorsa. Ma facciamo un passo indietro. La Legge di Stabilità 2021 non prevedeva, al suo interno, aiuti di alcun tipo. Il governo, per evitare gli ingorghi dell’Ars e la corsa sfrenata dei deputati all’ultimo strapuntino, decise di attuare un mega provvedimento amministrativo dal valore di circa 250 milioni per agevolare la ripresa. Finora non se n’è avuta traccia. Solo qualche giorno fa Armao ha annunciato che la misura sarebbe entrata nel vivo. Prevede: da un lato finanziamenti a tasso zero “destinati a coprire le esigenze finanziarie connesse all’esercizio di impresa e concessi senza alcuna valutazione del merito creditizio e senza alcuna garanzia né commissione a carico dell’impresa”. L’Irfis potrà erogare dei prestiti che variano da un minimo di 10 mila a un massimo di 100 mila euro, rimborsabili entro massimo 84 mesi. La seconda parte del provvedimento, invece, individua contributi a fondo perduto per abbattere il costo dei mutui contratti o da contrarre con le banche (per un 10% rispetto al valore del mutuo, e comunque entro i 30 mila euro). Al netto dei tecnicismi, Armao si è spinto a fare un’altra promessa: “Firmata la convenzione con l’Irfis e pubblicati gli avvisi, si potranno erogare le risorse prima di Natale”.

Detta così, l’età dell’oro sembra a un passo. Una sorta di miracolo siciliano sotto l’Albero che ripagherà imprese e cittadini di tanta resilienza. D’altronde, dall’ultimo aggiornamento del Defr (il documento di economia e finanza regionale), emerge che il Prodotto interno lordo dell’Isola farà segnare un aumento del 6,2% (di un punto superiore rispetto alle attese), già nel 2021. Equivale a una speranza, più che una promessa. Ma ad aspettare sono ancora in troppi: dalle imprese editoriali che avevano presentato domanda (sempre all’Irfis) per ricucire le perdite dovute al lockdown e alla pandemia; passando per le edicole siciliane, il cui bando da 5 milioni dovrebbe essere pubblicato a breve; così come gli studenti fuori sede, che aspettano il contributo straordinario per il pagamento degli affitti (il bando è scaduto lo scorso maggio, ma i 500 euro una tantum non si vedono).

Quindi l’ottimismo del governo regionale non si giustifica. Lo stesso esecutivo, inoltre, non ha ancora portato a casa le variazioni di Bilancio – impantanate all’Ars da metà luglio – in cui si rende necessario un taglio da 65 milioni per “equilibrare” il disavanzo certificato dalla Corte dei Conti con l’ultima parifica (pari a 170 milioni, e non a 105 come previsto). Inoltre bisogna dare copertura ai 9 milioni di deficit che le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, a Roma, hanno certificato nel Fondo Contenziosi. E onorare in qualche modo l’accordo Stato-Regione dello scorso gennaio, che prevede un accantonamento nel 2022 pari a 80 milioni. Di lavoro da fare ce n’è parecchio. Il processo di risanamento è tutt’altro che concluso. E le promesse, pur rivelandosi un ottimo espediente per la campagna elettorale, sono sempre difficilissime da onorare.

Tra le tante formulate in una sola intervista dal vicepresidente della Regione, c’è quella che la manovra è quasi pronta e sarà spedita all’Ars nei primi giorni di dicembre, “in tempo per evitare l’esercizio provvisorio”. Se così fosse, ci ritroveremmo di fronte a una corsa folle e senza regole, dal momento che la Finanziaria dovrà essere attentamente valutata nelle commissioni di merito, in commissione Bilancio, e dall’aula, dove pioveranno emendamenti. Anche se Armao ha dichiarato che non sarà una legge omnibus (il solito marchettificio), ma “una manovra agile con poche ma strategiche misure”. Lo aveva detto anche Musumeci alla vigilia dell’ultima Legge di Stabilità, presentata come “sobria e snella”, ma poi composta da oltre 120 articoli, molti dei quali furono stralciati all’ultima curva perché era impossibile tenere unita la maggioranza. Specie sulle mance.

Che anche stavolta non mancheranno. L’ex tabella H, che garantisce contributi ad enti e associazioni, però è stata notevolmente ridimensionata. Nei vari assessorati sono giunte richieste per circa 35 milioni, ma a disposizione ce ne saranno soltanto sei. Molti capitoli, come i Beni culturali, subiranno tagli drastici. E’ stata esclusa anche la Missione Speranza e Carità di Biagio Conte perché ha presentato la documentazione in ritardo. Il capogruppo di Diventerà Bellissima, Alessandro Aricò, ha parlato di “colpo al cuore”, dicendosi pronto a presentare un emendamento “in occasione della prossima seduta d’aula per prorogare fino al 30 novembre 2021, chiaramente per tutti, i termini di presentazione delle istanze relative alla ex tabella H”. Qualcun altro, oltre a fratel Biagio, potrebbe farsi avanti per iscriversi al meccanismo dei contributi a pioggia. Che non sarà grasso come in passato. Da qualche parte, però, la politica potrà recuperare: “Non ci sottraiamo al confronto con il Parlamento, stiamo riservando un budget per accogliere le proposte che matureranno dai deputati”, ha detto Armao, promettendo anche “un sostegno per i Comuni” a un passo dal fallimento. La stagione degli annunci è appena cominciata: sarà un anno pieno di soddisfazioni.

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