ulla Cardiochirurgia pediatrica di Taormina, decide il Ministero della Salute; sulla spalmatura del disavanzo e sulla deroga alle procedure assunzionali, tocca al Mef di Giorgetti; sullo ‘scongelamento’ di 800 milioni, utile a superare le impugnative dell’ultima Finanziaria, la palla passa a Fitto; il rinnovo delle concessioni demaniali prossime alla scadenza, invece, è prerogativa di Salvini; mentre il salvataggio del petrolchimico di Priolo ha richiesto l’intervento del ministro Urso. Insomma, in Sicilia non si muove foglia che Roma non voglia. Tanto basterebbe per esigere un ragionamento serio sull’autonomia e sul significato, oltre che l’applicazione, del nostro Statuto. Ma trattandosi di una materia ardua, e prerogativa dei giuristi, ci limiteremo ad analizzare alcuni fatti per spiegare: a) l’inconsistenza della Regione; b) l’estraneità degli assessori rispetto alle decisioni che contano.
Schifani, da par suo, non fa molto per delegare. Abbraccia le cause più populiste e recupera, dopo innumerevoli cadute dal pero, quelle più spiacevoli: è accaduto con Cannes, con le autorizzazioni per il fotovoltaico, con le mega parcelle agli avvocati Russo e Stallone, ma persino con i lavori mai completati del Castello Utveggio, che sono valsi una penale da 1.700 euro al giorno a una ditta di Favara. Ma ci sono mille altre questioni che sfuggono al controllo del governatore e della sua squadra. Ad esempio quelle legate al Bilancio, che se ne trascina dietro altre due o tre di primaria importanza. L’impugnativa dell’ultima Legge di Stabilità da parte del Consiglio dei Ministri, da un lato ha confermato il pessimo lavoro del governo, che ha deciso di impegnare un tesoretto da 800 milioni non ancora nella disponibilità della Regione (ma a valere sui Fondi di sviluppo e coesione) per garantire numerose misure, tra cui tantissime marchette; dall’altro ha evidenziato le carenze di liquidità che dipendono, tutto o in parte, dall’enorme sacrificio che Palazzo d’Orleans affronta dal 14 gennaio 2021, quando fu sottoscritto l’Accordo Stato-Regione fra Conte e Musumeci.
Non solo la Sicilia deve pagare ogni anno un pezzo del proprio disavanzo storico, applicando tagli pesantissimi ai capitoli di spesa (che pertanto andranno coperti con risorse extraregionali); ma dovrà anche privarsi di un ricambio generazionale che renda più snelli e competenti gli uffici e la burocrazia. L’età media della Pubblica amministrazione siciliana è di circa 60 anni, le competenze digitali sono prossime allo zero e i dirigenti più quotati, spesso in età pensionabile, non vengono rimpiazzati da nessuno. Perché quell’Accordo – rinnovato a dicembre ‘22 per appianare il buco da 866 milioni individuato dalla Corte dei Conti – contiene una clausola vessatoria: cioè l’impossibilità di fare nuove assunzioni fino al 2029. Una follia a cui Musumeci e Armao non si sono opposti. Altri tempi. Ora l’unico obiettivo è cancellare quello scempio. In caso contrario, tutte le pratiche ancora da lavorare – e sono migliaia in ogni dipartimento – resteranno inevase. Per la disperazione di imprese e lavoratori.
Sembrano discorsi lontani, ma non lo sono. Schifani ha tentato più volte di approcciare Giorgetti, ma fin qui ha ottenuto in cambio una serie di promesse che sanno d’aria fritta: “Abbiamo riscontrato la disponibilità del ministro – diceva il presidente della Regione lo scorso 29 marzo – a ridiscutere i termini dell’accordo tra Stato e Regione, alla luce del mutato quadro economico-sociale del Paese e della nostra Isola, evidenziando la necessità di rivedere alcuni vincoli per sostenere e rendere più funzionale lo sforzo di risanamento che la Sicilia sta compiendo”. Il risanamento dovrebbe passare da esempi e provvedimenti che la Regione, con l’assessorato all’Economia, però non attua: in termini di riqualificazione della spesa, di accorpamenti o chiusure di carrozzoni inutili, eccetera eccetera. E non c’è una sola proposta che superi il piagnisteo. In questo ambito come altrove.
