Io me li vedo Salvo Ficarra e Valentino Picone alle prese con la Biga di Morgantina. Ben più che un remake di Operazione San Gennaro, il capolavoro di Dino Risi con Nino Manfredi, Senta Berger, Mario Adorf e Totò alle prese col furto dei furti: il tesoro di San Gennaro.
Con un carro e due cavalli a farne bottino se ne ricava una pellicola di geometrica commedia. È “un monumento scultoreo bronzeo del 450 avanti Cristo”. Così si legge nella didascalia del video diffuso dai carabinieri.
Avete presente la vicenda dell’incredibile furto? L’opera – grande più dei famosi Bronzi di Riace, tanto per capirsi – vede la luce a metà dell’Ottocento negli scavi di Morgantina, ad Aidone, in Sicilia.
Così ancora si legge nella didascalia di cui sopra nell’annunciare, venerdì scorso, il ritrovamento di carrozza e destrieri, smontati e separati. La prima ad Aci Catena. Mentre i secondi sono a Piazza Armerina, nascosti in una stanza segreta.
Ci sono diciassette indagati e con loro c’è anche un collezionista tedesco pronto a sborsare un milione e mezzo di euro rimasto a bocca asciutta con l’operazione dell’Arma giunta a buon fine.
E chissà per quali traversie della storia e dei capricci, la scultura, non in un museo, bensì sul tetto di una cappella funeraria va a trovare collocazione.
Esattamente al cimitero di Catania, sul tetto della tomba gentilizia della Famiglia Sollima, da dove, a seguito di un rocambolesco audace colpo, il complesso equestre è rubato.
Imbracato di cavi, staccato dall’alto con un elicottero e poi caricato su un camion, l’ingombrante reperto archeologico (“d’inestimabile valore”) sparisce. Tutto questo succede nel giugno 2017.
Come possa alzarsi in volo un velivolo, di certo non silenzioso, come nottetempo al camposanto si adoperino dei tombaroli così ingegnosi – per poi mettere in vendita il tutto al mercato nero – è già sceneggiatura. In una terra dove non c’è verso di coprire le buche nella strada un’operatività così efficiente non può che risultare ammirevole.
Tutto questo ha il retroterra della specialissima Sicilia. È una sepoltura privata – il dio della commedia ci assista – che fa pensare al barone Zazà-Totò in Signori si nasce, quando per fare un dispetto al fratello Pio degli Ulivi-Peppino de Filippo dissemina di puttini un erigendo fercolo funebre…
E ce li vedo Ficarra e Picone, in questa storia di tombaroli e tombarolati, per farne un grande romanzo comico.
Tanto per cominciare i reperti sono in perfetto stato di conservazione, meglio di quanto potrebbe fare qualunque soprintendenza. La criminalità è sempre sensibile all’arte. La voluttà del godimento estetico rimanda ad atmosfere criminali – dai romanzi di 007, fino al James Tont di Lando Buzzanca – ed è ben più charmant che un anonimo deposito di anticaglie.
Ecco, Salvo e Valentino ne faranno un film – o uno spettacolo teatrale – ma mentre ogni autorevole testata giornalistica dà notizia si scopre che la suddetta Biga non è un originale dell’età classica bensì una riproduzione. Se ne accorgono Antonella Privitera, archeologa e consulente giudiziaria, Luisa Fucito, storico dell’arte, e il professor Dario Palermo. Come i falsi Modì, la Biga è una copia di una scultura in marmo conservata nei Musei Vaticani. Una copia realizzata dalla premiata ditta “Fonderia Chiurazzi in Napoli”.
Ecco, solo Ficarra e Picone potranno farne un’epica, com’è tipico del genio. Da Operazione San Gennaro all’immenso Maestro Scorcelletti – il falsario d’arte per amore dell’arte – di Totò, Eva e il pennello proibito.