Forza Italia chiede la testa di Gaetano Armao, piazzato due anni e mezzo fa alla vicepresidenza della Regione per un’infatuazione di Silvio Berlusconi. Il commissario regionale Gianfranco Micciché non ha mai celato il malessere per la presenza in giunta di un assessore che fa squadra da solo – sono molteplici i precedenti, spalmati su due anni di legislatura – ma oltre al dato politico c’è un dato tecnico: l’inadeguatezza di Armao a ricoprire un ruolo come quello di assessore al Bilancio.

Negli ultimi due anni, infatti, alla Regione i conti non sono mai tornati. Armao, insieme a Musumeci che l’ha sempre protetto, è stato commissariato una prima volta dalla Corte dei Conti, che con l’ultimo giudizio di parifica (a dicembre) ha bocciato il suo operato su tutta la linea, rinvenendo un disavanzo complessivo con lo Stato, imputabile anche alle precedenti gestioni, di oltre due miliardi. Poi è stato “sfiduciato” da Roma, che ha imposto a palazzo d’Orleans un pacchetto di riforme, non ancora compiuto, per acconsentire alla dilazione del debito in dieci anni anziché in tre.

Ma anche in questa sessione finanziaria, resa complicatissima dall’insorgere del Coronavirus, Armao ne ha combinata una più di Bertoldo. Aveva presentato uno schema di Bilancio, poi opportunamente ritirato, dove comparivano risorse “fantasma” per un miliardo: quello che il vicegovernatore avrebbe voluto strappare a Roma, in virtù di un contributo alla finanza pubblica che la Regione non vorrebbe più riconoscere. Soprattutto per via dell’emergenza. Ma il negoziato, che va avanti da quasi due anni, non ha mai prodotto un risultato. E i numerosi viaggi nei palazzi del potere, a cui Armao è particolarmente avvezzo, si sono rivelati viaggi a vuoto. Il governo centrale non ha mai concesso alla Sicilia la piena attuazione dello Statuto perché non comprende – o meglio: comprende, ma non accetta – come la Regione possa spendere e spandere per mantenere carrozzoni dorati e prestigiose clientele e poi non abbia i quattrini per rientrare dai debiti con lo Stato.

La condotta di Gaetano Armao, che l’estate scorsa non avvertì l’Assemblea regionale di quanto fosse drammatica la situazione contabile dell’ente – e per questo si beccò una serie infinita di rimbrotti – non soddisfa quasi nessuno. E all’indomani della manovra, dal primo maggio in poi, per l’avvocato amministrativista potrebbe esserci un nuovo rivale: la Lega. Stando alle ricostruzioni di Repubblica, infatti, Forza Italia sarebbe disposta a cedere al Carroccio (che lo pretende con insistenza) l’assessorato all’Agricoltura, ora occupato da Edy Bandiera, ma pretende di rimettere in discussione la vicepresidenza della Regione, ora appannaggio di Armao. Da parte di Musumeci ci sarebbero stati i primi segnali d’apertura. E questa è una novità rispetto allo scenario solito: il presidente, infatti, ha sempre protetto il suo vice, garantendogli un margine di manovra (a Roma e Bruxelles) non più sostenibile. Al posto di Armao e Bandiera potrebbero arrivare altri due forzisti doc: il trapanese Tony Scilla e l’agrigentino Riccardo Gallo. Ma riassegnare la casella dell’Economia non sarebbe un passaggio così agevole.

Tutte le forze politiche della coalizione di governo, comunque, sono d’accordo che si proceda al rimpasto dopo l’approvazione della Finanziaria, e comunque entro le prime due settimane di maggio. Al vertice di venerdì mattina, dove non sono emersi malumori di sorta, erano presenti anche i centristi di Saverio Romano e dell’Udc, i rappresentanti di Fratelli d’Italia (con il sindaco di Catania, Salvo Pogliese), oltre al leghista Candiani (l’unico collegato in videoconferenza). Il Covid sembra aver risaldato l’alleanza. Così come la prospettiva di cambiare alcuni elementi della formazione iniziale, in vista di una seconda metà del campionato che si preannuncia infuocata.