Resuscitati per l’Europa

L'ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, sarà in corsa grazie all'alleanza radicale fra Sinistra Italiana e Verdi

Basterebbe un’occhiata all’interno delle liste, ma anche fuori, per capire che le elezioni europee, oltre a sancire i nuovi equilibri del mondo (inteso come governo Schifani) servono a riportare in vita alcuni dinosauri della politica che parevano sulla via del tramonto. O che, nella miglior delle ipotesi, si occupavano d’altro. Giuseppe Castiglione – non candidato – qualche tempo fa s’era inventato coltivatore di canapa legale assieme ai figli. Ma il richiamo è stato talmente forte da mettere in dubbio, per un paio d’anni, le proprie radici azzurre (nel senso di Forza Italia) e democristiane (l’amicizia con Totò Cuffaro): l’ex sottosegretario, infatti, era tornato in campo assieme allo specchiatissimo e adamantino Carlo Calenda, che nel momento della scelta – strano, per uno così attento alla forma – non aveva considerato i capi d’imputazione nei confronti di Castiglione, sotto processo per un giro di appalti al Cara di Mineo.

Pochi mesi fa è giunta la prescrizione per quasi tutte le accuse, tranne che per la corruzione. Castiglione è tornato a respirare, nel frattempo era già diventato deputato della Repubblica, e adesso ha fatto ritorno nel partito depurato da tutte le mafie grazie alla presenza dell’on. Chinnici. Per queste elezioni dovrebbe rimanere più o meno neutrale: ha un patto di non belligeranza con Schifani, anche se colui che l’ha trascinato nel partito, dopo una decina d’anni trascorsi da apolide, è stato Antonio Tajani. Ed è noto per chi tifa Tajani. Ma sì, è proprio lei: Santa Caterina dei Misteri (che non rientra nell’elenco dei “risorti” perché è già da un paio di legislature di stanza a Bruxelles, pur non avendo lasciato il segno). Il ritorno di Castiglione ha dato un po’ di colore a questi giorni smunti di campagna elettorale, visto che Calenda aveva terminato gli insulti per Cuffaro. Il leader di Azione è ripartito in quarta con Castiglione, definendolo amico di Totò. Evviva la fantasia.

Scherzi a parte, fra gli altri dinosauri di lungo corso, anch’egli non candidato, va segnalato Lorenzo Cesa. Il segretario nazionale dell’Udc non ha mai smesso di fare politica, anzi, navigando fra un sito e l’altro si scopre che è deputato a Montecitorio. Una bella impresa per uno che alle spalle non ha neppure un partito. L’Udc, infatti, non può essere considerato un partito, ma una specie di carta regalo che cambia pacco ogni volta. Oggi, per le Europee, ha deciso di abbellire la lista della Lega di Matteo Salvini, che in Sicilia e Sardegna prova ogni espediente per accogliere cattolici e moderati. Non riuscendoci col generale Vannacci, che ha ben poco di moderato (ma anche di sensato), ci prova con Ester Bonafede. Cioè la rappresentante centrista nella lista del Carroccio. Un’altra nel segno di Cesa: nel senso che si era un po’ persa senza mai scomparire.

La Bonafede, già assessore ai tempi di Crocetta (in una giunta di centrosinistra), era tornata in auge per poche settimane, nel 2021, quando venne nominata e immediatamente revocata da sovrintendente della Foss, la Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana, per un palese conflitto d’interesse. A volerla era stato il solito Udc, che almeno ai tempi, alla Regione, era un po’ più strutturato. Poi Esterina entrò nelle grazie della corrente turistica di Fratelli d’Italia, che la scelse come sovrintendente di Taormina Arte (subito in rotta col nuovo sindaco: Cateno De Luca). Adesso l’Udc, la vecchia fiamma, le ha chiesto un sacrificio: mettersi in lista per Bruxelles. Le chance di elezione – vista l’aria che tira – sono risicate. Ma vuoi mettere un palcoscenico così accattivante?