A proposito di burocrazia: nessuno sa dove si è incagliata la riforma della Pubblica amministrazione richiesta dal tanto vituperato Accordo con lo Stato. Una legge che garantisca l’inquadramento del personale in un’unica fascia dirigenziale, come nel resto d’Italia, e cancelli il rischio di nomine illegittime a capo dei dipartimenti (non esistendo più dirigenti di prima e seconda fascia). L’assessore cuffariano Andrea Messina, cui spetta l’onere di una proposta, che fa? Perché non è mai intervenuto in questi mesi? Sulla stabilizzazione degli Asu, che resta una spada di Damocle per tutti i partiti, qual è la proposta del governo – spetterebbe all’altro assessore in quota Dc, Nuccia Albano – per superare venticinque anni di stallo e di illusioni? Anche l’ultimo tentativo dell’Ars è stato impugnato, per cui bisognerebbe ripartire daccapo, evitando le prese in giro a danno dei precari. Ma chi ne ha le forze?
Anche sulla questione di Cardiochirurgia pediatrica a Taormina, un polo d’eccellenza, si è innescato uno stranissimo meccanismo. Non più tardi di un paio di settimane fa, in aula, l’assessore Volo sembrava aver gettato la spugna: “Avevamo proposto una proroga di sei mesi, ma è stato proprio l’Istituto “Bambin Gesù” che ha detto: ‘o almeno dieci anni o noi non siamo interessati’”. E’ bastato l’intervento televisivo di Fiorello, e quello ancora più determinante del Ministro Orazio Schillaci, in visita elettorale a Catania, per ottenere un paio di cose: una proroga semestrale della convenzione (col servizio destinato a rimanere all’ospedale “San Vincenzo” fino a fine anno); una possibile deroga al decreto Balduzzi che prevede una sola Cardiochirurgia ogni 5 milioni di abitanti. Potremmo ritrovarcene due – una a Taormina, l’altra a Palermo (dov’è già previsto l’arrivo del Gruppo San Donato di Alfano) – senza aver messo un dito nell’acqua calda.
Che i processi decisionali si svolgono altrove, e che è già tanto ottenere un briciolo d’attenzione per le istanze della Sicilia, trapela da un’altra questione: quella inerente le concessioni demaniali. Non c’è una sola presa di posizione, o proposta, da parte dell’assessore Pagana per superare l’impasse che si abbatterà su 3 mila operatori turistici il 31 dicembre 2023. L’unico tentativo, inserito nell’ultima Finanziaria e bocciato solennemente da Roma (altro che governo “amico”) prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni in barba alla direttiva “Bolkestein”, che l’Europa da anni ci chiede di rispettare. L’ultima sentenza della Corte di Giustizia Europea, però, parla chiaro: col nuovo anno bisognerà celebrare le gare per affidare le concessioni e garantire la libera concorrenza. Salvini, detentore dei diritti della propaganda (in ogni ambito), si sta dedicando alla mappatura del patrimonio esistente per dimostrare che la direttiva “Bolkestein” non va applicata dal momento che in Italia non c’è scarsità di risorse naturali – come previsto dall’art.12 della direttiva medesima – e che quindi la messa a gara delle autorizzazioni attualmente disponibili non sia necessaria.
Per i balneari siciliani sarebbe grasso che cola: “Le nostre coste sono occupate in minima parte dalle concessioni demaniali marittime, ovvero per il 15%, di cui appena lo 0,4% da strutture balneari. Siamo una regione con molte risorse naturali da poter affidare tramite bando, pertanto è possibile garantire la concorrenza richiesta dalla Commissione europea e al contempo mantenere le concessioni già in essere”. “Evidentemente – è l’altra contestazione mossa – Bruxelles non è a conoscenza che il sistema di gestione del demanio marittimo della Sicilia si differenzia moltissimo dal resto d’Italia, dove la gestione, con procedimenti assai differenti, è stata affidata ai Comuni costieri. In Sicilia, invece, è solo la Regione a gestire ogni attività sul demanio marittimo e a rilasciarne i titoli”.
L’assessore Pagana sul tema è stata sollecitata da un’interrogazione di un paio di mesi fa del M5s, a firma di Jose Marano: “Il governo regionale targato Schifani dica chiaramente quali iniziative vuole intraprendere per garantire la libera concorrenza in materia di concessioni demaniali marittime. Si evitino concessioni infinite e non si aggirino norme esistenti. Occorre sì evitare l’impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative in essere, ma occorre anche adeguarsi alla direttiva Bolkestein e tutelare la libera concorrenza”. Anche stavolta, probabilmente, qualcuno farà le veci dell’assessore o di Schifani. In Sicilia nessuno individua più le soluzioni. Al massimo ci si ferma a sollevare i problemi. Tanto c’è sempre qualcuno che, prima o poi, li risolverà. O forse no.