Mentre la realizzazione del Centro direzionale della Regione ha subito una marea di rallentamenti a causa di alcune anomalie nella gara di progettazione – non ultima la doppia bocciatura dell’Anac – i costi per completare l’opera (o meglio, per iniziarla) lievitano. Fra i commi del maxi emendamento del governo approvato venerdì sera, con il resto della Finanziaria, è stata inserita una voce di spesa pari a 20 milioni per l’acquisto dell’area dove sorgerà il mega edificio da 425 milioni. Si tratta del “compendio immobiliare sito a Palermo in via La Malfa 169”, attualmente occupato dall’assessorato al Territorio e Ambiente. Il Centro sorgerà in un’area che la maggior parte degli addetti ai lavori pensava fosse di proprietà della Regione, e che invece si scopre appartenere a un fondo immobiliare del gruppo Prelios, di cui la Regione è socia (soltanto) al 30%. “Per poter realizzare lì il centro direzionale – ha detto l’assessore all’Economia, Gaetano Armao – dobbiamo tornare alla piena proprietà dell’area. E a questo serve quella norma”.
Piccolo ma necessario inciso. Prelios, ex Pirelli Re, non è esattamente estranea alle vicende immobiliari della Regione siciliana nell’ultimo ventennio. Il fondo Fiprs (Fondo immobiliare pubblico Regione Siciliana) è lo stesso che nel 2007 entrò nell’operazione di “svendita” di 33 immobili regionali da parte del governo Cuffaro, di cui la Regione tornerà inquilina qualche anno dopo, riaffittandoli a cifre mostruose (circa 20 milioni l’anno). I protagonisti di questa storia non cambiano mai. Il nuovo Centro direzionale, che Musumeci definisce “la più grande opera pubblica progettata a Palermo”, ha un duplice scopo: quello di riunire sotto lo stesso tetto circa 4.400 dipendenti, ma anche risparmiare sui costi dei fitti passivi che tuttora la Regione versa ogni anno a Fiprs (circa 24 milioni secondo le ultime stime). Questa dannata storia, e i legami del fondo immobiliare con un sistema di scatole cinesi che riconduce dritti ad alcuni paradisi fiscali, si intreccia in maniera preoccupante con lo scandalo del “censimento fantasma”, da circa 110 milioni, messo in piedi con la complicità di Sicilia Patrimonio Immobiliare (Spi) – una partecipata regionale tuttora in liquidazione – e del suo socio di minoranza, tale Ezio Bigotti. Quel censimento, che per lungo tempo è stato tenuto sotto chiave, oggi è tornato in possesso della Regione ma risulta inservibile.
Ecco. Sperando di cancellare con un colpo di spugna una vicenda tanto dolorosa quanto grottesca, che l’assessore Armao ha vissuto in prima persona (avendo bloccato lui stesso i pagamenti nei confronti della Spi, da assessore al Bilancio, nel 2010, e generando un contenzioso milionario), il governo Musumeci si è fatto promotore di questa felice idea del centro direzionale che però, durante la gestazione, ha sbattuto su numerosi spigoli. Quello più recente è una comunicazione dell’Anac, l’autorità anticorruzione, del 14 marzo scorso in cui viene ribadita la non conformità della procedura seguita per il concorso di progettazione. Con una sottolineatura: la nomina della commissione di concorso non può essere precedente alla data fissata per la scadenza delle offerte previste nel bando. “Questo, infatti, viola la normativa esistente che prescrive che la nomina dei commissari deve avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte, al fine di garantire l’anonimato dei commissari nella fase partecipativa”.
Ma c’è un’altra questione legata al conflitto d’interesse – ravvisato dalla stessa Anac – fra il presidente della commissione, il francese Marc Mimram e il raggruppamento vincitore, di cui fa parte lo studio d’architettura Leclerq Associès. Mimram e Leclerq avevano lavorato insieme, ma quest’ultimo non aveva mai dichiarato la sussistenza di cause di incompatibilità. Pertanto era stato escluso dal Rup, il Responsabile Unico del procedimento, assieme ai raggruppamenti arrivati al secondo e al quarto posto (per lo stesso motivo). Contestualmente, il Rup ha proceduto all’aggiudicazione provvisoria in favore del nuovo primo classificato: Studio Transit s.r.l. Peccato che con una sentenza della seconda sezione del Tar, giunta all’inizio di febbraio, i francesi siano stati riammessi. Secondo i giudici amministrativi, la disciplina pubblicata correttamente dalla Regione non legittimava il Rup ad escludere il vincitore del concorso così come, subito dopo la pubblicazione della graduatoria provvisoria in cui Leclercq Associés si è collocato al primo posto, a procedere nella richiesta di nuove produzioni documentali e dichiarazioni. Il Tar Sicilia ha rilevato inoltre che i provvedimenti impugnati “non delineano in alcun modo la sussistenza di un rapporto di collaborazione stabile e abituale tra il presidente della Commissione aggiudicatrice e l’architetto Leclercq, alla luce dell’esiguità degli episodi di cooperazione indicati, solo tre, e della distanza temporale che li separa, superiore al quinquennio”. Tutto da rifare, quindi.
Un groviglio inestricabile che, forse, avrebbe suggerito alla Regione di pazientare un po’. Invece, con un colpo d’ala tipico dei finali di legislatura, e di fronte a un parlamento distratto da mille cose, ecco la sorpresa: venti milioni per acquistare l’area dove sorgerà, chissà quando, il Centro direzionale. Una mossa che, a freddo, è stata contestata dal Movimento 5 Stelle ma anche dai gruppi della stessa maggioranza. La deputata della Lega Marianna Caronia, che all’indomani dell’approvazione della Finanziaria, ha giudicato i cinque anni di Musumeci un fallimento, evidenzia che “effettivamente è come se la Regione acquistasse un bene già suo… Non molto conveniente, visto che il Centro direzionale è stato progettato per risparmiare sugli affitti”. Anche Nuccio Di Paola, capogruppo del M5s, esprime molte riserve sull’operazione ispirata da Armao (e avallata da tutti gli altri): “Mi chiedo – sottolinea Di Paola al Giornale di Sicilia – come sia possibile che ci si accorga solo adesso che quell’area va acquistata, visto che il progetto del Centro direzionale è risale al 2018 e il bando di progettazione è del 2020. Non vorrei che dietro queste operazioni ci siano speculazioni immobiliari”.
Sarebbe solo l’ultimo tassello di una gestione disastrosa, e poco trasparente del patrimonio immobiliare della Regione. In quattro anni di governo Musumeci, d’altronde, l’assessore all’Economia non è mai riuscito a fornire un report dettagliato di tutti gli immobili di proprietà nonché un censimento completo (dopo quello del 2007 che risulta tuttora inservibile, come evidenziato da un servizio recente di Striscia la Notizia). E tutto ciò, nonostante il pressing della Corte dei Conti, che anche nell’ultimo giudizio di parifica aveva dichiarato ‘non regolare’ lo Stato patrimoniale dell’ente: “Al momento – si leggeva nella relazione dei magistrati – non si può contare su una pronta visione complessiva della consistenza immobiliare e dello stato di utilizzazione e redditività dei beni, situazione che, peraltro, si perpetua da molto tempo ed alla quale sarebbe giunto il momento di porre finalmente rimedio”. Magari.