Chi ha scelto di ripartire dall’Europa, dopo cinque mandati da sindaco di Palermo, è Leoluca Orlando. Per un paio d’anni (neanche completi) aveva mestamente abbandonato la scena, complici i disastri dell’ultima legislatura: una su tutte, lo scempio del Cimitero dei Rotoli. Ma grazie alle abilità del personaggio, paladino antimafia e uomo di cultura, Orlando sta provando a togliersi di dosso un po’ di ruggine e tornare competitivo, seppur in una lista minore: quella che riunisce i Verdi e Sinistra Italiana. Avrebbe voluto farlo – in parte lo pretendeva – dalla vetrina del Pd, ma Elly Schlein non ha ceduto alle prediche. Così il fondatore della Rete si è fatto coraggio e, nonostante le 76 primavere, è risceso in campo per provare a conquistare l’impossibile. Ha già conosciuto le fatiche dell’Europa per aver militato fra Bruxelles e Strasburgo nel quinquennio 1994-99. Una vita fa. Ma è come se il tempo, per Leoluca, si fosse fermato: chissà cosa ne pensano i suoi elettori. Nella stessa lista di Orlando, nella circoscrizione Isole, milita l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano. E’ stato condannato a un anno e sei mesi (pena sospesa) in appello per il reato di falso in atto pubblico. Era il re dell’accoglienza e il più acerrimo rivale del Ministro Salvini, all’epoca agli Interni: spera di trarne “profitto”.

Chi è tornato prepotentemente sulla scena è, invece, l’ex rettore dell’Università di Palermo, Fabrizio Micari. Che si è guadagnato un posticino nella lista degli Stati Uniti d’Europa (quella di Renzi e Bonino) all’ultimo curvone prima del traguardo. Dopo aver incassato le rinunce dei cuffariani Zambuto e Abbadessa, l’ex premier ha ripiegato, come nel 2017, sull’ex rettore: in quella occasione Micari era il candidato del Pd, ma fu costretto a soccombere nella sfida con Musumeci (superato anche dal grillino Cancelleri). Oggi arriva all’appuntamento elettorale dopo qualche mese a scaldare i muscoli con Italia Viva, partito del quale è diventato il referente più attivo nell’Isola.

In Fratelli d’Italia, dopo aver mandato in avanscoperta la moglie (che infatti è entrata nel governo Schifani col ruolo di assessore al Territorio e Ambiente), è tornato alla ribalta Ruggero Razza. L’ex delfino di Nello Musumeci, già assessore alla Salute – con una sola pausa, quando venne indagato nell’ambito dell’inchiesta Covid per falso – è il rappresentante della componente Diventerà Bellissima in seno al partito della premier. Dopo la conclusione dell’esperienza di governo si era rimesso a fare l’avvocato e non sembrava pensarci granché. Ma in politica, come nella vita, nulla è per sempre: l’ex inquilino di Piazza Ottavio Ziino, che viste le difficoltà della Volo non deve aver lasciato un gran segno, è agevolato dalle percentuali in doppia cifra di FdI, che potrebbe accaparrarsi un paio di seggi.

Le elezioni Europee, infine, danno modo di riproporsi anche ai professionisti dell’antimafia. Oltre alla Chinnici, di cui s’è ampiamente discusso, torna alla ribalta Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, brutalmente assassinato da Cosa Nostra nel 1993. Non è la prima volta per la Alfano: che già dal 2009 al 2014 sedette sugli scranni europei (fu anche presidente della prima e unica commissione antimafia nei palazzi di Bruxelles). Poi s’è eclissata dalla politica, nonostante un rapido passaggio in Articolo Uno. A ripescarla ci ha pensato il solito Carlo Calenda, che di lei ha detto: “Sonia è una donna forte e coraggiosa che dalla morte del padre, ha fatto della propria vita e del proprio operato testimonianza diretta di resistenza e di lotta alla criminalità organizzata”.

Ma di esponenti dell’antimafia ce ne sono a bizzeffe: nella lista di Cateno De Luca trovano spazio la collaboratrice di giustizia Piera Aiello (un passato recente col Movimento 5 Stelle) e Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, che arrestò Totò Riina e per Scateno ha dismesso pure il passamontagna (ma è schierato nell’Italia Meridionale, i siciliani non potranno votarlo); coi grillini è sceso in campo Peppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, visto all’opera con il Pd (in Europa). La flotta è pronta a partire. Si salpa.

Alberto Paternò :

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